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Referendum, la Corte Costituzionale ne ammette 5 sulla giustizia, bocciati cannabis ed eutanasia

Imagoeconomica

Dopo il No al referendum sull’eutanasia, la Corte Costituzionale si è espressa anche sui quesiti relativi alla Giustizia, dichiarandone ammissibili cinque su sei, e sulla cannabis, giudicandolo invece inammissibile perché al suo interno erano presenti “riferimenti alle droghe pensati”, ha spiegato il presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato al termine della camera di consiglio.

Referendum sulla Giustizia

La Consulta ha dato via libera a 5 dei 6 referendum abrogativi sulla Giustizia. Nei prossimi mesi gli italiani saranno dunque chiamati a votare sulla separazione delle carriere dei magistrati e sulla legge Severino. Ammessi anche il quesito sulla custodia cautelare e quello che vuole cancellare le firme necessarie per poter presentare una candidatura alle elezioni dei consiglieri togati del Csm. Nel corso della conferenza stampa pomeridiana, il presidente della Corte Costituzionale, Giuliano Amato, ha annunciato l’ammissibilità del quesito sul riconoscimento nei consigli giudiziari del diritto di voto degli avvocati sulle valutazioni di professionalità dei magistrati. 

Si tratta di cinque dei sei referendum proposti dalla Lega e dal partito Radicale, ma presentati da otto Regioni governate dal centrodestra. “I suddetti quesiti – ha spiegato l’Alta Corte in una nota – sono stati ritenuti ammissibili perché le rispettive richieste non rientrano in alcuna delle ipotesi per le quali l’ordinamento costituzionale esclude il ricorso all’istituto referendario”.

L’unico quesito giudicato inammissibile è stato quello sulla responsabilità diretta dei magistrati. 

I quesiti ammessi sulla Giustizia

Separazione delle carriere: se passa il referendum sarà ulteriormente ridotta la possibilità per i magistrati di passare dalla funzione di giudice a quella di pubblico ministero e viceversa. Ad oggi si può fare per quattro volte, che con la riforma Cartabia si riducono a due. La richiesta è quella di dare la possibilità di effettuare questo passaggio una volta sola. 

Custodia cautelare: Il quesito interviene sui presupposti della carcerazione preventiva stabiliti dall’articolo 274 del Codice di procedura penale che, se il referendum dovesse passare, potrà essere confermata solo in caso di pericolo di fuga. La custodia cautelare non potrà essere confermata per i reati puniti fino a un massimo con 5 anni e nemmeno per il finanziamento pubblico dei partiti.

Legge Severino: il quesito abroga il decreto legislativo del 2012 che stabilisce l’incandidabilità e la decadenza dalle cariche elettive per chi è condannato in via definitiva a una pena superiore ai due anni di carcere. 

Le firme per il Csm: lo scopo in questo caso è quello togliere potere alle correnti della magistratura. Il quesito chiede infatti di eliminare le 25-50 firme richieste per poter presentare una candidatura alle elezioni dei consiglieri togati del Csm.

Diritto di voto agli avvocati: con questo quesito l’intenzione è quella di consentire il voto anche agli avvocati nei consigli giudiziari sulle “pagelle” per i magistrati. Se viene approvata la legge sul Csm appena proposta dalla ministra della Giustizia, Marta Cartabia, il quesito sul diritto di voto degli avvocati nei Consigli giudiziari diventa di fatto inutile.

Referendum sulla cannabis

Il quesito sulla cannabis conteneva un errore sulla tabelle e cosi com’era non poteva essere approvato. Questo il riassunto di quanto detto dal presidente della Consulta, Giuliano Amato, in conferenza stampa. Spiegando i motivi della bocciatura del quesito sulla depenalizzazione della cannabis, il presidente ha affermato. “Il referendum non era sulla cannabis, ma sulle sostanze stupefacenti. Si faceva riferimento a sostanze che includono papavero, coca, le cosiddette droghe pesanti. E questo era sufficiente a farci violare obblighi internazionali”. 

Scendendo nei dettagli della decisione, Amato ha infatti ribadito: “Il quesito era articolato in 3 sotto quesiti. Il primo relativo all’articolo 73 comma 1 della legge sulla droga prevede che scompare tra le attività penalmente punite la coltivazione delle sostanze stupefacenti di cui alle tabelle 1 e 3, ma la cannabis è alla tabella 2, quelle includono il papavero, la coca, le cosiddette droghe pesanti – già questo è sufficiente per farci violare obblighi internazionali plurimi che abbiamo e che sono un limite indiscutibile dei referendum. E ci portano a constatare l’inidoneità dello scopo perseguito”, conclude.

“Se il quesito fosse stato solo sulla cannabis sarebbe stato più che ammissibile”, ha aggiunto il presidente della Consulta, che rispondendo alle domande dei giornalisti ha detto: “Se lei mi sta chiedendo se la coltivazione della cannabis nel terrazzino deve essere legale, non mi pronuncerei mai sull’inammissibilità di un quesito del genere”.

Poi un messaggio al Parlamento: “i temi valoriali sono i più importanti e sono quelli che dividono la nostra società. Il nostro parlamento sarà che è troppo occupato dalle questioni economiche ma forse non dedica abbastanza tempo a cercare di trovare le soluzioni. I parlamentari lavorano ma hanno grosse difficoltà a mettersi d’accordo su questi temi. È fondamentale che in Parlamento capiscano che se questi escano dal loro ordine del giorno possono alimentare dissensi corrosivi della coesione sociale”.

Referendum sull’eutanasia

Ieri, lunedì 15 febbraio, la Corte Costituzionale ha invece dichiarato inammissibile il referendum sull’eutanasia. L’attesa è adesso per le motivazioni che saranno pubblicate entro 30 giorni, ma in una nota l’Alta Corte ha spiegato che “non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana”.”Leggere o sentire – ha sottolineato in conferenza stampa il presidente della Corte Costituzionale – che chi ha preso ieri la decisione sull’eutanasia non sa cosa sia la sofferenza mi ha ferito. La parola ‘eutanasia’ ha portato a tutto questo. Il referendum era sull’omicidio del consenziente, che sarebbe stato lecito in casi ben più numerosi e diversi dall’eutanasia”.

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