Un diffuso e consolidato luogo comune vuole che la televisione sia considerata lo specchio dove si riflettono politica, economia, cultura del Paese. Con l’apertura delle urne nelle recenti consultazioni politiche nazionali che hanno dato il via alla nuova legislatura, a partire dal 2018 si intravvedono interessanti novità nel complesso mondo delle telecomunicazioni. Un passo indietro e due avanti: anzitutto è venuto meno un pilastro di riferimento fondamentale nel complesso sistema delle Tlc e del broadcasting in Italia.
Il cosiddetto “duopolio” Rai Mediaset esce fortemente ridimensionato nella copertura politica di cui hanno goduto finora. I rispettivi partiti di riferimento, area di governo con in testa il PD e Forza Italia, non sono più in grado ora di dare le carte nel tavolo dove si giocano le partite più rilevanti del prossimo futuro. In questo stesso futuro cominciano a prendere posto i nuovi player con intenzioni tutt’altro che chiare rispetto alle poste in gioco.
Iniziamo nel vedere cosa potrebbe cambiare per il Servizio Pubblico Radiotelevisivo. Per la fine del prossimo giugno è prevista la scadenza dell’attuale Consiglio di amministrazione che dovrà essere nominato con la nuova legge entrata in vigore nel 2015, fortemente voluta dal precedente Governo guidato da Matteo Renzi. Questa prevede innovazioni fondamentali: anzitutto muta il numero – da nove a sette – e il criterio di designazione dei componenti del CdA che non saranno più, come in precedenza, espressi dalla Commissione parlamentare di Vigilanza.
Ora invece saranno indicati rispettivamente due dalla Camera, due dal Senato, due dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri su proposta del MEF, e uno dai dipendenti Rai. È una mutazione genetica radicale sia nell’ispirazione “politica” della nuova governance, sia nella lettura “industriale”. È nota da tempo la volontà, apparentemente condivisa da tutti, di sganciare il Servizio pubblico Radiotelevisivo dalle ingerenze della politica, salvo poi nei fatti riscontrare il permanere di usi e abusi consolidati.
Questa volta il legislatore ha voluto restringere ancora di più le maglie larghe del controllo politico spostando l’asse dagli ambiti della Vigilanza a quelli più ampi delle Aule di Camera e Senato. Come punto di compensazione si è voluto aggiungere, a rappresentare in un certo senso “l’azionista di maggioranza”, la nomina di due componenti espressione diretta del Governo in carica. La ciliegina sulla torta, infine, è rappresentata la presenza in Cda dei dipendenti Rai che, per la prima volta, potranno avere voce in capitolo sul futuro dell’Azienda (il prossimo 7 aprile verrà reso noto il regolamento specifico per la consultazione).
Tutto questo dovrebbe avvenire con la scadenza naturale dell’attuale Consiglio, entro i prossimi tre mesi. Ora sono note, al momento, le enormi difficoltà che si frappongono alla composizione di un nuovo Governo del Paese e nessuno è in grado di immaginare i tempi e i modi di soluzione di questo decisivo passaggio istituzionale. I più ottimisti, anche a Viale Mazzini, immaginano che, ben che vada, si andrà in prorogatio almeno fino all’autunno quando, forse, le turbolenze governative potrebbero essere placate.
Da ricordare, inoltre, che questa nuova legge, insieme ad altre significative innovazioni, introduce e rafforza la nuova figura del “capo azienda” che da Direttore generale (ora Mario Orfeo, giornalista) diventa Amministratore Delegato, con poteri di gestione più elevati rispetto a prima.
Veniamo quindi alla lettura industriale che si può intravvedere in questo scenario. La Rai sarà fortemente interessata all’avvio di quel poderoso disegno di redistribuzione delle frequenze che avrà inizio con l’apertura delle consultazioni, da parte AgCom entro il prossimo 30 aprile, per definire i criteri di svolgimento delle relative gare di assegnazione che dovranno partire entro il prossimo 30 settembre sotto la guida del MiSe. Per il servizio pubblico non c’è solo in ballo il destino degli attuali multiplex quanto più invece il modello generale di produzione e distribuzione del segnale radiotelevisivo.
Ci soffermiamo appena sulla fruizione del prodotto tv: i consumatori, i telespettatori, stanno progressivamente spostando la loro attenzione da un palinsesto lineare – l’attuale modalità di ricezione attraverso l’antenna digitale terrestre o satellitare – ad un non lineare, attraverso la connessione in rete. La velocità di download di contenuti e programmi che sarà possibile raggiungere con il 5G sarà tale da rendere poco interessante accendere la televisione come è avvenuto finora. Da tempo ormai, e non solo in Italia, il mercato degli audiovisivi vede in forte sviluppo la presenza di operatori colossali, i vari Nettflix, Amazon, Google etc, in grado di offrire prodotti di grande appetibilità a prezzi decrescenti.
Gli stessi apparati tv sono da tempo in vendita già predisposti per la connessione in rete e presto potrebbe essere non più necessaria l’antenna sul tetto. Per la Rai, piaccia o meno, per il prossimo futuro questo nuovo mondo rappresenta una minaccia e non è affatto chiaro, al momento, come si intende fronteggiarla e, appunto, sarà questo uno dei primi compiti del nuovo Consiglio di amministrazione.
Ci sono poi altri importanti appuntamenti che interessano a breve Viale Mazzini. Il prossimo 23 aprile si terrà l’Assemblea degli azionisti di Rai Way. Seppure non compaiono all’ordine del giorno, sul tappeto si pongono due questioni: la prima riguarda la possibilità di riprendere l’annosa, ormai, idea del “polo delle torri” mai del tutto esplicitata compitamente da nessuno dei soggetti interessati.
La Società, da tempo, è trincerata dietro il silenzio istituzionale dove si intravvede quello significativo dell’azionista di maggioranza che, sull’argomento, anch’esso tace in attesa che possa emergere qualcosa di più di quanto finora noto. Naufragata l’operazione Persidera, all’orizzonte non si vede nulla di significativo. La seconda riguarda il Cda della quotata di Via Teulada: è ancora in carica l’attuale presidente esterno all’Azienda e il consiglio dove la maggioranza è rappresentato da indipendenti.
Altro terreno di importante rilevanza riguarda l’inizio di applicazione del nuovo contratto di servizio. Ci sono in ballo impegni con ricadute economiche di tutto rilievo come il nuovo piano industriale, quello editoriale, un nuovo canale in lingua inglese e il canale istituzionale. Si richiede, in sostanza, alla Rai di fare di più con minori risorse. Una sfida non facile da affrontare per i nuovi amministratori.
Vediamo ora cosa potrebbe cambiare con i nuovi soggetti politici che potrebbero guidare il Paese. Lo scorso luglio il M5S ha reso noto il suo programma di azione verso la Rai incentrato sostanzialmente su due pilastri: diverso criterio di governance (si ipotizza il modello inglese con alla guida una Fondazione) e il finanziamento dove è ancora presente il canone, possibili eliminazione di alcuni canali e la pubblicità fortemente ridotta. Quest’ultimo aspetto è, giocoforza, di forte impatto sul mercato e interessa non poco il principale concorrente diretto.
A proposito di mercato e di risorse economiche Rai, il leader della Lega Nord, Matteo Salvini, ha sempre sostenuto la tesi dell’abolizione del canone e la sostituzione con una contribuzione pubblica. Inoltre, nel programma della Lega Nord, si legge che “L’Autorità delle Comunicazioni sostituisce la vigente AgCom” nominata dal Parlamento con il compito di produrre “la misurazione delle prestazioni digitali del servizio pubblico radio televisivo innovando le metodiche di rilevazione auditel, proporrà al Parlamento le regole per la gestione trasparente della comunicazione elettorale”.
In questo quadro e con questi presupposti che non interessano solo la Rai, non sarebbe del tutto inappropriato immaginare trasformazioni e regolamentazioni talmente profonde, in altre parole un nuovo Sistema Integrato delle Comunicazioni dopo oltre 20 anni dalla sua nascita, in grado di dare al Paese un progetto industriale in questo settore adeguato alla rilevanza delle sfide.