L’Osservatorio su “I Costi del Non Fare” giunge al sesto anno di attività, concludendo con questo rapporto (Studio 2011) il secondo ciclo triennale focalizzato sullo sviluppo infrastrutturale del Paese e sui costi delle inerzie per la collettività. Nello Studio 2009, il primo del nuovo triennio di lavoro, abbiamo misurato i Costi del Non Fare su un orizzonte temporale di 16 anni, dal 2009 al 2024, nei settori dell’energia (elettricità e gas), dei rifiuti, della viabilità stradale (autostrade e tangenziali a pedaggio) e ferroviaria (ferrovie convenzionali e AV/AC) e del settore idrico. Attraverso una metodologia sviluppata dai ricercatori di Agici, in parte basata sulla Cost Benefit Analysis, sono stati valutati gli impatti economici, ambientali e sociali legati ai ritardi nelle infrastrutturazioni strategiche nel nostro Paese. L’Osservatorio ha, nei diversi anni, analizzato le cause dei ritardi formulando riflessioni propositive, miranti anche a ridefinire i ruoli dei soggetti che intervengono nei processi di realizzazione delle infrastrutture: imprese, sistema politico, pubblica amministrazione, soggetti finanziatori. Nello Studio 2010 si è proposto un modello per la realizzazione delle opere: la Procedura Standardizzata. Si tratta di un iter che, attraverso fasi chiare, distinte e ben articolate, permetta di giungere a decisioni irrevocabili e condivise. Quest’anno, le attività dell’Osservatorio hanno considerato: 1. La revisione della Policy per il settore Energia; 2. Il monitoraggio dello sviluppo infrastrutturale nel triennio 2009-2011 e la misurazione dei Benefici dell’Aver Fatto e dei Costi del Non Aver Fatto sulla base delle assunzioni e dei parametri dello Studio 2009; 3. L’applicazione della Procedura Standardizzata a una serie di infrastrutture reali; 4. La predisposizione di 10 linee guida per una Legge-quadro di rilancio delle infrastrutture. Circa il primo punto, una serie di fenomeni ha profondamente influenzato sia domanda che offerta del settore energetico italiano e ci ha indotto a modificare le assunzioni di Policy definite nel 2009. Il secondo punto riguarda il monitoraggio delle infrastrutture poste in esercizio nel triennio 2009-2011; confrontando le effettive realizzazioni del triennio con i fabbisogni stimati nello Studio 2009 abbiamo calcolato sia i Costi del Non Aver Fatto, cioè quanto abbiamo già pagato a causa dell’inerzia, sia i Benefici dell’Aver Fatto, ovvero gli oneri evitati grazie alle realizzazioni. Relativamente al terzo tema, abbiamo analizzato sei opere con una storia autorizzativa particolarmente critica. Prendendo a riferimento la Procedura Standardizzata definita lo scorso anno abbiamo proposto le soluzioni che avrebbero semplificato e velocizzato l’iter di ciascuna infrastruttura. Infine, dall’analisi dei casi (e grazie anche alle esperienze maturate in questi anni e alle indicazioni più generali provenienti dai partner del progetto) sono emersi 10 temi particolarmente rilevanti sui quali abbiamo elaborato delle linee-guida per una proposta di Legge per il rilancio delle infrastrutture; ciò anche grazie alla collaborazione di deputati e senatori dell’intergruppo parlamentare “I Costi del Non Fare”.
Gli obiettivi 2011 dell’Osservatorio CNF
Nello Studio 2009 misuravamo il CNF nell’energia, nei rifiuti, nella viabilità stradale e ferroviaria e nell’idrico. Di seguito riassumiamo i dati allora esposti precisando, tuttavia, che si è introdotta una rilevante modifica per il settore elettrico. Esso, infatti, si è caratterizzato per una serie di eventi che hanno cambiato i profili di domanda e offerta: la crisi economico-finanziaria ha ridotto sensibilmente la domanda energetica; il referendum ha bloccato il ritorno al nucleare; la forte crescita del parco produttivo elettrico nazionale ha creato una situazione di overcapacity. Ciò ha indotto a rivedere la Policy di sviluppo del settore e a ricalcolarne il CNF. Energia. Per quanto riguarda gli impianti di produzione elettrica emergeva che non fare oltre 12 GW addizionali, entro il 2024, avrebbe generato un CNF di oltre 4 miliardi di €. Non fare 5.500 km di nuove reti poteva comportare costi per 20 miliardi di €. Infine, la mancata realizzazione, in ottica strategica, di un rigassificatore da 9 G(m3) avrebbe prodotto un CNF di 2,5 miliardi di €. Il CNF complessivo del settore energia era stimato in 26 miliardi di €. Rifiuti. Non fare 97 termovalorizzatori da 200 kton e 165 compostatori da 50 kton si stimava causasse CNF per 24,7 miliardi di €: 21,4 miliardi per i termovalorizzatori e 3,3 miliardi per i compostatori. Autostrade. La mancata realizzazione di circa 1.700 km di autostrade determinava un onere complessivo al 2024 di 138,5 miliardi di €. Ferrovie. Il CNF del settore ferroviario era stimato in 157,4 miliardi di €: 65,4 miliardi di € per la mancata realizzazione di 848 km di ferrovie AV e 92 miliardi di € se non si fossero fatti 700 km di linee convenzionali. Idrico. Nel settore si evidenziava un CNF di 28,9 miliardi di € generato dalla mancata sostituzione di 53.840 km di acquedotti e dall’assenza di impianti di depurazione per 8 milioni di abitanti equivalenti. In conclusione, emergeva che il non fare nel periodo 2009-2024 avrebbe potuto generare costi a carico della collettività pari a 376 miliardi di € (Figura 1 – I CNF 2009-2024)
Indicatori di performance e realizzazioni 2009-2011
Vediamo, dunque, la dinamica effettivamente intervenuta nel triennio 2009-2011. Lo scopo, in coerenza con gli obiettivi dell’Osservatorio, è valutare i Costi del Non Aver Fatto del periodo e dei singoli anni, cioè gli oneri effettivamente sostenuti dal Paese per i ritardi. Tali costi annuali emergono dal confronto tra lo Scenario di Policy dello Studio 20091 e le realizzazioni del 2009, 2010 e del 2011. La Figura 2 dettaglia la dinamica nel periodo 2009-2011. Nel settore elettrico sono entrati in funzione oltre 2.700 MW di impianti di produzione (esclusi fotovoltaico ed eolico per i motivi che diremo) e quasi 1.500 km di nuove linee elettriche. Nulla è stato fatto invece nel comparto dei rigassificatori. Nei rifiuti sono stati realizzati termovalorizzatori per 2.100 kton/ annui e impianti di compostaggio per 550 kton/annui. Circa la logistica, nella viabilità autostradale sono stati aperti al traffico 153 km mentre le realizzazioni nel settore delle ferrovie sono state pari a 193 km per le linee AV/AC e di 122 km per le tratte convenzionali. Nel settore idrico stimiamo che siano stati sostituiti circa 3.100 km di reti e serviti oltre 1 milione di A.E. da depuratori. Muovendo da questi dati, abbiamo calcolato, attraverso degli indicatori di performance: il Costo del Non Fare Previsto (CNFP) per ogni anno; i Costi del Non Aver Fatto (CNAF) cioè gli oneri sostenuti per la mancata o ritardata copertura del fabbisogno; i Benefici dell’Aver Fatto (BAF) per la collettività che emergono dalla messa in esercizio delle infrastrutture. Alcuni benefici sono risultati maggiori rispetto a quanto preventivato (extra-BAF) poiché le realizzazioni sono state superiori agli obiettivi annui di Policy. Infine, in base alle realizzazioni del 2009-2011, abbiamo stimato i CNF di classe, di settore e complessivo al 2024 (CNF residuo). Il CNF residuo si riduce ogni anno sia per le nuove infrastrutture (BAF), sia per le mancate messe in opera (CNAF); questi ultimi costi sono la “bolletta occulta” che il Paese annualmente sborsa per le inerzie. Figura 2 – Le realizzazioni infrastrutturali nel triennio 2009-2011
Un triennio a rilento: i BAF e i CNAF 2009-2011
La Figura 2 mostra chiaramente come le realizzazioni effettive siano state nel triennio spesso inferiori a quelle della Policy. Per vari motivi, inclusa certamente la crisi del 2008, il triennio 2009-2011 è stato dunque un periodo piuttosto negativo per le infrastrutture. È vero che alcuni settori si sono mossi più di altri (e in taluni casi hanno superato gli obiettivi di Policy fissati nel 2009), ma l’inerzia riscontrata nei settori ambientali e in alcuni comparti della logistica ha condizionato il risultato finale. La Figura 3 quantifica in termini economici i valori esposti nella Figura 2: se nulla si fosse fatto, il Paese avrebbe sostenuto oneri per 70 miliardi di € (CNFP). Le realizzazioni nel triennio hanno evitato parte di questi costi, cioè BAF per 50,1 miliardi di €. Di questi, circa 10 miliardi di € sono extra-BAF, segno che in qualche anno si è fatto più di quanto preventivato. Tuttavia, l’inerzia è costata alla collettività 24 miliardi di € (CNAF). Nell’energia, gli sviluppi delle centrali e della rete di trasmissione hanno bilanciato la staticità dei rigassificatori; i BAF del settore sono stati 6,2 miliardi di €, di cui 1,9 di extra-BAF, mentre i CNAF pari a 500 milioni di €. Nei rifiuti, invece, nonostante le importanti realizzazioni del 2009, ha prevalso la staticità: si evidenzia un CNAF di 1,7 miliardi di € contro un BAF di 2,9 miliardi di €. Nelle autostrade, le realizzazioni inferiori agli obiettivi di Policy hanno generato un CNAF di 13,5 miliardi di €, a fronte di BAF per 12,5 miliardi di €. Le ferrovie concludono il triennio con un CNAF di 3,9 miliardi di €, concentrato nelle convenzionali; mentre i BAF risultano pari a 27 miliardi di €. Nell’idrico, i pochi investimenti determinano costi per 4,2 miliardi €, a fronte di BAF per 1,2 miliardi di €. In conclusione, e con molta prudenza, le inerzie costano ogni anno circa 8 miliardi di €, pari a 130 € annui pro capite. Figura 3 – L’evoluzione dei CNF nel periodo 2009-2024
Il settore energia
Il settore energetico nel triennio 2009-2011
Diversamente dagli altri settori analizzati dall’Osservatorio, il triennio 2009-2011 è stato positivo per il settore energetico. Come nel quadriennio 2005-20082, lo sviluppo è stato sostenuto anche se più equilibrato: nel settore elettrico gli investimenti si sono orientati verso gli impianti a carbone e le fonti rinnovabili, utili per il ribilanciamento del mix produttivo, e verso le reti di trasporto e le stazioni di trasformazione, elementi fondamentali per utilizzare al meglio il parco produttivo esistente. Le realizzazioni sono state, dunque, in linea con le Policy e talvolta anche superiori; unico neo del settore è rappresentato dai rigassificatori che sono rimasti al palo. È importante ricordare come già nel periodo 2005-2008 il settore si fosse sviluppato significativamente: sono entrate in funzione centrali termiche per 16.000 MW e oltre 1.300 km di nuove linee della RTN anche grazie a normative agevolanti3. Tali sviluppi hanno, da un lato, efficientato la produzione e reso più sicuro il sistema e costanti le forniture; dall’altro, hanno però aggravato lo sbilanciamento geografico e delle fonti4. Nello stesso periodo anche nel gas naturale la capacità di import è cresciuta di 37 miliardi di m3 grazie alla realizzazione del rigassificatore di Rovigo e della pipeline Greenstream e agli ampliamenti dei gasdotti TAG, TTPC e Transitgas. Va poi detto che la crisi del 2008 ha ridotto i consumi effettivi di energia e anche attenuato le proiezioni di medio-lungo termine. Inoltre, gli intensi sviluppi hanno portato oggi a una situazione di overcapacity del sistema elettrico. Per tali dinamiche, nel triennio 2009-2011 le priorità del settore si sono spostate dalla sicurezza delle forniture, che comunque va mantenuta, allo sviluppo più equilibrato del sistema nel suo complesso. Ciò perseguendo: una minor dipendenza dalle fonti fossili; un più efficiente utilizzo delle infrastrutture esistenti; la riduzione dei costi dell’elettricità e del gas5. In tal senso, l’attenzione si è spostata sugli investimenti nelle rinnovabili (economiche), nelle centrali a carbone, nelle reti di trasmissione elettrica e nella rigassificazione. In conclusione, il CNF del settore si è ridotto nel triennio in modo consistente: è passato da 26 a 19,9 miliardi di €, grazie a benefici per circa 6,2 miliardi di €, comprensivi di 2 miliardi di € di extra-BAF. Ciò ha permesso di compensare i CNAF generati dall’immobilismo dei rigassificatori. Figura 4 – Energia: l’andamento dei CNF nel triennio 2009
Gli impianti di produzione
La capacità di produzione è cresciuta nel triennio in linea con le assunzioni di Policy. Gli impianti termoelettrici, in particolare quelli a carbone, hanno visto un certo sviluppo nel biennio 2009-2010 per l’entrata in funzione di due gruppi della centrale di Torrevaldaliga Nord; nulla, però, nel 2011. Le rinnovabili (senza eolico e fotovoltaico per i quali sono dubbi i benefici netti) hanno conosciuto uno sviluppo intenso nei tre anni considerati6. Più in dettaglio, sia gli impianti idroelettrici sia quelli geotermici hanno superato la Policy nel 2009 e nel 2010; ciò ha controbilanciato ampiamente la staticità del 2011. Invece, per quanto riguarda le centrali a biomasse, hanno evidenziato extrarealizzazioni in tutti gli anni considerati. Riassumendo, nell’arco 2009-2011 sono entrati in funzione: • 1.315 MW a carbone • 253 MW di idroelettrico • 61 MW di geotermico • 1.100 MW a biomasse Si segnala che nello stesso periodo sono stati installati circa 2.300 MW di eolico e quasi 10.000 MW di fotovoltaico. Nel complesso, pur con la accennata esclusione, a fronte di una capacità prevista nella Policy di oltre 2.300 MW, nel triennio sono entrati in funzione circa 2.700 MW. Le elevate realizzazioni hanno ridotto i CNF che sono passati da 4 a 3,2 miliardi di €, grazie ad un BAF di oltre 800 milioni di €. Le realizzazioni più che positive nelle rinnovabili evidenziano un extra- BAF netto7 di circa 100 milioni di €. Gli extra-BAF generati nel biennio 2009-2010 hanno più che compensato i CNAF del 2011. Figura 5 – Centrali elettriche: l’andamento dei CNF e delle realizzazioni nel triennio 2009-2011
Gli elettrodotti
Nel triennio considerato lo sviluppo della rete elettrica è stato particolarmente intenso. Oltre alle reti di trasmissione in alta e altissima tensione sono entrate in funzione numerose stazioni elettriche, molto importanti per lo sfruttamento delle rinnovabili. Di particolare rilievo è l’inaugurazione nel 2009 e nel 2010 dei due cavi sottomarini del SAPEI, essenziali per lo sfruttamento delle produzioni termoelettriche e per quelle da fonte eolica della regione Sardegna. In particolare nel triennio sono entrati in esercizio: • 610 km di rete nel 2009 • 585 km di rete nel 2010 • 360 km di rete nel 2011 Come indicatoci da Terna, sono stati complessivamente installati quasi 1.550 km addizionali di reti, il 50% in più rispetto ai circa 1.000 km previsti dalla Policy. In un’ottica di equilibrio del sistema elettrico, lo sviluppo degli elementi di rete è fondamentale. Infatti, essi permettono di evitare interruzioni di forniture; di sbloccare le capacità produttive più efficienti, riducendo le emissioni del parco elettrico e i costi di generazione; contenere le perdite di rete, evitando la costruzione di nuovi impianti, inutili data anche situazione di overcapacity del Paese. Lo sviluppo della rete ha permesso di ridurre in modo sensibile il CNF di comparto, passato da 19,5 a 14,2 miliardi di € grazie a un BAF di 5,3 miliardi di €; quest’ultimo comprende un extra-BAF di circa 1,7 miliardi di €. In questo quadro, nulli sono stati i CNAF. Figura 6 – Elettrodotti: l’andamento dei CNF e delle realizzazioni nel triennio 2009-2011
I rigassificatori
La classe in esame è rimasta invariata nel triennio. Invero, la rilevanza strategica di tali impianti si è in parte ridimensionata. Ciò soprattutto per due fattori: la riduzione dei consumi e gli sviluppi delle infrastrutture negli anni scorsi. Inoltre, sono in progetto sia nuovi gasdotti (Galsi, TAP e Southstream), sia ampliamenti degli esistenti (Greenstream). In quest’ottica, la nuova Policy per il settore riduce il fabbisogno di nuove infrastrutture di questo tipo. In particolare, non sono necessari nuovi rigassificatori per soddisfare la domanda interna, mentre resta sostanzialmente valido il tema della strategicità della diversificazione delle fonti di approvvigionamento e della creazione di un hub del gas nel Paese. Per tali fini, il fabbisogno addizionale di capacità è stimabile in 9 G(m3). In conclusione, l’andamento dei CNF per questi impianti riflette le non realizzazioni. Il CNF è invariato e pari a 2,5 miliardi di € (ipotesi hub), mentre il CNAF, ovvero il costo sopportato per l’inerzia, è di circa 460 milioni di €.
Conclusioni
Sovraccapacità produttiva, impianti nuovi sottoutilizzati, abbandono del nucleare, squilibri del mix e delle localizzazioni, elevato costo delle rinnovabili, proiezioni della domanda statiche, costi ancora elevati, sono tra le questioni che dovranno essere attentamente valutate a livello governativo per fissare nuove politiche energetiche. Politiche che dovranno puntare più sull’efficienza dei consumi e sullo sviluppo “intelligente” delle reti piuttosto che sulla crescita disorganica di nuova capacità di generazione. Figura 7 – Rigassificatori: l’andamento dei CNF nel triennio 2009-2011
Il settore dei rifiuti nel triennio 2009-2011
Lo sviluppo infrastrutturale del settore rifiuti nel triennio 2009- 2011 è stato disomogeneo nei diversi comparti risultando nel complesso negativo. Il comparto della termovalorizzazione è partito bene, con un 2009 molto positivo, per poi flettere nel 2010 e ancora di più nel 2011. Le realizzazioni di impianti di compostaggio, invece, si sono mantenute sempre al di sotto degli obiettivi di Policy. Nel complesso, nel triennio si sono realizzati: • 9 termovalorizzatori (2 nuovi e 7 ristrutturati) per una capacità aggiuntiva di 2,1 milioni di ton di RSU all’anno • impianti di compostaggio con una capacità totale di circa 550 kton/anno. Come evidenziato, il dato particolarmente positivo del 2009 è dovuto principalmente all’entrata in funzione dell’impianto campano di Acerra, con una capacità di 1,2 milioni di ton/anno, che ha permesso almeno in parte di controbilanciare l’inerzia degli anni successivi. Le realizzazioni del triennio hanno ridotto poco il CNF al 2024 che è passato da 24,7 a 22,3 miliardi di €, grazie a un BAF di 3,1 miliardi di €, comprensivo di un extra-BAF di circa 550 milioni di €. L’inerzia ha generato un consistente CNAF, solo in parte compensato dagli extra-BAF del 2009. In conclusione, i costi già sostenuti nel triennio 2009-2011 per il mancato raggiungimento degli obiettivi di Policy sono stati 1,5 miliardi di €. A ciò si aggiungono i 22,3 miliardi di € che la collettività rischia di pagare qualora non si faccia più nulla fino al 2024. Lo scarso sviluppo infrastrutturale del settore riflette una serie di criticità che da anni ormai affliggono il sistema. In primo luogo la forte disomogeneità tra Nord e Sud del Paese: in molte regioni del Nord, ad esempio, le percentuali di raccolta differenziata superano la media europea, mentre nel Sud non si raggiunge il 15%. La RD, poi, non sempre si traduce in recupero di materia, e una rilevante quota di sovvalli va in discarica. La discarica resta ancora la principale forma di smaltimento, con il 49% in media nazionale. Inoltre, la frammentazione degli operatori non permette di mobilitare risorse tecnologiche e finanziarie necessarie alla modernizzazione del settore. A ciò si aggiungano i tempi incerti per le autorizzazioni ai nuovi impianti e la frammentazione delle competenze tra i diversi livelli di governo, che scoraggiano i potenziali investitori. Figura 8 – Rifiuti: l’andamento dei CNF nel triennio 2009-2011
I termovalorizzatori
Nel triennio 2009-2011 il comparto è, dunque, cresciuto più di quanto non sia accaduto nel triennio precedente anche se, nel complesso, si è mantenuto al di sotto degli obiettivi di Policy. Quattro gli impianti avviati nel 2009, tra cui Acerra, mentre nel 2010 e nel 2011 sono rispettivamente 2 e 3, tra l’altro di piccole dimensioni. In dettaglio si tratta degli impianti di Acerra (1.200 kton/a), e di Roma (75 kton) e del riavvio di quelli di Padova (100 kton/a), di Modena (240 kton/a), di Coriano (140 kton/a), di San Vittore (200 kton/a), di Bolzano (130 kton), di Montale (39 kton) e di Rufina (68 kton). In sintesi, la capacità di termovalorizzazione è aumentata di 2,1 milioni di ton annue (1,6 nel 2009, 0,3 nel 2010 e 0,2 nel 2011), riducendo il fabbisogno teorico da 310 a 270 milioni di ton. Il fabbisogno impiantistico si è così ridotto nel periodo da 97 a 85 termovalorizzatori da 200 kton. L’incidenza dei rifiuti urbani termovalorizzati sul totale dei rifiuti prodotti sale dal 18,1% al 24,7%, un risultato non modesto, ma ancora lontano dal 60% della Policy che si basa su una RD del 65%, tuttavia penalizzata da non modesti sovvalli. Come mostra la Figura 9, gli avvii di questi due anni hanno permesso di evitare costi per 2,6 miliardi di € (BAF), riducendo il CNF di comparto da 21,4 a 18,7 miliardi di €. Tuttavia, i Costi del Non Aver Fatto, già pagati a causa dell’inerzia di questa classe impiantistica, ammontano a 1,4 miliardi di €. Figura 9 – Termovalorizzatori: l’andamento dei CNF e delle realizzazioni nel triennio 2009-2011
Gli impianti di compostaggio
Le realizzazioni di impianti di compostaggio sono state nel triennio piuttosto modeste. La capacità è cresciuta nel complesso di 550 kton/annue. In tre anni si è raggiunto l’obiettivo di Policy previsto per un solo anno. La quota di rifiuti solidi urbani trattata negli impianti è aumentata di poco passando dal 9,5% del 2008 al 10,7% del 2011. Lo sviluppo, ancorché modesto, della capacità di compostaggio è dovuto all’entrata in funzione nel 2009 di impianti per circa 150 kton, e di impianti per circa 200 kton sia nel 2010 che nel 20118. Il fabbisogno infrastrutturale si è ridotto da 69 a 60 unità da 50 kton ciascuna. In conclusione, per il mancato raggiungimento degli obiettivi di Policy annui, il CNF di comparto al 2024 si è abbassato di poco, passando da 3,3 a 3,1 miliardi di €. L’inerzia ha invece generato oneri per la collettività di circa 380 milioni di € a fronte di mancati costi per complessivi 250 milioni di €.
Conclusioni
Per rilanciare il settore è necessario attivare politiche forti per attrarre capitali privati rendendo, ad esempio, obbligatori obiettivi regionali di termovalorizzazione dei rifiuti9. Serve poi una chiara normativa di settore che dia sufficienti garanzie ai potenziali investitori e una chiara definizione delle competenze tra i diversi organi di governo. Infine, oltre a provvedimenti idonei a favorire la crescita dimensionale degli operatori, appare utile una Authority di settore che definisca regole chiare e fornisca regole stabili al sistema. Figura 10 – Impianti di compostaggio: l’andamento dei CNF e delle realizzazioni nel triennio 2009-2011
Il settore delle autostrade
Il settore della viabilità stradale nel triennio 2009-2011
Un triennio di piccoli passi avanti per le autostrade, ma non sufficienti a colmare il ritardo accumulato negli ultimi decenni. Realizzazioni per 153 km dal 2009 al 2011 hanno qualche valenza incoraggiante (soprattutto nel 2010), ma sono ancora distanti da ragionevoli obiettivi di Policy per il 2024. L’inerzia si traduce in costi per incidentalità, nel permanere di congestioni, nonché in irrisolti impatti ambientali. In effetti, nel triennio abbiamo stimato CNAF per 13,5 miliardi di € (Figura 11). I 153 km costruiti nel periodo vanno confrontati con i 324 km fissati dalla nostra Policy (108 km annui). È opportuno sottolineare che le realizzazioni del triennio comprendono sia le nuove tratte autostradali, sia l’ampliamento a tre e a quattro corsie delle tratte esistenti. Ai fini della nostra analisi, infatti, il potenziamento delle opere esistenti migliora sostanzialmente la viabilità e genera benefici significativi, riducendo le congestioni e aumentando la sicurezza della rete autostradale. Le realizzazioni, ancorché insufficienti, hanno comunque prodotto nel triennio BAF pari a 12,5 miliardi di €, riducendo, dunque, il valore dei CNF di settore al 2024 da 138,5 a 126 miliardi di €. Va però sottolineato che l’accennato CNAF di 13,5 miliardi € grava sul singolo cittadino per 75 € l’anno. Nel complesso, il fabbisogno infrastrutturale al 2024 passa da 1.720 km a circa 1.567 km, ben lontano dai 1.400 km previsti dalla Policy. In particolare, nel triennio sono stati costruiti, tra potenziamenti e nuove autostrade: • 33 km nel 2009; • 70 km nel 2010; • 50 km nel 2011. Nel 2009 i 33 km si riferiscono a: un tratto della Portogruaro-Conegliano (1,8 km); un tratto della Catania- Siracusa-Gela (25 km); l’ampliamento a tre corsie della A1 Casalecchio- Sasso Marconi (4 km); un tratto delle Autostrade Meridionali (2 km). L’apertura al traffico di queste opere ha comportato BAF per 3,8 miliardi di €, a fronte di un CNAF ben più elevato di 5 miliardi di €. Nel 2010 i 70 km si suddividono tra: il completamento della Portogruaro- Conegliano (circa 3 km); l’ampliamento a tre corsie delle Autostrade meridionali (circa 4 km); l’ampliamento a tre corsie della A14 nel tratto Ancona Sud- Porto San Elpidio (37 km) e l’ammodernamento e il potenziamento di due tratte della Salerno- Reggio Calabria: la Sala Consilina- Padula (16 km) e la Gioia Tauro- Palmi (10 km). Figura 11 – Autostrade: l’andamento dei CNF nel triennio 2009-2011
Sebbene siano superiori al 2009, le realizzazioni non raggiungono gli obiettivi di Policy e così, a fronte di un BAF di 6 miliardi di €, il CNAF è di 2,6 miliardi di €. Nel 2011 si prevede l’apertura al traffico di una nuova tratta della Asti-Cuneo (10 km) e l’ammodernamento di circa 40 km di autostrade già esistenti: un tratto della Salerno-Reggio Calabria (6 km) e due tratte della A1 Barberino- Incisa (13,5 km). Ciò determina un BAF di 2,5 miliardi di €, a fronte di un CNAF di 6 miliardi di €. Come riassunto nella Figura 12, l’apertura nel triennio dei 143 km di autostrade (linea rossa) non è sufficiente a raggiungere gli obiettivi di Policy da noi stimati nel periodo 2009-2024 (linea blu); appare anzi una evidente divaricazione. Nel complesso, dunque, l’insufficiente sviluppo del settore autostradale e delle tangenziali a pedaggio non ovvia al deficit infrastrutturale del Paese, confermandosi inadeguato alle esigenze della domanda, sia rispetto ai programmi di sviluppo dei principali paesi europei.
Conclusioni
È ben noto che una rete autostradale efficace ed efficiente è la chiave di volta per favorire la competitività a lungo termine del Paese. Così come una corretta politica del comparto dovrebbe puntare alle reali priorità che derivano dalla lettura delle effettive esigenze del territorio. In tal senso, approfondite analisi Costi-Benefici sono essenziali per evitare sprechi di risorse soprattutto nella attuale fase di ristrettezze finanziarie e di sviluppo rallentato del Paese. In ultimo, ma non per questo meno rilevante, le scelte vanno poi traguardate nell’ottica di rilancio del sistema logistico complessivo (ferrovie, porti, interporti, ecc.) che oggi costituisce una forte vincolo ai processi di crescita economici e sociali. Figura 12 – Autostrade: le realizzazioni nel triennio 2009-2011
Il settore delle ferrovie
Il settore ferroviario nel triennio 2009-2011
I risultati nel settore ferroviario sono, più che in altri casi, condizionati dalla metodologia adottata: si considerano cioè solo le infrastrutture effettivamente entrate in esercizio che, ad evidenza, sono il frutto dell’impegno profuso negli anni precedenti. Si spiega così l’andamento decrescente del periodo 2009-2011 sia per le tratte ad Alta Velocità e ad Alta Capacità (AV/AC), sia per il potenziamento delle linee convenzionali. Il 2009 si è caratterizzato per la crescita superiore rispetto al valore medio annuo della Policy: l’inaugurazione dell’AV/AC tra Milano- Roma-Napoli è stata affiancata da nuove tratte e dal potenziamento delle linee convenzionali. Ciò ha determinato un BAF di 17,2 miliardi di €, di molto superiore al CNFP di 9,8 miliardi di €, generando, dunque, un extra-BAF di 7,4 miliardi di € (Figura 13). Nel 2010, le realizzazioni al di sotto alla Policy, soprattutto nelle linee convenzionali, determinano un CNAF di 2,7 miliardi di €, controbilanciati però da un BAF di 7,1 miliardi di €. Nel 2011, infine, a fronte di uno sviluppo inferiore rispetto agli anni precedenti di linee convenzionali, non si rileva alcuna attivazione di linee AV/AC. Ciò comporta un BAF di 3,1 miliardi €, e un CNAF di 6,8 miliardi di €. Nel complesso, nel triennio 2009- 2011, emerge un BAF cumulato pari a 27,3 miliardi di €, di cui 7,4 miliardi di € di extra-BAF; ciò grazie alle notevoli realizzazioni del 2009 nella AV/AC. Tuttavia, si evidenzia un CNAF pari a 2,2 miliardi di €, sostanzialmente a causa delle scarse messe in opera tra il 2010 e il 2011.
Le ferrovie AV/AC
Le realizzazioni dell’ultimo quinquennio per le linee ferroviarie AV/AC ha permesso di portare il Paese a un buon livello di infrastrutturazione rispetto ai principali paesi europei. Ha, inoltre, contribuito ad aumentare l’efficienza e la sicurezza del sistema ferroviario, specialmente lungo le direttrici più frequentate e sature; a migliorare l’accessibilità dei grandi nodi urbani, accrescendo anche la concorrenzialità rispetto agli altri mezzi di trasporto. Questi risultati positivi, in parte confermati nel biennio 2009-2010 con l’entrata in esercizio di 193 km10 di nuove linee AV/AC, come evidenziato nello Studio 2010, potrebbero essere a rischio se venisse confermata, negli anni successivi, la assenza di nuove opere registrata anche nel 2011. Nello specifico, nel 2009 sono stati avviati ben 143 km di nuove linee AV/AC, molto al di sopra del trend medio (Figura 13 – Ferrovie: l’andamento dei CNF nel triennio 2009-2011) annuo da noi stimato in circa 53 km. Ciò ha comportato un BAF di 10,3 miliardi di €, comprensivo di un extra-BAF di 6,3 miliardi di €. Il 2010, invece, con 50 km di nuove linee, presenta un BAF di 3,6 miliardi di € (Figura 14) a fronte di un CNAF pari ad appena 0,4 miliardi di €. Nel 2011, invece, l’inerzia ha comportato CNAF pari a 4,1 miliardi di €11. Nel complesso, dunque, le realizzazioni nulle del 2011 vengono più che compensate dalla costruzione di opere in numero ben superiore a quanto previsto dalla Policy nel 2009 e in parte da quelle del 2010, determinando nel triennio un BAF di 14 miliardi di €, di cui 6,3 miliardi di € di extra-BAF.
Le ferrovie convenzionali
Le ferrovie convenzionali, pur mostrando un 2009 positivo, grazie a 54 km di nuove linee, evidenziano un rallentamento nel biennio 2010- 2011, con l’apertura di 68 km di tratte, al di sotto del fabbisogno del periodo pari a 88 km. Nel complesso, le realizzazioni del triennio 2009-2011 hanno generato un BAF cumulato di 13,4 miliardi di €. Ciò si contrappone a un CNAF cumulato di 3,9 miliardi di € dovuto essenzialmente alle minori realizzazioni del biennio 2010- 2011 (Figura 14). Nel dettaglio, il 2009 è stato l’anno con i migliori risultati. Infatti, i 54 km di linee convenzionali, riguardanti sia linee nuove sia ampliamenti di capacità di reti esistenti, sono al di sopra degli obiettivi di (Figura 14 – Ferrovie AV/AC: l’andamento del CNF e le realizzazioni nel triennio 2009-2011) Policy annui fissati; ciò ha generato un BAF di ben 6,9 miliardi di €, comprensivo di un extra-BAF di 1,1 miliardi di €. Nel 2010 continua il trend positivo di realizzazioni, anche se in misura minore rispetto al 2009. I 36 km di potenziamento dei nodi urbani, infatti, generano un BAF di 3,4 miliardi di €. Tuttavia, il non raggiungimento del fabbisogno infrastrutturale annuo determina un CNAF di 2,3 miliardi di €. Il 2011 è l’anno in cui le attivazioni risultano inferiori: 32 km, al di sotto del fabbisogno di periodo. A fronte di un BAF di 3,1 miliardi di €, dunque, si registra un CNAF di 2,7 miliardi di €. Nel complesso, dunque, il rallentamento nel biennio 2010-2011 compromette l’andamento positivo del primo anno riducendone i benefici.
Conclusione
Le linee ferroviarie AV/AC costituiscono una grande occasione di rilancio del trasporto ferroviario non solo per le lunghe distanze, ma anche per le merci e per gli spostamenti regionali e nelle aree metropolitane. Per questo è necessario che si completi il disegno AV/AC e si intervenga sul sistema infrastrutturale ferroviario nel suo complesso. Ciò si attua anche attraverso il potenziamento dei servizi, l’ammodernamento del parco rotabili, gli investimenti in tecnologie che permettono di efficientare l’intera rete, nonché attraverso la ridefinizione del ruolo delle stazioni come centro di aggregazione nevralgico dal punto di vista socio-economico e polo di interscambio nel territorio. Figura 15 – Ferrovie convenzionali: andamento dei CNF e realizzazioni nel triennio 2009-2011
Il settore idrico
Il settore idrico nel triennio 2009- 2011
Diffusa è la consapevolezza che la riforma del settore idrico, nonostante l’applicazione della Legge Galli, sia ancora largamente incompiuta. L’aspetto più critico è la strutturale incapacità di modernizzazione almeno in una parte consistente del territorio nazionale. Gli insufficienti investimenti hanno ripercussioni sull’efficienza delle reti e del servizio oltre che, punto che diventerà a breve di grande rilevanza, sul rispetto degli obblighi comunitari in materia di depurazione e di scarichi idrici. Le tariffe, tra le più basse d’Europa, e gli esiti del referendum per la parte sulla remunerazione del capitale investito, rendono oltremodo complesso il finanziamento degli investimenti con risorse diverse da quelle pubbliche a fondo perduto. Tali criticità trovano conferma nell’andamento delle realizzazioni nel triennio 2009-2011. Come mostra la Figura 16 sono scarse le sostituzioni di reti di acquedotto, di circa 3.000 km, e insufficiente è l’adeguamento degli impianti di depurazione, con un incremento di 1.000.000 di Abitanti Equivalenti (A.E.) serviti. Ciò ha comportato un CNAF di 4,2 miliardi di € e un BAF di appena 1,2 miliardi di €. L’andamento negativo riguarda tutti gli anni considerati. Si sottolinea che, data la scarsa disponibilità di dati, per la stima delle realizzazioni siamo partiti dalla analisi degli investimenti di alcune delle società12 operanti nel Settore Idrico Integrato (SII) in diverse aree del Paese (Nord, Sud e Isole) proiettando i dati sulla intera popolazione13. I valori così determinati sono stati confrontati con il fabbisogno medio annuo pari a 3.365 km per gli acquedotti, e a 500.000 A.E. per i depuratori. Ancora oggi, a fronte di una penetrazione molto ampia degli acquedotti (oltre il 96%), il sistema delle fognature copre solo l’86% del fabbisogno e la depurazione si ferma al 70%. Appare evidente che l’impasse può essere superata solo attraverso un riordino complessivo del comparto e con risorse sufficientemente ampie per investimenti, come gli addetti ai lavori hanno più volte ribadito. Secondo il BlueBook 201114, infatti, nei prossimi trent’anni saranno necessari più di 65 miliardi di € per investimenti; tali risorse dovranno essere destinate, in prevalenza, a interventi di fognatura e depurazione anche al fine di rispettare le norme europee in materia di scarichi idrici ed evitare così le pesanti sanzioni. Figura 16 – Il settore idrico: l’andamento dei CNF nel triennio 2009
Gli acquedotti
Le reti acquedottistiche nel triennio 2009-2011 presentano un quadro realizzativo poco positivo. Secondo le nostre stime, in questi anni sono stati sostituiti rispettivamente 800 km, 1.700 km e 580 km di rete. Tali valori sono ben al di sotto degli obiettivi di Policy al 2024 che indicano in circa 3.300 km il fabbisogno infrastrutturale annuo di sostituzioni. Come mostrato nella Figura 17, la scarsa crescita ha determinato un BAF di appena 936 milioni di € a fronte di un CNAF molto elevato e pari a 4 miliardi di €. Nel 2009 gli 800 km di rete di acquedotti sostituiti hanno comportato CNAF per 1,4 miliardi di € e BAF per 290 milioni di €. Anche il 2010 mostra risultati non incoraggianti, seppur di poco più elevati, dovuti al maggior numero di km di rete sostituiti e pari a 1.700. Il BAF, dunque, è di 400 milioni di €, mentre il CNAF ammonta a 1,2 miliardi di €. Nel 2011, le previsioni, in linea con i risultati del 2009, mostrano scarse realizzazioni, stimate in 580 km, generando un CNAF di 1,4 miliardi di €, a fronte di un BAF di soli 240 milioni di €.
I depuratori
Il Paese, soprattutto in alcune aree, soffre, da tempo, di gravi carenze nel sistema di depurazione che hanno determinato negli anni numerosi richiami da parte della UE per la violazione delle direttive sul trattamento delle acque reflue15; oggi incombente è il rischio di incorrere in sanzioni comunitarie di notevole rilievo. Nel triennio 2009-2011 (Figura 18), a fronte di alcuni progressi dovuti alla messa a norma di impianti esistenti (capaci di servire circa un milione A.E.), si evidenzia nel complesso uno sviluppo insufficiente a colmare il fabbisogno infrastrutturale al 2024. Emerge così un BAF di 292 milioni di € a cui corrispondono costi di mancata realizzazione, CNAF, per 172 milioni di €. Ci preme sottolineare che tali risultati devono essere letti con prudenza per due ordini di motivi. Innanzi tutto perché il metodo di stima potrebbe generalizzare una situazione che, nella realtà, è più complessa e variegata: accanto a contesti virtuosi, come Piemonte, Veneto o Emilia-Romagna, ve ne sono altri definibili, fuor di metafora, disastrosi ove la copertura è di poco superiore al 50%. In secondo luogo, gli scenari di Policy sono certamente ambiziosi: si punta a una copertura dell’85% della popolazione che dovrà essere raggiunta entro il 2024 dal servizio in esame.
Conclusioni
Per accelerare lo sviluppo delle reti e migliorare l’efficienza del servizio preme ribadire i punti dello Studio 2010: una seria riforma del settore che superi le numerose incertezze accresciute dagli esiti referendari; la costituzione di una Autorità indipendente, con caratteristiche simili a quella del gas e dell’elettricità, che stabilisca regole generali valide per tutto il Paese; la mobilitazione di risorse per le infrastrutture che rendano effettivo il diritto di tutti di accesso all’acqua e di tutela dell’ambiente. È assolutamente necessario, inoltre, investire nel completamento delle reti di depurazione e di fognatura, tra loro strettamente collegate. A tal fine la rimozione degli ostacoli oggi esistenti al finanziamento delle opere costituisce una priorità imprescindibile. Figura 18 – Depuratori: l’andamento dei CNF e le realizzazioni nel triennio 2009-2011
La procedura standardizzata
Lo scorso anno, nella prospettiva di superare gli ostacoli alla realizzazione delle infrastrutture, abbiamo esaminato attentamente, sulla base della letteratura più qualificata e recente, le criticità procedurali. Questo ci ha permesso di elaborare un modello mirato ad agevolare gli iter di approvazione delle opere, ottimizzando i tempi e la qualità delle scelte. Si tratta di una Procedura Standardizzata che prevede delle modalità chiare e articolate di sviluppo dell’opera e che consente di elaborare tutte le informazioni utili per la PA al fine di assumere decisioni razionali, accettate e, per quanto possibile, definitive evitando la reiterazione degli iter. Questo modello è: • Strutturato, evidenzia fasi e momenti decisionali tipici e critici; • Ottimizzante, permette di assumere decisioni fondate, consapevoli e corrette; • Stabile, non lascia spazio, se non in casi estremi, alla revisione delle decisioni assunte; • Progressivo, determina la crescita delle risorse impiegate nella valutazione/progettazione man mano che si verificano validità e accettabilità della iniziativa. • Partecipato, coinvolge tutti i soggetti direttamente o indirettamente interessati dalla realizzazione dell’infrastruttura attraverso strumenti democratici di concertazione. Figura 19 – L’iter procedurale standardizzato
L’analisi dei casi
Al fine di testare il modello della Procedura Standardizzata, abbiamo ricostruito la storia di una serie di casi di infrastrutture caratterizzate da iter autorizzativi particolarmente problematici. In tutti i casi analizzati, la presenza di molteplici fattori di ostacolo ha accresciuto oltre misura i tempi e i costi di realizzazione dell’opera. Nello studio, dunque, oltre a individuare le criticità autorizzative con riguardo alla loro diversa natura, abbiamo ipotizzato soluzioni mutuandole dal modello descritto. L’analisi dei casi ha permesso di enucleare le 10 tematiche più rilevanti rispetto alle quali abbiamo elaborato le linee guida per una proposta di Legge tesa al rilancio delle realizzazioni infrastrutturali nel nostro Paese. La Figura 20 riassume le criticità emerse, la loro importanza per le singole infrastrutture (maggiore al crescere dei punti rossi) e le proposte per superarle. Le opere rappresentano i settori oggetto di studio dell’Osservatorio e sono: • Il rigassificatore di Porto Empedocle • La ferrovia Pontremolese • L’autostrada Tirrenica • Il sistema di depurazione delle acque reflue • Il termovalorizzatore di Gioia Tauro • La diga del Lago Badana. Figura 20 – L’iter procedurale standardizzato: l’analisi dei casi
Quali, in grande sintesi, i puntichiave? In primo luogo, le questioni normative presenti in tutti i casi analizzati che sono all’origine di molte delle altre problematiche riscontrate. Scarsa chiarezza, bassa efficacia e, addirittura, errori sono i rilievi più spesso sollevati. Molto importanti risultano anche i vincoli finanziari, comuni ai settori della logistica e dell’ambiente, dove sono fondamentali le risorse pubbliche. In questi casi la crisi della finanza pubblica e la scarsa capacità di spesa degli enti locali, a causa del patto di stabilità, hanno minato i processi realizzativi. In molti dei casi analizzati si lamentano tempi lunghi per il rilascio delle autorizzazioni da parte degli enti locali e delle amministrazioni centrali; la mancanza di tempi perentori e di sanzioni a carico dei soggetti inadempienti può accompagnarsi a comportamenti ostruzionisitici. Spesso, poi, i ritardi nelle autorizzazioni derivano dalle numerose richieste di integrazione e di revisione dei progetti. Ciò anche per la scarsa attenzione dedicata alla pianificazione e progettazione e per il modesto coinvolgimento della PA nelle fasi a monte. Spesso, dunque, la non efficace strutturazione dell’iter procedurale risulta molto importante poiché rallenta, quando non blocca, le realizzazioni. Ciò di frequente comporta la necessità di riavviare l’iter, ripercorrendo fasi teoricamente già concluse. Circa la questione Nimby, l’analisi ne conferma la rilevanza, anche se non risulta essere la principale causa dei blocchi. Le opposizioni degli stakeholder generano ritardi nella realizzazione delle opere e molto spesso provocano indecisionismo o opportunismo del sistema politico a livello locale e nazionale. Il tema delle misure compensative non sembra essere cruciale anche se in certi casi incide fortemente sui costi complessivi fino a pregiudicare l’equilibrio economico. Inoltre, troppo di frequente le amministrazioni locali subordinano il rilascio delle autorizzazioni alla contrattazione di queste misure, condizionando anche i tempi di realizzazione. Le questioni tecniche sono di rado causa di ostacoli. Ciò anche se, in particolar modo nelle opere lineari, si devono spesso fronteggiare criticità tecniche dovute alla complessità del territorio e, in parte, alla scarsa attenzione dedicata alla progettazione. Il tema dell’alternanza e dell’incertezza politica è legato agli avvicendamenti dei governi nazionali e locali. I rallentamenti derivano dalla necessità di riaccreditare l’opera con i nuovi amministratori. I contenziosi tra i diversi livelli di governo sono molto più frequenti di quanto non emerga nei casi. Essi sono trasversali a tutti i settori e nascono anche dalla previsione costituzionale delle competenze concorrenti di Stato e Regioni in materia di realizzazione delle infrastrutture energetiche, viarie e ambientali. Per quanto riguarda il tema dei ricorsi giurisdizionali emerge dall’analisi che sono spesso infondati e hanno come effetto prevalente quello di ritardare la realizzazione delle opere.
Il rigassificatore di Porto Empedocle
Il progetto riguarda la realizzazione da parte di Enel di un terminale di rigassificazione di GNL da 8 G(m3) nel comune di Porto Empedocle. L’iter autorizzativo ha occupato complessivamente un arco temporale di 7 anni; in questo periodo i costi di realizzazione previsti in origine sono lievitati da 600 milioni di €, nel 2004, a 850 milioni di €, nel 2011.
La storia
L’iter di realizzazione del rigassificatore di Porto Empedocle inizia nel luglio 2004 con la richiesta di autorizzazione alla Regione Sicilia. Nell’ottobre 2004 prende le mosse la procedura di VIA e vengono richiesti i nulla osta ambientale e alla sicurezza. A giugno 2005 giunge dalla Regione il primo Nulla Osta di Fattibilità (NOF). Nel marzo 2006 la Commissione VIA valuta favorevolmente le opere a terra e avanza delle osservazioni per le opere a mare. Nell’ottobre dello stesso anno Enel, recependo le indicazioni, presenta un adeguamento progettuale. A dicembre 2006 il Ministero dell’Ambiente (MATTM) chiede nuovi approfondimenti e integrazioni. A marzo 2008 il Ministero per i Beni Culturali (MiBAC) rilascia parere favorevole. Ad aprile 2008 la Commissione VIA emette un parere favorevole ma con prescrizioni. A settembre 2008 viene, infine, rilasciato il Decreto di Compatibilità Ambientale del MATTM e del MiBAC. Nel gennaio 2009 la Regione Sicilia rilascia parere favorevole finale, ma solo a ottobre 2009, raggiunto l’accordo sulle misure compensative, emette il Decreto autorizzativo alla costruzione ed esercizio. Sembrava tutto pronto a partire ma nel gennaio 2010 il Comune di Agrigento, la Camera di Commercio di Agrigento, Legambiente e Codacons presentano ricorsi per annullare il Decreto VIA, accolti dal Tar del Lazio che annulla tutte le autorizzazioni. Nel luglio 2011, l’esito positivo del ricorso da parte di Enel al Consiglio di Stato rende nuovamente efficace il decreto autorizzativo.
Le criticità
• Tempi lunghi per autorizzazioni: complessità e durata dell’iter • Numerose richieste di integrazioni: il MATTM richiede per tre volte informazioni integrative e nuove valutazioni • Mancanza di chiarezza e univocità delle procedure per l’iter autorizzativo • Contestazioni successive all’autorizzazione: ricorsi ai tribunali amministrativi e al Consiglio di Stato. • Misure compensative: decreto autorizzativo della Regione “subordinato” all’accordo sulle misure compensative; forte incidenza delle misure sul costo complessivo dell’opera.
Le proposte
• Accentramento delle autorizzazioni in un unico momento • Certezza dei tempi • Maggiore attenzione alla fase di pianificazione • Introduzione del dibattito pubblico • Limitazione dei ricorsi ai tribunali amministrativi • Limitazione delle misure compensative.
La ferrovia Pontremolese
Il progetto di potenziamento della Pontremolese, la linea ferroviaria di trasporto merci tra La Spezia e la Bologna-Milano in corrispondenza di Parma, riguarda il completamento del raddoppio della linea, per uno sviluppo complessivo di 60 km nel tratto Parma-La Spezia. Il costo stimato è pari a 2,3 miliardi di €.
La storia
L’avvio può essere collocato nel dicembre 2001, allorché l’opera è inserita nel Programma delle Infrastrutture Strategiche16. Nel giugno 2003 Rete Ferroviaria Italiana (RFI) invia al Ministero delle Infrastrutture (MIT) il progetto preliminare (PP), iniziando la procedura di VIA. In seguito, le regioni interessate (Liguria, Emilia- Romagna e Toscana) e gli enti locali esprimono parere positivo con prescrizioni in merito alla compatibilità ambientale. Nel luglio 2005 la commissione VIA esprime parere favorevole. Nel dicembre 2007 il Cipe approva, con prescrizioni e raccomandazioni, il PP con un costo complessivo dell’opera di 2,3 miliardi di €. Nel luglio 2008 la Corte dei Conti ricusa il visto alla registrazione della delibera Cipe. Nel 2009 il MIT, al fine di superare le problematiche sollevate dalla Corte dei Conti, individua un primo lotto funzionale e richiede la immediata assegnazione di risorse per 0,2 miliardi €; in questo modo è stato possibile sottoporre di nuovo l’intervento al Cipe. Sempre nel 2009 il Cipe approva il progetto preliminare dell’opera assegnando un primo finanziamento di circa 0,3 miliardi di €. La fine dei lavori è prevista entro il 2021 sempre che siano reperite le risorse finanziarie.
Le criticità
• Difficile reperimento di risorse per opere complesse e dal notevole impatto finanziario a carico degli ammontari destinati alla rete convenzionale • Stanziamenti parziali di risorse, ad esempio per la progettazione, ma non per la realizzazione dell’opera • Variazione di costo a causa delle sopraggiunte prescrizioni • Incertezza su come finanziare le prescrizioni VIA • Freno della Corte dei Conti sulla assegnazione delle risorse per la progettazione • Difficoltà di realizzazione degli interventi sui versanti toscano ed emiliano-romagnolo e complessità del progetto della Galleria di Valico • Caratteristiche particolari e complesse delle linee di trasporto merci • Tempi lunghi per autorizzazioni di VIA e allungamento dei tempi di realizzazione • Contenzioso Cipe-Corte Conti.
Le proposte
• Maggiore attenzione alla fase di pianificazione e programmazione delle risorse • Certezza negli stanziamenti delle risorse finanziarie • Maggiore attenzione alla fase di progettazione delle opere • Accentramento delle autorizzazioni in un unico momento • Introduzione del Dibattito Pubblico alla francese • Definizione di tempi perentori per le autorizzazioni.
La A12 Rosignano-Civitavecchia
Sul progetto dell’Autostrada A12 Rosignano-Civitavecchia, nota come Tirrenica, discutono da oltre 40 anni Governo, Regione Toscana ed enti locali, data la rilevanza dell’opera per lo sviluppo della viabilità locale e nazionale. L’autostrada, che si sovrappone alla Aurelia, è di 206 km e si divide in due tronchi, Nord e Sud; si prevede il collegamento tra due tratte esistenti: la Roma-Civitavecchia e la Genova-Rosignano. Il costo previsto è di circa 2 miliardi di €17.
La storia
Nel dicembre 2001 la Tirrenica viene inserita come opera strategica nella Legge Obiettivo. Nel 2005 la Società Autostrada Tirrenica (SAT), concessionaria dell’opera, presenta il PP e lo Studio di Impatto Ambientale (SIA). Nel 2006 la commissione VIA esprime parere favorevole, con prescrizioni, e nel dicembre 2008 il PP viene approvato dal Cipe. Nel dicembre 2009 si dà avvio al primo lotto nel tratto Rosignano- Cecina (4,5 km). Nel luglio 2010 il Cipe, su sollecitazione del Ministero delle Finanze, richiede a SAT di elaborare un nuovo piano economico finanziario, con lo scopo di non gravare sulla spesa pubblica statale. A seguito di ciò, nel dicembre 2010 viene sottoscritto l’accordo tra MIT, SAT, Regione Toscana, Provincia di Livorno e Comune di Piombino per mutamenti sostanziali del PP che era stato approvato dal Cipe nel 2008. Nel maggio 2011, il Cipe approva il Progetto Definitivo (PD) dei 14,6 km (Civitavecchia-Tarquinia) i cui cantieri sono stati avviati nell’ottobre dello stesso anno. Nel giugno 2011 l’Anas dà il via libera definitivo al nuovo progetto. Nello stesso mese si inaugura la nuova Barriera di Rosignano e il collegamento tra la Livorno-Rosignano e la Variante Aurelia. Il progetto relativo alle tratte non ancora avviate è attualmente in Conferenza dei Servizi (CdS), cui seguirà l’istruttoria del MIT e la delibera del Cipe per il via definitivo ai cantieri. Si prevede che l’intera opera sarà completata entro il 2017.
Le criticità
• Diverse varianti di progetto nel corso degli anni • Eccessiva onerosità che porta alla revisione dei costi dell’opera (da 3,8 a 2,2 miliardi di €) • Varie reiterazioni dell’iter • Opposizioni delle popolazioni sulla localizzazione dell’opera • Numerose prescrizioni e opere compensative • Tempi per le autorizzazioni troppo lunghi • Svariati cambi di amministrazioni che causano il blocco delle procedure o la reiterazione dei processi autorizzativi • Criticità legate alla Legge obiettivo (ad es. tempi non perentori delle autorizzazioni).
Le proposte
• Attenzione alla programmazione degli interventi e della razionalizzazione della spesa • Introduzione del dibattito pubblico • Accentramento delle autorizzazioni in un unico momento • Investire di più e meglio nella progettazione • Regolamentazione delle misure compensative.
Il sistema di depurazione delle acque reflue
Le riflessioni che seguono derivano dall’analisi di un “caso generico” ove tuttavia si ripercorre l’iter autorizzativo reale, ponendo in evidenza le criticità.
La storia
La realizzazione di impianti di depurazione è sempre anticipata da una fase “preliminare” di ideazione e programmazione; tale fase (Il Piano d’Ambito – PdA) comprende l’intero disegno delle opere (depuratori, sistemi fognari, acquedotti, ecc.) da realizzare, completare o migliorare in un determinato territorio. Ciò si innesta nel programma di investimenti teso a rendere il SII efficiente e di qualità. Questa attività progettuale si concretizza con la sottoscrizione di Accordi di Programma Quadro e di successivi atti integrativi per definire modalità e fonti di finanziamento pubblico del PdA e l’approvazione di POT (Piano Operativo Triennale). Si avvia poi la redazione del Documento Programmatico Preliminare (DPP) e il successivo conferimento dell’incarico di Progettazione, che dà l’avvio al PP. Durante il PP vi è la richiesta di un parere preliminare per verificare l’interesse archeologico, la assoggettabilità alla VIA e l’avvio del procedimento di esproprio. La CdS è solo eventuale. L’elaborazione del PD si accompagna alla richiesta di autorizzazioni come, ad esempio, la verifica di assoggettabilità alla VIA o le concessioni edilizie e le conformità urbanistiche. Anche durante questa fase la CdS è eventuale. Con l’approvazione del PD/PE viene acquisito l’impegno di spesa da parte dell’ente finanziatore per la copertura finanziaria del progetto a mezzo di contributi pubblici e/o proventi tariffari. Segue la messa a gara dei progetti e la conseguente costruzione.
Le criticità
• CdS solo eventuale • Mancanza di termini temporali di riferimento perentori • Carente coinvolgimento degli enti locali, non sempre coinvolti sin dalle fasi iniziali • Difficoltà nello sviluppare la condivisione sugli obiettivi da raggiungere e sui progetti da realizzare • Probabile lievitazione degli investimenti previsti • Prevalere di visioni parziali e conflittuali del progetto • Modalità di svolgimento della VIA: solo sul PD e parere preliminare durante il PP, con il rischio di revisione del progetto.
Le proposte
• Rendere obbligatoria la CdS estendendo il principio di silenzio- assenso anche alle autorizzazioni di carattere ambientale • Introduzione del dibattito pubblico alla francese • Accentramento delle autorizzazioni in un unico momento • Definizione di tempi perentori per le autorizzazioni • Maggiore accuratezza nella analisi economico-finanziaria • Contestuale approvazione del progetto e rilascio delle autorizzazioni all’esercibilità della opera.
Il termovalorizzatore di Gioia Tauro
Il caso riguarda un impianto di termovalorizzazione in grado di trattare 120 kton/anno di CDR e 30 kton/anno di rifiuti speciali. L’impianto dovrebbe sorgere in prossimità di Gioia Tauro; l’iter autorizzativo/ realizzativo è in corso dal 2000 e l’investimento previsto è di 73 milioni di €.
La storia
Nel febbraio 2003 viene programmato il potenziamento del Termovalorizzatore di Gioia Tauro mediante la realizzazione di un secondo forno per accogliere i rifiuti provenienti dai bacini Calabria Nord e Centro18 da parte della società TEC19. Nel 2004 a seguito del parere favorevole alla realizzazione dell’impianto della Soprintendenza per i Beni Architettonici e del Commissario delegato della Regione Calabria si inizia la procedura di VIA. Nel marzo 2005 anche la Commissione VIA esprime parere favorevole con prescrizioni recepite dal progetto esecutivo, ma non dal contratto. Da qui in poi i lavori sono continuamente interrotti per una serie di avvenimenti: nel 2005 la Regione Calabria con l.r. dispone la sospensione dei lavori; questa legge viene poi dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale. Nel 2007 TEC sospende i lavori per il mancato accordo di finanziamento a causa di problemi nell’erogazione del contributo pubblico e nei pagamenti della gestione corrente. Sempre nel 2007 la Regione con l.r. dispone nuovamente la sospensione dei lavori; la l.r. è dichiarata ancora una volta illegittima dalla Corte Costituzionale. Nel novembre 2011 l’impianto è in fase di realizzazione: devono essere ancora contrattualmente recepite le varianti prescritte da Soprintendenza e Commissione VIA nel 2005. Non è noto quando l’impianto potrà essere finito.
Le criticità
• Opposizioni locali alla realizzazione dell’impianto • Struttura dell’iter poco efficiente e problemi di contrattualizzazione delle varianti • Comportamenti ostruzionistici da parte della PA20 • Mancanza di tempi perentori per le autorizzazioni • Alternanza politica nelle amministrazioni coinvolte21 • Rallentamenti dovuti alla contrattazione delle Misure Compensative • Criticità legate alle modifiche normative sia nazionali che regionali.
Le proposte
• Revisione dell’iter procedurale posticipando la gara dopo l’approvazione del progetto definitivo da parte della commissione VIA • Prevedere tempi certi e perentori per il rilascio delle autorizzazioni introducendo la formula del silenzio assenso • Introduzione del dibattito pubblico per superare le opposizioni locali • Maggiore attenzione alla fase di pianificazione coinvolgendo le amministrazioni pubbliche già nella fase di progettazione per limitare la richiesta di integrazioni e varianti • Regolamentazione e limitazione delle misure compensative. Il termovalorizzatore di Gioia Tauro 30.
La diga del Lago Badana
Il progetto riguarda i lavori per il ripristino della sicurezza e della funzionalità della diga di Badana, alta circa 50 metri, dopo la sua disattivazione conseguente ai danni subiti dall’impianto nel febbraio 2006. Attualmente la diga è vuota. La diga di Badana, in servizio dal 1914, è inserita nel sistema idrico dei laghi del Gorzente, importante fonte di approvvigionamento di acqua potabile della città di Genova, gestito in concessione da Mediterranea delle Acque (MdA)
La storia
Nel 2006, accertati i rischi, la diga viene svuotata e già nel 2007 si avvia la prima proposta di progetto che prevede lavori di manutenzione e non di ricostruzione sopratutto per ragioni di impatto ambientale. Nel 2009 Mediterranea delle Acque presenta all’Assessorato Ambiente della Regione Piemonte il SIA e gli elaborati progettuali. Poco dopo ha inizio la procedura di VIA di competenza statale, comprensiva di valutazione di incidenza poiché l’opera e la strada di accesso ricadono su un Sito di Importanza Comunitaria (SIC). In esito alle prime due sedute della CdS (29 luglio e 3 settembre 2009), viene richiesto di approfondire alcuni aspetti progettuali e ambientali. A fronte di ciò, il proponente richiede al MATTM la sospensione del procedimento, per predisporre le opportune integrazioni. Nel dicembre 2009 il progetto definitivo è approvato dal MIT, Direzione Generale per le Dighe, e trasmesso alla IV Sezione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (CSLP). Nel 2010 sono perfezionati gli adempimenti richiesti dalla competente Direzione generale del MATTM per il riavvio della procedura di VIA e per la conseguente riattivazione dell’istruttoria regionale; si svolge anche la terza seduta della CdS, nella quale si prende visione delle integrazioni prodotte dal proponente. A fine 2010 il CSLP blocca il progetto per varie motivazioni. Anche in questo caso, non è noto quando l’opera potrà essere completata.
Le criticità
• Mancanza di indicazioni chiare sulla realizzazione del progetto • Non sono stati chiariti da parte del CSLP quali dovrebbero essere gli interventi in grado di garantire l’approvazione del progetto definitivo. • Reiterazione dell’iter • Aumento dei costi • Problema della compatibilità ambientale dei lavori di manutenzione della diga • Opposizioni locali • Mancanza di tempi perentori per il rilascio delle autorizzazioni (e di eventuali sanzioni).
Le proposte
• Maggiore attenzione alla fase di progettazione • Certezza dei tempi • Maggiore attenzione alla fase di pianificazione e programmazione delle risorse • Accentramento delle autorizzazioni in un unico momento • Introduzione del dibattito pubblico per il coinvolgimento di tutti gli stakeholder.
Le linee guida per una Legge-quadro sulle infrastrutture
Dallo studio dei casi emerge come determinate problematiche più di altre blocchino o rallentino la realizzazione delle infrastrutture. Muovendo da questa analisi, integrata dalla più ampia conoscenza dei problemi nonché dall’opinione dei partner dell’Osservatorio, abbiamo elaborato 10 proposte; esse, anche grazie alla collaborazione dell’Intergruppo Parlamentare su “I Costi del Non Fare”22, costituiscono delle linee-guida per una eventuale proposta di legge per il rilancio delle infrastrutture. Questa proposta poggia su quattro pilastri: un’accurata scelta delle opere prioritarie in grado di generare significativi benefici per il Paese; la ridefinizione degli iter procedurali per semplificare e velocizzare la realizzazione; la formulazione di scelte più democratiche, aperte alla partecipazione di tutti gli stakeholder e in particolare dei cittadini; l’innovazione nella raccolta e nell’impiego delle risorse finanziarie. La proposta muove da una ridefinizione delle competenze dei diversi livelli di governo, restringe e qualifica il concetto di opera strategica, riorganizza gli iter procedurali e identifica gli elementi chiave dell’iter stesso. Dieci i punti in cui si articola: 1. Chiara distinzione, attraverso una parziale e mirata riforma costituzionale, delle competenze di Stato, Regioni ed enti locali, per evitare il continuo conflitto tra i livelli di governo coinvolti; attribuzione della competenza esclusiva allo Stato per le infrastrutture strategiche di interesse nazionale. 2. Identificazione delle opere strategiche sulla base di una rigorosa (Figura 21 – Lo schema della proposta di Legge-quadro) Analisi Costi-Benefici che dimostri l’effettiva capacità dell’opera di generare impatti positivi per il Paese e per i territori che la ospitano. 3. Previsione di una Struttura di Indirizzo e Controllo nominata contestualmente alla dichiarazione di strategicità dell’opera e che abbia il compito di monitorare la procedura autorizzativa/ realizzativa allo scopo di facilitare e velocizzare l’iter. Inoltre, svolge funzioni di indirizzo e coordinamento, consultive e sanzionatorie e può adottare determinati atti in caso di inerzia della PA. 4. Definizione, sempre contestuale alla dichiarazione di strategicità, dell’Iter per l’Autorizzazione Definitiva che chiarisce e semplifica gli iter in vigore. È composto da massimo tre fasi al termine delle quali un soggetto decisore unico ha l’onere di deliberare o bloccare la realizzazione. 5. Definizione di Accordi di Programma per le infrastrutture strategiche (AdPS) al fine di dare efficacia vincolante alle decisioni assunte dalle PA e alle intese da esse raggiunte con il soggetto proponente. Gli AdPS devono essere recepiti dalla CdS alla stregua di pareri favorevoli rilasciati in tale ambito da parte delle Amministrazioni che li hanno sottoscritti. 6. Introduzione del Dibattito Pubblico alla francese, un momento formalizzato ed esaustivo di discussione sull’opera che coinvolga tutti gli stakeholder e che avrà lo scopo di informare le amministrazioni, le imprese e i cittadini del territorio su tutti gli aspetti che riguardano l’opera, ma anche di segnalare al proponente le principali criticità legate al consenso. Il Dibattito dovrà essere coordinato da un organo indipendente e autorevole che sia in grado di garantire la tutela di tutte le parti coinvolte. 7. Introduzione di strumenti di regolamentazione delle misure compensative che, da un lato, limitino la lievitazione dei costi delle opere e, dall’altro, garantiscano un effettivo risarcimento alle popolazioni a seguito della sottrazione di disponibilità del territorio su cui insiste l’opera. Favorire misure che attivano lo sviluppo del territorio. 8. Creazione di un canale giurisdizionale preferenziale per la risoluzione delle controversie relative alle infrastrutture strategiche, riducendo i tempi dei contenziosi e affidando la materia a organi giurisdizionali specializzati, nell’ambito della giustizia amministrativa. 9. Introduzione di strumenti innovativi di finanziamento delle opere per ovviare ai problemi di scarsa attrattività per le risorse private e di vincolo sulle risorse pubbliche. In particolare: recepimento della direttiva “Eurovignette”; creazione di un fondo per il finanziamento cross-modal; introduzione di strumenti di cattura del valore. 10. Modificare la procedura di VIA, prevedendo che il parere della commissione possa essere acquisito, una volta trascorsi inutilmente i termini di legge, in Conferenza dei Servizi, attraverso l’attribuzione di un incarico ad hoc a un esperto.
Allegati: CNF 2011 – Sintesi dei risultati.pdf