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Rafforzare la spending review per resistere alla bufera della crisi

L’incapacità dell’Europa di adottare in tempi rapidi le decisioni più opportune per migliorare la funzionalità di una costruzione, quella dell’Euro, nata con gravi carenze, sta determinando una generalizzata sfiducia sul futuro della Comunità che rapidamente sta attaccando tutti i mercati a partire ovviamente da quelli dei paesi più deboli, ma non risparmiando nemmeno quelli così detti più virtuosi.

Il presidente della Bce, Draghi, afferma che l’Euro è irreversibile, ma stenta ad attuare quegli interventi sul mercato che possono calmare le acque e dare il tempo ad i vari paese di attuare quel risanamento e quelle riforme necessarie a riequilibrare la situazione.

L’Italia ha fatto negli ultimi mesi importanti passi in avanti, ma la fiducia degli investitori stenta a tornare sia per le carenze europee, sia per la confusione del nostro sistema politico che non da sufficienti garanzie circa la prosecuzione della politica di risanamento anche dopo le elezioni del 2013. Difficile in questo momento fare previsioni. L’impressione è che Monti voglia tatticamente sfidare la Germania le cui incertezze, anche sulle misure più ragionevoli dello scudo anti spread formalmente approvato nel vertice di fine giugno, stanno mettendo in discussione tutta la costruzione europea.

Ciò non toglie che l’Italia può fare ancora diverse cose per rafforzare la sua posizione competitiva. E ciò vale sia che l’Euro resista alla bufera, sia, e probabilmente a maggior ragione, nella malaugurata ipotesi che tutta l’eurozona dovesse implodere. Si tratta cioè di rafforzare il decreto sulla spending review che in questi giorni viene discusso in Senato e che dovrebbe essere definitivamente approvato prima delle ferie (si spera brevi) di agosto.

Più di trenta senatori, primo firmatario Mario Baldassarri, hanno presentato sei emendamenti che portano non solo a più incisivi tagli nelle spese pubbliche, ma danno anche una concreta prospettiva per il recupero della crescita attraverso sia una precisa indicazione di riduzione della pressione fiscale su famiglie ed imprese, sia una riduzione del debito pubblico in misura tale da tranquillizzare gli investitori sulla capacità dell’Italia di rimborsare i propri debiti.

Il Governo che pure ha presentato un decreto importante che tocca tanti aspetti del nostro apparato pubblico, dovrebbe prendere seriamente in considerazione questi suggerimenti che vengono dal parlamento, anche se soprattutto dai gruppi del centro con qualche sporadico impegno di senatori del Pdl e del Pd.

Gli emendamenti predisposti da Baldassarri e dagli altri senatori, prevedono un più incisivo taglio sugli acquisti della PA, una diversa tipologia del confezionamento e della vendita dei farmaci passando dalle attuali confezioni al monodose in modo da evitare gli sprechi, una trasformazione dei sussidi alle imprese, compresi quelli erogati dalle Regioni, in crediti d’imposta, in modo da poter destinare le risorse così ricavate alla riduzione delle tasse sulle famiglie tramite l’aumento delle detrazioni per i figli o per i nonni a carico, e per le imprese attraverso la detrazione del costo del lavoro dall’IRAP.

In questo modo, spiega la relazione agli emendamenti, si avrebbe un aumento della competitività del nostro sistema produttivo e quindi si rimetterebbe in moto la crescita con conseguente possibilità di miglioramento dell’occupazione. Gli altri tre emendamenti si occupano di aumentare la lotta all’evasione fiscale concedendo una detrazione d’imposta alle famiglie sulle spese sostenute per la casa, di uno snellimento delle pratiche burocratiche per gli investimenti pubblici, ed infine della alienazione del patrimonio pubblico per un ammontare non di qualche miliardo all’anno, come ha detto il ministro dell’economia Grilli, ma di circa 400 miliardi attraverso la costituzione di appositi fondi nei quali collocare i beni da alienare e le cui quote vengono vendute ai risparmiatori o scambiate con Btp posseduti.

Questo è un punto molto importante. Non possiamo pensare di abbassare il debito pubblico con una manovra coercitiva nei confronti dei risparmiatori perchè in questo caso nessuno comprerebbe più i nostri titoli, nè con una nuova patrimoniale dopo l’IMU che già colpisce gli immobili che sono parte rilevante del patrimonio degli italiani. E tuttavia se non dimostriamo di saper abbassare il debito pubblico fino alla soglia del 100% ben difficilmente riusciremo a riconquistare la fiducia degli investitori ed ottenere così tassi molto più bassi di quelli attuali.

D’altra parte se non sarà possibile abbassare i tassi d’interesse la situazione italiana non si sbloccherà. Le banche non avranno la possibilità di raccogliere  denaro a prezzi accettabili e quindi riaprire i prestiti alle imprese. Senza tassi più vicini a quelli tedeschi (il Governatore della Banca d’Italia Visco stima che lo spread non dovrebbe essere superiore ai 200 punti) la crescita non potrà ripartire e quindi non potranno esserci speranze per i tanti giovani in cerca di un lavoro.

E’ chiaro che questi emendamenti vanno nella direzione non solo di rafforzare la spending review ma soprattutto di trasformarla in un vero e proprio programma di politica economica di medio termine che fissa degli obiettivi precisi di riduzione della pressione fiscale e quindi indica una possibile strada per riprendere un percorso di sviluppo. Insomma si potrebbe vedere una luce in fondo al tunnel della crisi che comunque sarà ancora abbastanza lunga e certamente difficile da superare definitivamente. 

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