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Ragusano, il formaggio che racchiude il profumo dei monti Iblei

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Ragusano, un formaggio da Re. La sua prelibatezza era apprezzata fin dal ‘400 e non da gente qualsiasi bensì dalla corte spagnola, al punto che come testimonia nel 1515 lo storico Carmelo Trasselli, autore del libro Ferdinando il Cattolico e Carlo V, all’epoca si sviluppò un florido commercio navale fra la Sicilia e la penisola iberica, per l’esportazione del formaggio Ragusano talmente apprezzato in Spagna da godere di una esenzione dei dazi doganali. Tre secoli dopo, la fama della bontà del ragusano non era venuta meno.  L’abate Paolo Balsamo scienziato, economista e storico, titolare della cattedra di Agricoltura alla Reale Accademia degli Studi di Palermo elogia “la bontà dei bestiami di Modica” ed i “prodotti di cacio e ricotta, superiori di cinquanta per cento ai comuni, e di venticinque per cento ai migliori di Sicilia”. E non fu da meno lo storico ottocentesco Filippo Garofalo, autore di uno studio sulla contea modicana che citò la fama e la squisitezza dei caci e delle ricotte del Ragusano.

Con questi precedenti illustri resta un mistero come mai sia stato possibile che questo straordinario formaggio che porta nel cuore la fragranza dei pascoli dei monti eubei, un sapore genuino di tempi passati, di prati incontaminati e di aria profumata, sia caduto nel dimenticatoio e che solo oggi, grazie al fatto di essere entrato di diritto fra i presidi slow food, stia finalmente conoscendo una nuova giovinezza.

La denominazione storica di questo prodotto d’eccellenza, è Caciocavallo Ragusano, ed è un formaggio a pasta filata.  Il nome fa già capire l’uso dei contadini di appendere questo formaggio a cavalcioni (“a cavaddu”) di un bastone posto in orizzontale, per l’asciugatura. Ma oggi c’è un profondo distinguo fra Ragusano, formaggio pregiato dalla forma di parallelepipedo del peso di 13-15 chilogrammi, che viene sottoposto pezzo per pezzo all’esame rigoroso di una commissione del Consorzio e poi marchiato a fuoco e numerato, come un lingotto d’oro, e il Caciocavallo, che altro non è che il Ragusano che nel corso della stagionatura ha presentato nella forma o sulla superficie alcune anomalie.

Un patrimonio di sapori salvato dal presidio slow food

Ma soprattutto il Ragusano può essere prodotto con latte proveniente esclusivamente da mucche di razza Modicana, una razza originaria di Modica un tempo molto diffusa per la sua capacità di adattarsi a tutti i climi poi abbandonata per la sua scarsa produttività lattifera fino a rischiare l’estinzione per cui è stata inserita nel registro Anagrafico delle popolazioni bovine autoctone e gruppi etnici a limitata diffusione.  E il latte del ragusano proveniente da vacche modicane allevate a pascolo naturale racchiude in se tutti gli straordinari sapori delle vegetazioni spontanee dei monti Iblei. E ancora non basta perché il disciplinare prevede ancora che i foraggi in esubero, anche affienati costituiscano foraggio integrativo al pascolo nella stagione successiva. Tutto ciò conferisce al latte un’unicità aromatica, legandolo indissolubilmente al territorio. Le ricerche del Corfilac, il Consorzio di Ricerca della Filiera Lattiero-Casearia hanno evidenziato la ricchezza delle componenti aromatiche del formaggio che vanno dai funghi freschi al tostato, dall’arancia all’erba appena tagliata e soprattutto la presenza di note floreali tipiche degli Iblei, come la calendula, l’anthemis, la malva silvestris, il geranio, il gelsominoProdotto solo in una stagione dell’anno per conservare i saspori delle erbe

Prodotto solo con il latte delle vacche al pascolo

Il Ragusano, proprio per tutte queste rigorose disposizioni, non può essere prodotto tutto l’anno.  Viene prodotto, infatti, esclusivamente nella stagione foraggiera, da novembre a maggio, con tecniche tradizionali. Nelle tine di legno, il latte crudo e intero viene mischiato al caglio in pasta di agnello o capretto, ottenuto da abomasi di agnelli e capretti selezionati e controllati all’origine, con aggiunta di cloruro di sodio. Si lascia coagulare per un tempo di circa 60-80 minuti, a 34 – 36ºC, sfruttando così lo sviluppo spontaneo della microflora casearia. Segue poi, una prima cottura con aggiunta di acqua alla temperatura di 80°C, fino a quando la massa caseosa viene ridotta alle dimensioni di chicchi di riso. La cagliata, viene quindi separata dal siero e sottoposta a pressatura per favorirne la contrazione. Dopo circa due ore, la cagliata verrà tagliata in grosse fette e sottoposta a una seconda cottura in acqua calda o siero bollente, e ricoperta da un telo per evitare abbassamenti della temperatura. Per regola la salatura, in salamoia satura, non può comportare un contenuto di sale superiore al 6%.

La stagionatura nelle grotte appeso alle funi di zammarra

La fase della stagionatura avviene in ambienti freschi con pareti geologicamente naturali, essenzialmente in grotte, tali da garantire 14-16ºC e 80-90% di umidità. Le forme vengono legate a coppia con funi di “liama” o corde di “cannu”, di “zammarra” o di cotone e poi appese a cavallo di travi di legno. Per ottenere il marchio DOP, il formaggio deve stagionare minimo 3 mesi ma la stagionatura può protrarsi anche oltre i 12 mesi. Quindi la marchiartura a fuoco ne certifica l’originalità riportando il marchio aziendale del caseificatore, le stampigliature della denominazione, la numerazione.

“Tutti i tentativi di produrlo nei grandi caseifici, con tecnologia moderna, afferma con orgoglio Rosario Floridia, classe 1939, una vita dedicata al lavoro proseguendo una tradizione iniziata dal padre, che produce oggi uno dei migliori Ragusani Dop in commercio – hanno dato scarsi risultati: non si è mai riusciti a riprodurre la qualità e l’unicità del formaggio di masseria”.

La qualità di questo formaggio è tale inoltre che la complessità di sapori e di profumi aumenta con il passare del tempo. Pr cui il miglior Ragusano si ottiene con stagionature dagli otto ai ventiquattro mesi. In particolare il Ragusano DOP presenta quando è fresco un aroma gradevole, caratteristico delle particolari procedure di produzione ed un sapore decisamente gradevole, dal dolce vanigliato al poco piccante. Con la stagionatura tende al piccante ed al saporito con sentore di mandorla.

Il Ragusano DOP è molto utilizzato nella preparazione dei piatti tipici della gastronomia siciliana e si accompagna molto bene ai vini bianchi. Quello stagionato, invece il sapore viene esaltato se gustato con i vini rossi. È particolarmente adatto ad accompagnare i vini tipici siciliani come Nero d’Avola, Merlot, Syrah, e il Cerasuolo di Vittoria.

LA RICETTA

Involtini di carpaccio al Ragusano DOP con pomodorini e menta

Ingredienti per 4 persone:

200 gr di carne per carpaccio (lacerto o altra carne magra tagliata molto sottilmente) 150 gr di Ragusano DOP (o caciocavallo di buona semistagionato di buona qualità) 200 gr di pomodorini Aceto bianco Olio EVO Sale, pepe Qualche ciuffetto di menta

Preparazione:

Preparare un’emulsione con 6 cucchiai d’aceto e 6 di olio. Prendere un recipiente a base piatta, rivestire di fettine di carne, versarsi sopra un po’ d’emulsione, continuare con un secondo strato di carne, un secondo strato di emulsione e così via fino alla fine. Coprire e porre in frigorifero per almeno 2 ore. Trascorso questo tempo, strizzare la carne ed asciugarla in carta assorbente. Tagliare delle fettine sottili di formaggio. Porre una fettina di formaggio al centro di ogni fetta di carne ed avvolgere a mo’ di fagottino. Lavare bene i pomodorini e condire con olio, sale, pepe e ciuffetti di menta tritata. Versare i pomodorini sugli involtini, lasciare insaporire almeno mezzora in frigorifero e servire.

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