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Rai, ecco il nuovo Contratto di servizio: luci (poche) e tante ombre

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Lo scorso lunedì, in tarda serata, è giunto in Vigilanza RAI il testo del nuovo Schema di Contratto di Servizio tra il Ministero delle imprese e del Made in Italy e la Rai per il periodo 2023-2028 affinché i parlamentari possano esprimere il previsto parere obbligatorio ma non vincolante.

Contratto di servizio Rai: perché è strategico

Si tratta di un documento di assoluto rilievo strategico per il futuro del Servizio Pubblico Radiotelevisivo del nostro Paese e si colloca, inoltre, nella diretta prospettiva del rinnovo della Convenzione decennale tra lo Stato e la RAI prevista per il 2027. Il Contratto di Servizio, che nasce proprio come congegno normativo integrativo della Convenzione, dovrebbe definire compiutamente i termini specifici della “missione” di Servizio Pubblico nel contesto di un mercato audiovisivo in continua evoluzione.

La trattativa del presente documento è iniziata lo scorso anno a ridosso della scadenza del precedente, fissata per il 2022, e poi prorogato al prossimo 30 settembre. I soggetti formalmente e direttamente interessati al dibattito sono: il Ministero competente (MiMit), l’AgCom e la Vigilanza RAI. Le tappe previste sono: il Consiglio dei Ministri delibera le linee guida (atto di indirizzo del 18 maggio 2022); definizione delle “linee guida” da parte di AgCom (Delibera 266 del luglio 2022); approvazione dello schema congiunto tra MiMit e Rai e, infine, passaggio in Vigilanza dove appunto ora si apre il dibattito politico per poi giungere ad una versione definitiva che si vorrebbe approvare appunto entro il prossimo 30 settembre. 

Contratto di servizio Rai: cosa è cambiato

Il nuovo Contratto presenta sostanziali e diverse architetture di sistema rispetto al precedente . Anzitutto un elemento emerge subito con chiarezza già dalla Premessa (prima assente nel precedente Contratto) si tratta dell’introduzione dei tanto discussi KPI (Key performance Indicator) che, per la prima volta, compaiono in forma esplicita in un Contratto di Servizio pubblico di questo genere. Si legge al punto 5.c che il Ministero e la RAI ritengono necessario prima “in coerenza con le risorse economiche pubbliche derivanti dal canone “ e poi “… assicurare una maggiore cogenza degli obblighi assunti nel contratto di servizio, in particolare attraverso l’introduzione di obiettivi misurabili nonché potenziando le modalità, gli strumenti e e gli organi di verifica dell’attuazione dei suddetti obiettivi”.  

L’argomento è complesso e delicato, non foss’altro perché in diretta relazione con quanto attualmente in discussione proprio sul futuro del canone, sul suo importo e sulle modalità di riscossione. Come noto, all’interno del Governo Meloni convivono opinioni molto contrastanti tra chi vorrebbe abolirlo del tutto (la Lega) e chi lo ritiene persino basso rispetto a  quanto si paga nel resto d’Europa. Fatto sta che introdurre i KPI all’interno di questo Contratto pone in essere un rischio potenzialmente dirompente per il futuro della RAI: come vengono individuati, chi dovrebbe essere il soggetto incaricato di definire la loro “misurazione” e con quali criteri e cosa avverrebbe in caso di inadempienza? Interrogativi complessi ai quali la bozza di schema non fornisce alcuna risposta. Ma ciò che marca la differenza non solo rispetto al precedente contratto ma nella natura stessa del documento è la logica dello scambio di prestazioni cioè viene erogato in canone un cambio di adempimenti. In altre parole, potrebbe supporre uno schema che, in sintesi e per paradosso, potrebbe somigliare a “Caro cittadino, io Stato ti garantisco sanità, istruzione, servizi sociali etc  solo se  ti comporti bene”, senza poi specificare in cosa consiste il comportamento virtuoso. Nella premessa del Contratto si  legge che questo possa avvenire attraverso un “adeguato” livello di qualità del servizio prestato. Cosa si possa intendere per “adeguato” non è dato sapere.

La Rai diventa una Digital Media Company

Il secondo elemento di grande rilevanza si riferisce all’art. 3, dove si parla di Digital Media Company . Si legge che “La RAI si impegna a completare la trasformazione da broadcaster a digital media company…”. I due termini non sembrano declinati correttamente tra loro: anzitutto non si specifica la natura primigenia della RAI ovvero “broadcaster di Servizio Pubblico” e poi una “digital media company”, per quanto è nota la letteratura in merito e per quanto pure gli altri broadcasters europei si possono definire tali. Infatti, per prima la tanto citata Bbc se ne guarda bene da essere assimilata ad un concetto del genere che presuppone una logica di mercato (profitti etc) ben diversa da una logica sostanziale di finanziamento e servizio pubblico. Interessante leggere quanto riportato dal sito “Investopedia”, che scrive “How do media companies make money? Media companies primarily make money from advertisements and paid subscriptions. Other revenue drivers include internet services, filmed entertainment, and licensing”. Si tratta di tutt’altra cosa rispetto a RAI e al modello di finanziamento previsto dalla Legge (il canone).

Infine la notazione “progettuale” più radicale e fondamentale. Laddove nel precedente contratto gli obblighi specifici erano dettagliatamente e lungamente elencati in 7 pagine nell’art. 25 (dove si comprendeva tutto lo scibile relativo all’offerta televisiva, radiofonica, dedicata, l’informazione (compreso il passaggio che ha suscitato tanta polemica sul “giornalismi d’inchiesta” ora invece sparito nel nuovo testo), industria dell’audiovisivo, minori etc. ora tutto questo è relegato nel primo degli “allegati” di sole due pagine che, per più, si specifica all’art. 25 che seppure costituisce parte integrante del contratto “ … non sono soggetti a pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana”. In altre parole, in sintesi, quelli che prima erano gli obblighi specifici oggetto del Contratto ora diventano invece opzioni private, senza controllo e senza controllori.  

Contratto di servizio Rai: verso un lungo dibattito

È forte la sensazione che i Parlamentari avranno molto da dibattere e approfondire. E non solo loro: è stato diffuso un comunicato dei giornalisti Rai dove si legge: “Altro tema portato all’attenzione della Commissione è la totale cancellazione nel nuovo contratto dell’articolo che impegna l’azienda alla valorizzazione del patrimonio delle teche Rai; Ai Commissari “è stata anche segnalata la sorpresa del sindacato dei giornalisti nel non leggere nel testo alcun richiamo alla Costituzione Italiana che racchiude i valori a cui si ispira il servizio pubblico”. Infine, “particolare attenzione è stata posta alla questione delle risorse, con riferimento al Canone che deve garantire alla Rai risorse finanziarie certe e di lunga durata”.

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