Si torna alle urne. La Corte di Cassazione ha ammesso la proposta di referendum confermativo contro il taglio del numero dei parlamentari depositata lo scorso 10 gennaio.
La riforma costituzionale che riduce da 630 a 400 il numero dei deputati di Montecitorio e da 315 a 200 quello dei senatori di Palazzo Madama era stata approvata in via definitiva dalla Camera all’inizio di ottobre con il voto favorevole di quasi tutti i partiti. La Legge sarebbe dovuta entrare in vigore il 12 gennaio, ma l’iter è stato bloccato pochi giorni prima dalla proposta di referendum firmata da 71 senatori e presentata alla Corte di Cassazione.
L’articolo 138 della Costituzione, prevede infatti che “non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti”. Se invece questa soglia non viene raggiunta ci sono tre mesi di tempo per raccogliere le firme utili per avanzare una proposta di referendum. Servono le firme di un quinto dei membri di una delle due camere, di 500mila elettori o di 5 consigli regionali.
La riforma sul taglio dei parlamentari è stata approvata a maggioranza dei due terzi alla Camera, ma al Senato ha ottenuto solo la maggioranza semplice. Per questo motivo i senatori hanno avuto la possibilità di proporre un referendum confermativo.
Da sottolineare che a consentire il superamento in extremis del numero minimo di 64 firme necessarie per presentare il quesito contro il taglio dei parlamentari è stato il supporto a sorpresa di otto senatori leghisti e dei forzisti Roberta Toffanin e Dario Damiani. Una decisione che ha scatenato le ire del Movimento 5 Stelle.
A questo punto il Governo avrà 60 giorni di tempo per decidere la data in cui gli italiani dovranno esprimere il loro voto. In ogni caso il referendum dovrà svolgersi in una data compresa tra 50 e 70 giorni a partire dal 23 gennaio. Con ogni probabilità si andrà alle urne tra maggio e giugno.