“A certificare la fine di un’epoca, nel 2020 le vendite di vestiti grigi – il simbolo del lavoro impiegatizio e manageriale nel secolo scorso – sono più che dimezzate rispetto al 2011”. Difficile sintetizzare meglio il cambio di passo imposto dallo smartworking. Ma ancora una volta il Rapporto sul Capitalismo del Centro Einaudi curato dalla squadra del professor Deaglio giunto all’edizione 25, si distingue per la qualità di coniugare la macroeconomia ed il cambiamento che induce nella società. Una chiave di lettura necessaria per interpretare il presente, sconvolto dall’anno della pandemia, ma anche da mali che arrivano da lontano.
“Proviamo a mettere a confronto i giorni perduti a scuola lo scorso anno. Emergono distanze abissali tra regione e regione, a conferma del peso dei poteri locali”. Ecco l’Italia, con i suoi stress ed il suo carico di paure che, ahimè, oggi tendono a prevalere sulla voglia di cambiamento. “La tentazione – dice l’ex direttore del Sole 24 Ore – è di voler ritornare a come eravamo prima. Ma questo non basta per affrontare il mondo che è cambiato”.
L’Italia, è la lezione, non può limitarsi a tornare al punto di partenza, per più ragioni. ”Innanzitutto – continua – non dimentichiamo che i debiti, prima o poi, vanno pagati. Un Paese come il nostro non può permettersi un calo della sua credibilità finanziaria. Ma per raggiungere l’obiettivo non possiamo cedere alla tentazione di restaurare il passato sui luoghi di lavoro, magari confidando sulle moratorie bancarie”. “Ma caro Gros Pietro – dice rivolto al presidente di Intesa San Paolo – come hai ben detto il ruolo della banca oggi è quello di aiutare le imprese deboli a cambiare”.
Non sono problemi solo italiani, per carità. Ma, come nel caso del calo delle nascite o della disoccupazione giovanile, l’Italia è il Paese che soffre di più, afflitto da un fenomeno di scivolamento verso il basso che, è anche frutto di un approccio sbagliato nel passato. “Basta dire che non si fanno figli perché non ci sono asili nido – commenta Giorgio De Rita del Censis nella discussione – La questione vera è la natura del lavoro, i limiti posti al processo. Un quarantenne oggi ha alle spalle 15 anni di crescita zero in cui non ha avuto occasione di crescere”. In questa cornice , peraltro, il Bel Paese è quello che, con il conforto del sostegno finanziario dell’Europa, deve dimostrare di aver imparato la lezione. “Sarebbe bello se in occasione del G20 del prossimo 30-31 ottobre l’’Italia si presentasse mostrando di aver imparato dal passato. In questo caso, forse, avrà anche qualche cosa da insegnare” ad un mondo che, nel giro di mesi piuttosto che di anni, ha cambiato pelle: “La globalizzazione, così come l’abbiamo vissuta negli ultimi vent’anni, appartiene ai libri di storia”.
Di qui la radiografia di un pianeta profondamente cambiato, dove Amazon recluta quasi mezzo milione di lavoratori per far marciare le consegne a domicilio, l’Europa riscopre una sua funzione, la Cina avanza con una straordinaria volontà di ripartire. E l’America, spaccata in due su tante questioni, ritrova l’unità nella sfida a Pechino in una competizione che si dispiega su tutti gli scacchieri geopolitici internazionali, dall’Europa, al Pacifico, all’Africa, all’Asia Centrale. “È, anche questa, un’evoluzione in corso da anni, ma che negli ultimi diciotto mesi ha subito una brusca e vistosa accelerazione” come l’irruzione sulla scena della rivoluzione digitale e di quella ambientale.
Il rapporto sviluppa per grandi temi questo copione più avvincente di un romanzo. Una lettura per colti ed incliti che ha il merito di non annoiare mai. Grazie a quel mix tra cultura accademica e fiuto della cronaca che è da sempre un raro pregio di Mario Deaglio, eonomista un tempo prestato al giornalismo.