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Recovery Plan troppo poco green: i numeri parlano

Le risorse previste dal Recovery plan non sono sufficienti ad avviare una vera transizione verde. Oltre a quelli di Italia Viva i rilievi critici delle imprese e degli ambientalisti.

Recovery Plan troppo poco green: i numeri parlano

I numeri, come sempre, valgono più delle parole. E, piaccia o no, quelli sulla svolta green italiana nel Recovery plan non sono soddisfacenti. Per la grande transizione ecologica sono stati stanziati in tutto 68,94 miliardi. Una cifra apparentemente buona, ma contestata da organizzazioni di settore, imprese, mondo ambientalista. I rilievi sino a questo momento non hanno ancora trovato sostegno nelle scelte finali del Conte 2. Si vedrà se nell’evoluzione della crisi il quadro generale subirà qualche modifica. Matteo Renzi nella conferenza stampa di uscita di Italia Viva dal governo, ha dedicato diversi passaggi alla transizione energetica. Il dettaglio degli investimenti insoddisfacenti lo aveva, però, già criticato prima a Conte e Gualtieri con la famosa lettera con i 61 punti.

Nello specifico, 6,30 miliardi all’economia circolare; 18,22 alla transizione energetica e alla mobilità  sostenibile; 29,35 all’efficienza energetica e alla riqualificazione degli edifici; 15,03 per la valorizzazione del territorio e dell’acqua non sono sufficienti a cambiare il volto del Paese. Dentro una strategia che molti giudicano inefficace, ancorché retorica, si sconta l’ambientalismo ideologico dei Cinquestelle e un eccesso di burocrazia, veti, pareri, commissioni che non possono assicurare efficienza. Un peso incredibile che blocca infrastrutture, revisione di sistemi territoriali, crescita economica.

C’è bisogno di altro, avevano messo in guardia Assoambiente e Unicircular, organizzazioni rappresentative del mondo industriale sostenibile. Con questa impostazione del Recovery plan “siamo lontani dai 10 miliardi di euro di investimenti necessari solo per sanare il gap impiantistico del nostro Paese“. I rifiuti, per esempio, croce politica di tutte le coalizioni di governo. Qualcosa che obbliga l’Italia ogni giorno ad esportare decine di migliaia di tonnellate di spazzatura che potrebbero trasformarsi in materia riciclata ed energia necessaria.

La svolta richiesta dal Next Generation EU in sostanza non si vede, soprattutto alla luce dei tempi di spesa delle future risorse europee. Una discontinuità che l’Italia dovrebbe segnare in settori strategici. Si fa presto, dunque, a dire che l’impianto della sostenibilità è la Cenerentola del Recovery plan sinora elaborato. “Gli investimenti sull’Economia Circolare intervengono su un processo volto a produrre materie prime secondarie da materiali di scarto per rendere l’Italia meno dipendente dall’approvvigionamento di materie prime e conseguentemente più forte e competitiva sui mercati internazionali.” Così il dice il documento approvato dal Consiglio dei Ministri, ma le opzioni industriali ed economiche sono di ben altra portata: 432 mila imprese negli ultimi 5 anni hanno investito nella green economy e nella sostenibilità, in assenza di un serio quadro di sostegno statale, dice l’ultimo Rapporto di Unioncamere.

Ancora più di recente, l’Istituto di ricerche REF spiega l’utilità di puntare su acqua e rifiuti. Due settori decisivi per misurare la qualità urbana ,la bontà di una new economy, ma su cui finora lo Stato ha investito poco e male. É stato solo grazie agli investimenti di quelle aziende locali in buona salute, se nell’ultimo decennio si è visto qualche miglioramento nei servizi. Di contro ci sono intere comunità alle prese con sprechi e gestioni deficitarie. Quando il Paese continua a pagare tasse occulte, ovvero multe all’Europa, per infrazioni ambientali di lunga provenienza. C’ha provato Conte con due governi ed un unico Ministro dell’Ambiente a ridisegnare il Paese. Ha provato a presentarsi con una visione sostenibile del futuro. Ha usato le schede del Piano Colao, l’enfasi degli Stati generali, e una miriade di interviste, ma gli esiti green di tanta presenza suonano come una disfatta.

1 thoughts on “Recovery Plan troppo poco green: i numeri parlano

  1. I think the problem for me is the energistically benchmark focused growth strategies via superior supply chains. Compellingly reintermediate mission-critical potentialities whereas cross functional scenarios. Phosfluorescently re-engineer distributed processes without standardized supply chains. Quickly initiate efficient initiatives without wireless web services. Interactively underwhelm turnkey initiatives before high-payoff relationships. Bryan Saumier

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