Cosa si saranno detti, in videoconferenza martedì, il ministro per l’Innovazione tecnologica Vittorio Colao e Fabrizio Salini, amministratore delegato della Rai? Per quanto abbiamo potuto verificare, si è trattato di un colloquio allo stesso tempo formale e sostanziale, seppure ancora improntato alla necessità di interlocuzione sui comuni interessi e obiettivi che le due parti perseguono.
Entrambi, infatti, si trovano in circostanze eccezionali dove il fattore tempo è determinante. Per un verso, in carico al ministro, per quanto di sua competenza, grava l’obbligo di predisporre le aree di intervento da inserire nel Recovery Plan che si dovrà consegnare a Bruxelles entro i tempi prefissati del 30 aprile, salvo deroghe ancora non previste. Per altro verso l’AD Rai si trova in bilico tra la scadenza del suo mandato, previsto con l’approvazione del bilancio e con i tempi e le modalità definite dalla Legge 220 del 2015 e la necessità di lasciare l’azienda in condizioni “tecnologiche” (la tanto attesa “media company”) adeguate a sostenere le ardue sfide che gli prospettano a tempi molti ravvicinati.
Dunque, per quanto è possibile supporre, Colao e Salini potrebbero aver ragionato sulla possibilità di inserire la Rai in qualche parte del Piano che possa consentire all’Azienda di Servizio Pubblico di salire su treno che non si può perdere, pena il rischio di rimanere tagliati fuori da possibili prospettive di sviluppo. Ma quali sono esattamente i principali impegni e le scadenze che incombono su Viale Mazzini? Lo scorso ottobre, in Vigilanza Rai, l’AD Salini ha esposto ai parlamentari in modo chiaro e inequivocabile lo scenario: “…la pandemia in corso ha ulteriormente aggravato se non addirittura compromesso la situazione economico-finanziaria per gli anni 2021-2023 e non si è ancora in grado di valutare le possibili conseguenze”. Il quadro prospettato è tutto orientato al mantenimento dei ricavi (canone e pubblicità) e alla riduzione dei costi (nel documento ufficiale si legge “eventuale riduzione del perimetro di attività e/o occupazionale”) dove, giocoforza, è difficile ipotizzare investimenti per sviluppo e innovazione. Ecco allora che un possibile inserimento di Rai in qualche piega del Recovery Plan potrebbe significare una boccata di ossigeno indispensabile per fronteggiare adeguatamente il futuro dell’Azienda.
Ma di cosa si parla esattamente? Quali potrebbero essere i temi di un possibile prossimo confronto più operativo tra Colao e Salini (o con chi gli subentrerà semmai dovesse avvenire presto un ricambio in Cda Rai come molti partiti della maggioranza di Governo hanno richiesto)? In quali aree si dovrebbe intervenire con urgenza? Come noto, da tempo è in corso un’aspra competizione tra broadcast e broadband, tra sistemi di diffusione tradizionali digitale terrestre o satellitare e rete Internet. La Rai è sul mercato e compete con i propri prodotti con la sua piattaforma Rai Play che pure ha riscosso un significativo gradimento da quando è stata lanciata lo scorso anno ma soffre la mancanza di una propria rete di diffusione dei contenuti multimediali (CDN, Content Delivery Network) per la quale attualmente viene pagato un sostanzioso canone di noleggio ad Akamay, società tra le più rilevanti in questo settore. Una rete CDN proprietaria per Rai è una scelta obbligata quanto economicamente impegnativa: stimata oltre 100 milioni di euro. Peraltro, questo è un argomento che si potrebbe inserire benissimo nel contesto della società per la rete unica che prima o poi potrebbe anche vedere la luce. Anche per la Rai sarà la BUL il “campo di battaglia” prossimo venturo che si sommerà a quello già previsto e programmato: la transizione al DVB-T2 della quale abbiamo scritto più volte su queste pagine.
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Tutto questo, in condizioni strutturali di funzionamento dell’Azienda che richiedono pesanti interventi in ordine alla riduzione, all’ammodernamento e all’efficientamento di sistemi spesso obsoleti. Si tratta di processi che hanno un costo e nemmeno di poco conto. Alla vigilia della partenza dell’attuale Piano Industriale Rai nel 2018, venne calcolato in circa 200 milioni di euro il budget necessario ad affrontare la ristrutturazione del Mux VHF. Da allora la situazione, complice anche il Covid, non è certo migliorata.
Ancora: Rai soffre di un grave disallineamento tra il sistema di produzione e quello di distribuzione. Da un lato si vorrebbe distribuire i propri contenuti in 4K per essere competitivi su un mercato che già guarda all’8K mentre, dall’altro lato, non si riesce a fornire/produrre contenuti adeguati.
Poi, è verosimile che in agenda possa anche entrare il dossier sulle torri di trasmissione dove Rai è presente con la quotata Rai Way. Da tempo il “polo delle torri” è al centro del dibattito sulla sua opportunità e convenienza a sorgere e anche per Rai potrebbe arrivare presto il momento di decidere se liberarsi o meno della quota residua disponibile ad essere messa sul mercato (attualmente detiene il circa il 65% delle azioni) e fare cassa utile per investimenti tecnologici.
Altro settore di grande interesse (nonché di costi rilevanti) è la completa digitalizzazione dell’enorme archivio Rai: proprio su questo tema ci potrebbe essere uno spiraglio da esplorare: in alcuni paesi europei (il Portogallo) sembra sia in atto esattamente la stesura di un progetto per finalizzare una quota del loro Recovery Plan proprio in questa direzione, il che potrebbe rendere disponibili risorse utili da investire in altri settori. Infine: l’architettura tecnologica di Rai stenta ad entrare nel mondo del “data driven”, cioè della conoscenza puntuale e dettagliata del proprio pubblico, della loro profilazione, cioè la condizione necessaria e indispensabile per un accesso alla televisione del prossimo futuro che sui “Big Data” sta costruendo il suo impero. Oggi, il solo strumento di conoscenza degli utenti a disposizione dei broadcasters consiste nei dati Auditel che rilevano i “consumi” di televisione con i sei principali device (Tv, Smart Tv, Computer, Tablet, Smartphone e Game consolle) e da poco più di un anno è in funzione anche Auditel Standard Digitale (DTT, DST e IP): è tanto ma non ancora sufficiente.
Infine, da osservare che proprio nella stessa giornata di martedì il Ministro ha partecipato all’evento promosso da AsVis (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, Istituto già diretto da Enrico Giovannini, ora ministro dei Trasporti) dove ha illustrato le aree prioritarie del suo programma di governo. Si tratta anzitutto dello sviluppo della rete BUL dove ha sostenuto che “…Non ci possiamo permettere di perdere ulteriore tempo…”. In questo quadro rientra l’ammodernamento della Pubblica Amministrazione, volano inderogabile per un corretto rapporto coni cittadini e quindi sanità, istruzione e ricerca. Infine, un tema di grande rilevanza e interesse strategico per lo sviluppo delle imprese: la sicurezza informatica. Con queste parole e con questo indirizzo si può leggere il senso dell’incontro virtuale di martedì: fare presto. Per la Rai, come per il resto del Paese, appunto, non c’è tempo da perdere.