Finiamola con l’ipocrisia. Da che mondo è mondo è sempre il Governo in carica l’azionista occulto (e poi nemmeno tanto) della Rai. E’ sempre stato così fin dai tempi della Dc di Amintore Fanfani con Ettore Bernabei dominus assoluto della tv di Stato. Non sorprende perciò che la premier si sia accaparrata tutte le posizioni di testa della Rai, a cominciare ovviamente dalla guida del Tg1 e dalle poltrone dell’Ad e del Direttore generale. Naturalmente c’è modo e modo di fare le cose: uno può avere stile o non averlo come il leader leghista, Matteo Salvini che anche sulla Rai si muove con l’eleganza di un elefante in una cristalleria. Ma al dunque le questioni sono due. La prima riguarda la qualità dell’offerta televisiva: direttori di testate e di programmi di punta si possono cambiare ma la qualità non è un optional. E’ un po’ farisaico piangere per l’uscita di Fabio Fazio che ha deciso di sua iniziativa di andare a Discovery o per quella di Lucia Annunziata che ha fatto benissimo a dimettersi perché in disaccordo col Governo purché non se ne faccia una vittima, visto che per lei è già pronta la candidatura da capolista del Pd alle prossime elezioni europee e le dimissioni in chiave anti-Meloni fanno parte del gioco. Poi però c’è la seconda e cruciale questione degli ascolti: mediamente la trasmissione di Fazio faceva uno share altissimo e molto buono era quello di Annunziata. Che succede se i loro sostituti non facessero altrettanti ascolti? Succede che la raccolta pubblicitaria perderebbe colpi e che la Rai perderebbe soldi. Chi pagherebbe? Certamente non Meloni o Salvini ma a saldare il conto toccherebbe agli abbonati o a tutti i contribuenti. Speriamo che non succeda ma ricordiamocelo. Down, down.