“Mettere la sostenibilità al cuore del sistema finanziario”. E’ scritto nel primo rapporto, appena pubblicato, del gruppo di venti esperti costituito a dicembre dalla Commissione europea per sviluppare una strategia organica di promozione della finanza Sri (socially responsible investing), basata, cioè, su investimenti sostenibili e responsabili.
Grazie al 53 per cento dei 23mila miliardi di dollari di asset gestiti professionalmente nel mondo con criteri Esg (Environmental, social and governance), l’Europa detiene un importante primato mondiale con gli Stati Uniti fermi al 38 per cento. La Commissione europea, attraverso i venti esperti tra i quali un’italiana, Flavia Micilotta, direttore di Eurosif, intende non solo consolidare il primato ma soprattutto inserire quei criteri e principi nel sistema finanziario in maniera stabile. L’obiettivo è che i fattori Esg vengano utilizzati ordinariamente per valutare, gestire e prevedere i rischi sia nel breve che nel lungo termine e anche che la partecipazione diretta degli stakeholder diventi un elemento centrale nell’elaborazione strategica e normativa.
Il gruppo di lavoro si muove nella linea tracciata dall’Organizzazione delle Nazioni Unite che, già nel 2006, aveva promosso sei principi, noti come Pri (Principles for responsible investment) sottoscritti, nel corso degli anni, da 1380 società dell’industria finanziaria per un totale di 59 mila miliardi di asset in gestione (dati a fine 2015). Sono regole che impegnano a introdurre le tematiche Esg nell’analisi e nei processi di investimento, nelle proprie politiche e pratiche aziendali, nel ricercare trasparenza su questi fattori, nel promuovere la responsabilità sociale nell’industria, nel cooperare su questo fronte e documentare le attività e i progressi.
Del resto l’accresciuta consapevolezza delle questioni di sostenibilità è cosa nota ai più – ma meno alle alte sfere della finanza globale – e sempre più diffusa tra consumatori e famiglie che esprimono una domanda più o meno latente di prodotti e processi produttivi sostenibili. Un cambiamento di paradigma che speriamo porti molte aziende a dotarsi di un rating etico e di sostenibilità. Associare la propria azienda alla sostenibilità diventa oggi un passaggio necessario per stare sul mercato del futuro. L’obiettivo affinché il settore finanziario faccia di più per contribuire a una crescita diversa per un modello economico che sposti l’attuale allocazione di risorse da un percorso che il rapporto stesso definisce “insostenibile” ad uno “sostenibile”, non è più né ambizioso né velleitario, ma, dopo la crisi economica, è una vera e propria necessità.
Anche il sistema bancario è naturalmente coinvolto in questa trasformazione ed anche rispetto ad esso la crisi ha dimostrato la necessità di ritrovare nei principi della sostenibilità la chiave di volta per affrontare il futuro dell’economia. La Cooperazione bancaria, fondamentale per mantenere vitale il tessuto produttivo e imprenditoriale così duramente messo alla prova è, da sempre e per sua natura, interna a quel percorso di sostenibilità in quanto basa l’attività di intermediazione del credito sul legame con il territorio, con le comunità locali, con l’economia reale. Non è, infatti, un caso se le Banche popolari, malgrado le avversità economiche di questi anni, sono state un elemento fondamentale perché le Piccole e Medie Imprese potessero continuare a svolgere la propria attività mitigando e attenuando i contraccolpi della crisi che, altrimenti, sarebbero stati ancora più duri e dolorosi.
Standard Ethics, dopo un’analisi di diversi aspetti attinenti sia alla governance sia alle policy aziendali, riscontrando una risposta e un’attenzione positiva alle indicazioni provenienti dall’UE, dall’OCSE, e dall’ONU ha assegnato alle Banche popolari italiane rating di livello “EE” con outlook positivo, livello superiore di 2 notch alla media del sistema bancario nazionale e di molte banche estere. Il riconoscimento ha premiato l’attenzione e le risposte fornite in materia di diritti degli azionisti di minoranza, remunerazione degli organi apicali, conflitti d’interesse e partecipazione assembleare. Un riconoscimento anche alla forma cooperativa che continua ad essere la più adeguata per mantenere e rafforzare il ruolo di banca dei territori. Anche per questo, nella trasformazione della cultura d’impresa resa obbligatoria, al di là di qualunque giudizio morale, dalla crisi, il rilancio dell’economia reale e il ritorno a tassi di occupazione accettabili troveranno nel sistema delle banche popolari e del territorio un protagonista come è dimostrato dalla sua consistenza e diffusione nel mondo.
**L’autore è il Segretario Generale dell’Assopopolari