Il Governatore della Banca d’Italia aveva già messo in guardia sull’insostenibilità del reddito di cittadinanza, tanto caro ai grillini che da tempo ne hanno fatto un cavallo di battaglia. Secondo gli studi della banca centrale, dare a tutti gli italiani che non lavorano 500 euro al mese per 12 mesi costerebbe all’incirca il 20% del Pil, una somma enorme e chiaramente non sostenibile dal bilancio statale se non a prezzo di una mazzata fiscale senza precedenti e di misure da economia di guerra.
Ma il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, non guarda ai conti e vuole fare da battistrada. In campagna elettorale aveva promesso come urgente il reddito di cittadinanza ai napoletani che non lavorano e ha fatto approvare la manovra nel bilancio del Comune, anche se entrerà in vigore solo l’anno venturo.
Ma c’è un problema: siccome nemmeno De Magistris, che non sembra preoccuparsi del bassissimo sviluppo della città, ha la bacchetta magica e non è ancora riuscito a tirar fuori dal cilindro i soldi che non ci sono, a pagare il reddito di cittadinanza saranno i più deboli e i più poveri. Come? Tagliando i servizi e aumentando le tasse per i meno abbienti.
Il bilancio comunale di Napoli taglia senza pietà i servizi per l’infanzia (45 milioni in meno), quelli per i disabili (18 in meno) e quelli per i soggetti a rischio (47 in meno) e più in generale tutti i servizi pubblici (11 in meno). Poi scatta la maggiorazione della tesse abbassando la soglia di esenzione che a Milano è a 21mila euro l’anno ma che a Napoli sarà molto più bassa. Conclusione: più tasse per i redditi tra i 10mila e i 15 mila euro l’anno. Chi guadagna o ha una pensione di 800 euro al mese, sarà tassato per finanziare il reddito di cittadinanza di chi non lavora e di chi non avrà alcun incentivo a cercarsi un’occupazione.
De Magistris la chiama “ribellione delle comunità popolari e democratiche” ma una manovra del genere va chiamata con il suo giusto nome: ingiustizia e demagogia a buon mercato.