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RAPPORTO MEDIOBANCA – Su dieci anni i Bot battono la Borsa

In 10 anni la Borsa di Milano ha visto evaporare un quarto del suo valore (-25%) e ha perso nove posizioni nella classifica dei listini mondiali, portandosi in 20esima posizione con 496 miliardi di capitalizzazione a giugno 2014. E’ quanto emerge dal rapporto annuale “Indici e dati” dell’Ufficio Studi di Mediobanca.

I mercati che hanno superato Borsa Italiana da fine 2003 sono mediamente circa due volte quello italiano, in termini di capitalizzazione. Il London Stock Exchange Group, di cui Piazza Affari fa parte, è saldo al terzo posto dietro solo al Nyse Euronext Usa e al Nasdaq. 

IL VALORE DELLA BORSA RISPETTO AL PIL

Rispetto al Pil, inoltre, Piazza Affari è la meno rappresentativa tra i principali mercati internazionali (32%). Un valore ben lontano dai livelli del decennio 1998-2007, quando la media era del 48%, con il picco del 70% toccato nel 2000.

LE (POCHE) NOTE POSITIVE

In ogni caso, dall’indagine dell’Ufficio Studi di Mediobanca emergono anche note positive. Innanzitutto, Borsa Italiana si presenta come un mercato molto liquido. Inoltre, se nella media del decennio 2004-2013 il Nasdaq si è confermato il mercato di gran lunga più attivo in termini di scambi misurati dall’indice di rotazione (rapporto controvalore scambi/capitalizzazione complessiva), pari a 5,3 volte, Borsa Italiana (1,70) si è posizionata al secondo posto, facendo meglio di tutti gli altri listini mondiali.

Considerando poi i movimenti delle nuove quotazioni e dei delisting nel decennio, pur presentando un saldo negativo (-10,9%), Borsa Italiana non sfigura nel raffronto con gli altri mercati finanziari occidentali. Il dato, infatti, è in linea con il Nyse Euronext Europa (-10,6%) e Madrid (-10,6%).

IL ROE

A livello di Roe, poi, Borsa Italiana si è mantenuta ben al di sopra della media del campione considerato (32% contro 11%), in presenza di un fatturato rimasto costante (a fronte di un incremento del giro d’affari delle principali società di gestione delle Borse intorno al 23%).

I BOT HANNO RESO PIU’ DI PIAZZA AFFARI

Ad ogni modo, negli ultimi dieci anni gli investimenti in Bot hanno reso di più di quelli in Borsa. Da fine 2003 a fine 2013 la performance media annua di un Buono del Tesoro a 12 mesi è stata pari al 2,3%, contro l’1,6% della performance dell’indice di Borsa (comprensivo dei dividendi). All’interno della performance dell’All Share, nell’arco del periodo, si ha tuttavia una forte divaricazione tra i titoli bancari e quelli industriali, che hanno registrato rispettivamente una variazione media annua del -4,7% e del +4,7%. 

Nell’ultimo decennio le azioni risparmio hanno reso invece l’1,7% annuo. Tuttavia, se si considerano gli ultimi 19 anni sono state proprio le risparmio a mettere a segno l’investimento in Borsa più redditizio: da gennaio 1996 (base indici Mediobanca free float) al 15 ottobre 2014 il rendimento complessivo è stato pari all’8,9% medio annuo.

DIVIDENDI BANCHE AI MINIMI DAL 1997

Nel 2014 le banche hanno distribuito appena un decimo dei dividendi corrisposti nel corso dell’anno dall’insieme delle società quotate a Piazza Affari, toccando i minimi dal 1997. Nel 2008 gli istituti di credito erano invece arrivati a garantire quasi il 36% di tutti i dividendi e nel 2007 avevano rappresentato quasi il 40% di tutte le cedole. 

Pur recuperando peso in termini di capitalizzazione, le banche hanno elargito quest’anno quasi 1,3 miliardi di euro di dividendi, poco più di un quarto della media dell’ultimo decennio. Un valore lontano anni luce dall’exploit corrisposto nel 2007 e 2008, quando il monte-dividendi delle banche superava gli 11 miliardi.

Complessivamente, nel 2014 i dividendi pagati dal complesso delle società quotate a Milano ha proseguito la discesa iniziata nel biennio precedente, giungendo al valore più basso dal 1999: 13 miliardi di euro in totale, in calo del 5% sull’esercizio 2012, un quinto in meno sul 2010 e oltre un terzo in meno rispetto alla media dell’ultimo decennio.

La ripartizione tra settori ha avvantaggiato i titoli industriali (10 miliardi), come pure, a differenza che negli scorsi anni, le assicurazioni (1,6 miliardi).

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