Il petrolio avanza verso l’obiettivo dei 50 dollari. Ieri sera il greggio ha chiuso in forte rialzo: +3,3% sia nella qualità Wti (47,7 dollari al barile), sia con il Brent (49,3 dollari), ai nuovi massimi degli ultimi sei mesi. Stessi prezzi stamane in Asia. Ne hanno approfitta le Borse, a partire da Wall Street, in terreno positivo dopo tre giorni di ribasso: l’indice Dow Jones ha chiuso in rialzo dell’1%, S&P 500 +0,98, di nuovo sopra i livelli di inizio anno. Nasdaq +1,22%. Bene anche Tokyo (+0,3%), Hong Kong (+0,3%) e Sidney (+0,6%), spinte dai titoli petroliferi.
GOLDMAN SACHS: LA DOMANDA DI GREGGIO TORNA A SUPERARE L’OFFERTA
A favorire il rialzo del greggio hanno contribuito i problemi dell’industria estrattiva in Nigeria e Venezuela oltre agli effetti del calo degli investimenti in Usa. Ma a decretare l’inversione di tendenza è stata Goldman Sachs, fino a ieri il broker più pessimista sulle prospettive del greggio. Al contrario, ieri, è piovuto sul mercato il report di Damien Courvalin (guru del colosso della finanza Usa), in cui si legge: “Il riequilibrio del mercato del greggio fisico è finalmente cominciato: dopo un primo trimestre in cui l’offerta ha superato la domanda per 1,4 milioni di barili al giorno, a maggio la situazione si è capovolta. A questo punto è probabile che nel secondo trimestre si registrerà un deficit dell’offerta, sull’onda dell’aumento dei consumi in Occidente e dei tagli alla produzione”.
Immediato a Wall Street l’effetto positivo sui titoli del comparto Energy (+1,6%). Chevron ha guadagnato l’1%, Halliburton +3,4%, Conoco Phillips +3,2%, Schlumberger +2,2%. Anche a Milano il rialzo del greggio ha spinto Eni (+1,1%), Saipem (+1,7%) e Tenaris (+1,8%).
WARREN BUFFETT SCOPRE IL TECH E PUNTA UN MILIARDO SU APPLE
Non solo greggio, però. Ancora una volta, è stato Warren Buffett a dare la carica ai mercati Usa, grazie alla fresca attenzione del saggio di Omaha per i titoli tech. Non pago della partecipazione alla cordata per l’acquisto di Yahoo! (+2,3%), Buffett ha sorpreso il mercato annunciando l’acquisto di 9,81 milioni di titoli Apple (+3,7%) per un importo di poco superiore al miliardo di dollari. La sua Berkshire Harhaway, ha approfittato della brusca caduta della Mela, scesa del 19% dopo il calo delle vendite nel trimestre, il primo da 13 anni.
DALL’EDITORIA AL PHARMA, IL RISVEGLIO DEL MERCATO USA
Anche in Usa, come a Milano, è stata protagonista l’editoria. Tribune Publishing, editrice del Los Angeles Times e del Chicago Tribune, vola a +23% dopo che Gannett (+2,2%, Usa Today) ha alzato la sua offerta a 15 dollari per azione.
Infine, fuochi d’artificio nel pharma. Il colosso farmaceutico Pfizer (+0,6%) ha lanciato un’offerta da 5,2 miliardi di dollari per Anacor Pharmaceuticals per far entrare nel proprio portafoglio un gel per trattare l’eczema. Dopo l’annuncio, il titolo Anacor è schizzato su di oltre il 57%, a 98,95 dollari.
EUROPA DEBOLE, MILANO CHIUDE IN PARITÀ
Ferma la Borsa di Francoforte, l’Europa non ha approfittato a pieno ieri della rinnovata lena del petrolio. Per giunta, a frenare gli animal spirits dei mercati azionari del Vecchio Continente ci ha pensato un report di Fitch che minaccia bocciature a medio termine sui debiti sovrani dei Paesi europei con rapporti commerciali stretti verso il Regno Unito in caso di Brexit.
È scesa la Borsa di Parigi (-0,2%), così come quella di Madrid (-0,9%). In terreno positivo, per paradosso, proprio Londra (+0,2%), grazie alla spinta delle commodities. Tra i settori in evidenza spiccano infatti le Materie Prime (Stoxx +2,6%) e i Petroliferi (+1%). A Milano l’indice Ftse Mib, dopo aver toccato un minimo a 17.534, ha chiuso in sostanziale parità con un +0,04% a 17.737 punti.
Nessuna reazione sul mercato del debito al nulla di fatto sul rating sovrano dell’Italia, dopo la conferma da parte di S&P del giudizio BBB- con outlook stabile. I Btp 10, rendimento 1,481% spread fermo a 136 punti, hanno preso fiato in una seduta piuttosto tranquilla con volumi molto bassi.
Da rilevare il calo dei rendimenti dei titoli irlandesi, dopo la promozione del rating da parte di Moody’s a A3: il decennale è sceso a 0,778%, minimo da oltre un mese.
RCS (+16,5%) SI ALLINEA AL PREZZO OFFERTO DA INVESTINDUSTRIAL
Il titolo di testa tocca naturalmente a Rcs Media Group (+16,5%), di nuovo campo di battaglia tra Mediobanca (che pure per anni ha sostenuto di voler uscire dalla schiera degli azionisti del gruppo editoriale) e Banca Intesa, vicina ad Urbano Cairo.
Investindustrial di Andrea Bonomi ha lanciato l’Opa sulla casa editrice assieme a Mediobanca, Della Valle, UnipolSai e Pirelli, che insieme posseggono il 22,6% dell’editore del Corriere della Sera. La cordata ha offerto 0,7 euro in contanti per ogni titolo Rcs contro gli 0,53 euro circa offerti, carta contro carta, da Cairo Communication. Un investimento fino a 282,7 milioni per il 77,4% del capitale non posseduto, che per il 55% sarà in capo ai quattro azionisti storici del gruppo e per il 45% a Investindustrial. Difficile, a questo punto, un rilancio da parte di Cairo. Il titolo, in chiusura, si è allineato al livello dell’offerta a 0,69 euro.
BPM-BANCO POPOLARE, IL PIANO CONVINCE I MERCATI
La fusione bancaria dell’anno ha superato l’esame del business plan. Banco Popolare +4,9% e Banca Pop. Milano +1,6% nel giorno dell’approvazione da parte dei Cda del piano industriale del progetto di fusione poi presentato agli analisti finanziari. Il piano 2016-2019 punta a una redditività sostenibile, a un bilancio solido con Cet 1 al 12,9% e copertura delle sofferenze al 59%, a una creazione di valore con una politica di dividendo sostenibile e all’ottimizzazione della rete di distribuzione con un taglio nel numero delle filiali da 2.417 a 2.082 nel 2019, con un conseguente esubero di 1.800 lavoratori.
L’operazione, che sarà completata entro l’anno, prevede lo scorporo della Bpm spa. Infine, la nuova Banca si pone come obiettivo una politica di dividendi remunerativa, con un versamento in uscita del 40% che, secondo quanto ha dichiarato Castagna “non deve essere occasionale, ma importante e sostenibile nel corso del tempo”.
Positive anche Banca Pop.Emilia (+1,7%) e Ubi (+1,5%). Intesa perde l’1,1%, Unicredit -0,6%. Fra le assicurazioni sale Generali (+1,2%). Nel risparmio gestito ancora in ribasso Anima (-2,4%), salgono le concorrenti Azimut (+1,8%) e Fineco (+3,6%).
TELECOM, AGLI ANALISTI PIACCIONO I TAGLI DI CATTANEO
Sul listino milanese brilla Telecom Italia (+3%): la società ha alzato l’obiettivo di taglio costi da qui al 2018 da 600 milioni di euro a 1,6 miliardi. Il mercato apprezza l’impegno del management per migliorare la redditività. L’ad Flavio Cattaneo ha acquistato azioni per un milione di euro. La società ha triplicato il piano di tagli a 1,6 miliardi di euro entro il 2018. I tagli riguardano per 800 milioni di euro i costi operativi e per 800 milioni le spese in conto capitale. Il piano precedente prevedeva risparmi per 600 milioni. Anche per il Brasile è stato annunciato per i prossimi mesi un rafforzamento dei piani di efficienza finora previsti pur mantenendo lo sviluppo sia nel 3G che nel 4G. Il titolo perde il 25% da inizio anno.
TONFO DI EXOR, IN RIBASSO FCA E FERRARI
Netto ribasso di Exor (-2,8%), tagliata da Kepler-Cheuvreux, che ha abbassato il giudizio a Hold da Buy. Target price giù a 32,5 euro da 34 euro. Fiat Chrysler scende dell’1,6. Giù anche Ferrari dopo l’ennesima delusione in Formula 1. StM +0,8%, Leonardo-0,1%. Solido rialzo di Buzzi (+2,34%).
IMA E PRIMA INDUSTRIE IN VOLO DOPO I CONTI
Brillano alcune Star. Avanza Ima (+3,66%) sull’onda dei positivi commenti degli analisti post trimestrale. La società di Alberto Vacchi, battuto sul filo di lana nella corsa alla Confindustria, ha chiuso il primo trimestre con un utile ante imposte di 9 milioni di euro, in crescita rispetto ai 2 milioni registrati nello stesso periodo del 2015.
Forti acquisti anche su Prima Industrie (+6,89%): Banca Imi ha confermato il rating buy e il target price di 17,2 euro dopo la pubblicazione dei conti dei primi tre mesi dell’anno.