“Per il momento la congiuntura economica italiana sta andando meglio del previsto, ma per le prossime settimane ci aspettiamo di vedere sui consumatori e sulle imprese gli effetti dei fortissimi aumenti dei costi dell’energia e l’impatto della politica monetaria che, sia pure con un certo ritardo, sta diventando più restrittiva”.
Guido Tabellini, uno dei più celebri economisti italiani, insegna alla Bocconi di cui è stato rettore. Martedì prossimo riceverà al ministero dell’Economia, alla presenza del ministro Daniele Franco, il premio De Sanctis per le scienze economiche. La fondazione che prende il nome del grande letterato dell’Ottocento, per celebrare degnamente la figura poliedrica di questo grande italiano ha deciso di dar vita anche ad un premio per le scienze economiche. Quest’anno oltre al professor Tabellini verrà premiata anche la professoressa Raffaella Sadun che insegna alla Harward Business School.
Con l’occasione abbiamo rivolto alcune domande a Guido Tabellini sull’attualità italiana ed Europea.
Professor Tabellini, questo vuol dire che si prevede una recessione sia in Europa che negli USA?
“Lo ritengo inevitabile. In Europa a partire dai prossimi mesi, dato che la nostra economia avrà il doppio impatto del prezzo dell’energia e della stretta nella politica monetaria. Negli USA l’impatto del prezzo dell’energia è assai contenuto, per cui tutto l’onore della battaglia contro l’inflazione ricade sulla politica monetaria che sta aumentando i tassi ad un ritmo elevato dopo aver commesso molti errori che hanno spinto la corsa dei prezzi fino a livelli davvero molto elevati. Di conseguenza per gli USA si prevede un ingresso in recessione nella seconda metà del prossimo anno, mentre in Europa già dall’inizio del 2023, potremo avere un segno meno davanti al PIL.
Per la UE e per l’Italia la crisi deriva in particolare dagli stratosferici prezzi dell’energia e del gas in particolare. Ora si vuole mettere un tetto al prezzo del gas, almeno a quello proveniente dalla Russia. Come si può affrontare questa crisi, e nella situazione attuale è corretto che il Governo intervenga con denaro pubblico per cercare di attutire l’impatto economico dei costi dell’energia?
“Senza scendere in particolari tecnici che non conosco nei dettagli, è chiaro che in linea generale un simile squilibrio tra offerta e domanda deve essere sanato agendo sulla domanda visto che l’offerta è sostanzialmente rigida. Per far scendere i consumi ci sono due strade: aumentare i prezzi o il razionamento. Bisogna capire se un razionamento sia compatibile con la salvaguardia del mercato unico europeo. In pratica sembra che ci si avvii verso un mix tra controllo dei prezzi e riduzione delle quantità fornite ai consumatori”.
A questo punto si pone la seconda questione e cioè se sia corretto intervenire con il bilancio pubblico per calmierare i prezzi dell’energia.
“Credo che ci sia uno spazio per questi interventi che si basano sulla prospettiva di una durata non lunga dell’attuale crisi, cioè che si possa nel giro di qualche mese tornare ad una situazione più equilibrata tra domanda ed offerta di gas e quindi a prezzi non certo come quelli di due anni fa, ma accettabili”.
Bisogna però capire a chi andranno i sostegni da parte dello Stato, e comunque non si possono trascurare gli effetti perversi che un calmiere dei prezzi potrebbe avere sulla spinta alla riduzione dei consumi.
“È importante che gli interventi siano mirati verso le fasce di consumatori più disagiati, mentre sarebbe bene aiutare in maniera più generalizzata le imprese perché altrimenti questi picchi dei prezzi del gas potrebbero provocare danni gravi e strutturali al sistema industriale. Sulla questione della relazione tra prezzo e riduzione dei consumi, effettivamente Daniel Gross ha sottolineato come sarebbe più opportuno che si incentivassero le imprese che agiscono per ridurre i consumi invece di ridurre per via fiscale il prezzo dell’energia che già oggi consumano”.
Anche la Bce sta gradualmente stringendo i cordoni della borsa. Ma in una situazione come l’attuale in cui l’inflazione (almeno in UE) deriva essenzialmente dal prezzo dell’energia, la politica monetaria non può risolvere il problema, e quindi è un po’ un’arma spuntata.
“Di fronte ad una inflazione del 9% le autorità monetarie non possono stare a guardare. Bisogna evitare che ripartano i salari e quindi si riattivi una spirale prezzi-salari come negli anni ‘70. Comunque ancora oggi i tassi sono a zero e quindi quelli reali sono ancora fortemente negativi. Bisogna però fare attenzione al bilancio pubblico, a non aumentare ancora il deficit per evitare che si avvii una corsa al rialzo dello spread che per l’Italia sarebbe una vera sciagura. Per quest’anno, grazie all’inflazione il rapporto debito/PIL migliora nonostante le grandi spese pubbliche. Ma se guardiamo a medio termine dobbiamo stare molto attenti a non mandare segnali lassisti al mercato se non vogliamo innescare una crisi del debito. Questo vale oggi, ma ancora di più per il governo che verrà dopo il 25 settembre. Anzi a mio parere Draghi ha potuto sfruttare la sua grande credibilità internazionale per attenuare il rigore dei conti pubblici. Quelli che verranno dopo saranno degli osservati speciali e quindi dovranno essere ancora più severi quanto a controllo delle spese statali di quanto non sia stato il governo attuale”.