Tre poesie e (parte di) un’introduzione, per indagare il valore del fare poesia e riflettere sui mutamenti politici e sulla vita quotidiana in Russia.
Il poeta è il trentottenne Kirill Medvedev, artista e attivista, noto per la forte presa di posizione contro le grandi case editrici, incarnazioni capitalistiche, e la critica alla decadente situazione culturale del suo Paese; ma anche per aver ceduto senza “se” e senza “ma” i diritti di tutte le sue opere.
L’introduzione è firmata da Keith Gessen romanziere, giornalista, critico ed editore di origine russa, cofondatore di n+1, rivista semestrale di letteratura, politica e cultura fondata a New York.
Il testo è qui pubblicato senza il permesso dell’autore, come da lui rigorosamente chiesto.
Manifesto sul copyright [azione]
Non ho nessun copyright sui miei testi e non posso avere questo diritto.
Malgrado ciò faccio divieto della pubblicazione dei miei testi in ogni antologia, collezione o altro tipo di pubblicazione. Considero queste pubblicazioni un’azione disgustosa e truffaldina da parte di un’altra forza culturale.
I miei testi possono essere pubblicati sia in Russia che all’estero in ogni lingua, SOLO COME UN LIBRO A SE STANTE, composto ed editato secondo i desideri dell’editore in una EDIZIONE PIRATA, cioè, SENZA IL PERMESSO DELL’AUTORE, SENZA ALCUN CONTRATTO O ACCORDO. Uno stato di cose che deve essere dichiarato nelle informazioni riguardanti la pubblicazione.
Sono grato a chiunque fino ad adesso mi abbia pubblicato.
— Kirill Medveded
Postato su kirillmedvedev.narod.ru il 30 novembre 2004
La Russia di Putin di Keith Gessen
Come descrivere la stagnazione politica, culturale e persino umana degli anni del putismo maturo tra il 2003 e il 2008? “Paura” è la parola giusta. Mosca è sempre stata un luogo pericoloso, ma faceva più paura nel 1996 che nel 2006, nel 2006 faceva molto meno paura. Lo stesso Putin, il padrone della Russia, è un uomo malvagio ma non un fantasma. L’atmosfera era di noia, soffocamento e resa. Non accadeva niente, nessuno voleva che accadesse niente. “Stabilità” era la parola d’ordine e in nome della stabilità la gente era disposta a rinunciare a molto. L’opposizione liberale di cui ancora si scrive sul New York Times non solo non ha nessuna presenza effettiva in Russia – nessuna organizzazione di partito, nessuna televisione, nessun supporto –, ma è completamente screditata. Hanno preso il potere nella Russia post-sovietica sull’onda della rabbia popolare e delle speranze che sono andate disattese: si sono dimostrati vuoti, immaturi vistosamente indifferenti alle sofferenze di milioni di persone. Sfortunatamente sono rimasti coinvolti nel discredito anche molti intellettuali urbani, la cosiddetta intelligentsia. Odiavano a tal punto l’Unione Sovietica, erano così contenti di vederla andare, che si sono rifiutati di vedere il brutto che stava venendo fino a quando è stato troppo tardi. Alla fine del 2003, dopo che l’arresto di Mikhail Khodorkovsky pose fine alle speranze degli anni Novanta, l’opposizione politica a Putin è consistita, da un lato, in un gruppo di stranulati teenager mezzo-stalinisti e mezzo-anarchici guidati da un poeta trasformatosi in rivoluzionario e poi in perseguitato di nome Eduard Limonov (ha passato due anni in galera nel 2001 per commercio clandestino di fuochi d’artificio) e dall’altro dai terroristi ceceni. Il potere reale era in mano a una cricca di uomini d’affari imbroglioni, politici e uomini d’affari diventati politici (e viceversa). Alle volte solo per aver curiosato nei commerci di questa gente un giornalista poteva finire morto ammazzato.
Tutto questo più i soldi. La Russia è un grande esportatore di petrolio, gas naturale e alluminio. Tra il 1998 e il 2008 il prezzo di queste risorse e di altre materie prime crebbe immensamente. Il paese fu inondato di soldi. E così oltre alla stagnazione politica e culturale, si diffuse una cultura del lusso; la gente comprava macchine di lusso, vestiti e giacche di pelle da migliaia di euro. A causa di ciò un sacco di gente ha gettato la spugna. Era quasi impossibile fare politica; le restanti istituzioni erano irrilevanti, intimidite o (nel caso dei nuovi periodici scandalistici, come il Russo Esquire) interamente focalizzate sulla nuova borghesia; era meglio arraffare quello che si poteva finché si era in tempo.
Questa era la situazione politica, culturale e sociale dell’autunno del 2006, quando ho scoperto il libro di Medvedev…
La moglie di un attivista morto…
La moglie di un attivista morto in circostanze strane,
che molto probabilmente non sono state un incidente,
mi dice che è letteralmente sconvolta
da quello che sta accadendo, gli arresti e le interrogazioni degli attivisti…
Sono sicura che conosci la storia di N, mi dice.
Un attivista sindacale, lo hanno imbottito di farmaci, gli hanno dato cinque anni.
Le campagne internazionali non sono servite a niente.
Sì, ho detto, lo so.
Allora che cosa possiamo fare, chiede, quale azione possiamo intraprendere,
così che tutti sappiano? Che cosa dovremmo fare?
Abbiamo due strade, le dico. O costruiamo con pazienza
i sindacati… o dobbiamo fare qualcosa di veramente brutto,
perché qui nessuna iniziativa artistica radicale può aiutarci
può portare a un risultato.
Lei dice sì, e poi? Facciamo un atto terroristico? Oggi
equivale
a mettere la testa fuori dalla trincea
e farsela svellere…
E per quanto riguarda i sindacati, dice
conosco gli attivisti sindacali
è gente fantastica ma
è tutto
così lento…
Quanto tempo ci vorrà,
anche se, è vero, è l’unica strada.
In fondo sono proprio i sindacati
il vero laboratorio del comunismo.
Sì, io dico, al momento la situazione è questa,
non importa quello che si dice
o chi conosce che cosa ci riserva il futuro, ma oggi
gli attivisti sindacali progressisti hanno una coscienza politica maggiore
degli intellettuali,
dei professori,
è un peccato che ce ne siano così pochi.
Ma strategicamente questa è la cosa più importante.
Ha ragione, dice lei, sono delusa per non aver saputo sindacalizzare
chi controlla,
sono troppo legati al loro interesse personale.
La notte arriva,
il freddo penetra, penetra, penetra
ed entra
attraverso le porte, attraverso le maniche
attraverso la pelle
entra nel sangue,
e in qualche luogo in una stanza calda
su un letto morbido tra bianche
lenzuola
una madre giovane e carina
sta cullando il proprio piccolo
dormi, dormi mio piccolino,
dormi, dormi non prestare orecchio
al vento che ulula
al fruscio delle macchine
stringiti a me mio piccolo
raccogli le forze
avrai bisogno di tanta forza
la classe operaia ha bisogno di combattenti, forti, coraggiosi e duri
davanti abbiamo tempi difficili.
Da Attacco al municipio
. . .
Un grande cazzo di gomma
Lo vedo ogni giorno sulla strada per la scuola
So che non è il modo migliore
per cominciare una poesia
ma non posso farci niente con i miei ricordi,
non posso sfilare il cazzo di gomma dalla mia mente e sostituirlo
con, diciamo, un albero di Natale.
Ogni giorno andando a scuola vedevo grandi cazzi di gomma –
si poteva fare qualsiasi cosa allora –
era il 1991 –
e talvolta i migliori amici
buddy-buddy, come dicono gli americani
se li scambiavano
come regali
simultaneamente
a caso,
e non era nemmeno per scherzo
era naturale
un acconto sull’eternità
un simbolo del proprio successo e della bravura,
eterna bravura,
le autorità
non potevano controllare la situazione
non sapevano che cosa fare
dei cazzi di gomma
quegli immensi cazzi di gomma
non sapevano come concentrarli in un unico posto,
questi cazzi erano ovunque,
non erano neppure costruiti qui,
erano importati dall’America,
non ne conoscevano neppure il vero valore,
nessuno ne conosceva il valore
infatti nessuno conosceva il valore di niente,
vivevamo tutti come poeti – e il destino dei poeti odora di gomma
così questa sostanza appiccicosa e maleodorante
ci ha tenuto insieme attraverso i secoli
ogni cosa detta vista e vissuta
e puoi sentire il ronzio di ogni terminazione nervosa uccisa
ogni bicchiere di vino vecchio di otto anni
finiva con il farti vomitare
per parecchio tempo –
l’immaginazione è viva
come una commedia sul palco,
e il vino viene versato,
la mente lavora,
le sigarette bruciano,
la mente si rilassa,
gli occhi si socchiudono,
la tensione cresce
le autorità sono ratti
ma quante volte
diremo a proposito della nostra patria
della nostra innocente e gentile
anche se a volte crudele ma alla fine amata patria:
QUESTO PAESE DEL CAZZO
Da Pornocrazia
Ho scritto un haiku
Ho scritto un haiku
al mattino presto
compro un preservativo
in un chiosco
Questo è realmente accaduto –
un lavoratore turco in piedi
vicino a me
mentre il venditore frugava per il resto.
mi guardava.
mi ha dato un preservativo con una donna nuda sopra,
pensando, probabilmente, che mi ero alzato presto e avevo bisogno di una scopata
quando invece cercavo di raccogliere un campione di urina
del mio bambino.
il dottore mi aveva consigliato
di mettergli un preservativo sul pisello,
fermandolo con un laccio da scarpe
legato intorno alla vita,
e poi aspettare.
mentre il venditore cercava il resto
mi sono raccontato questa storia nella mia testa, in silenzio, per il turco,
senza balbettare una sola volta,
e lui mi ha ascoltato pazientemente, anche se non capiva
e quando sono arrivato alle parole “e poi aspettare”
ha persino riso.
ma in realtà avrei dovuto dire:
per i primi sei mesi
un bambino è terribilmente solo,
in tutta la sua vita
non sarà mai così solo.
non c’è niente da fare
ed è difficile da credere
ma non è qualcosa di cui cercare una prova
ammesso che ciò sia possibile.
Da Pornocrazia
. . .
Kirill Medvedev (Медведев, Кирилл Феликсович). Classe 1975, si è diplomato presso l’Istituto di Letteratura Maxim Gorky di Mosca. Medvedev ha pubblicato articoli e recensioni su Russki Zhurnal, Nezavisimaya Gazeta e altri giornali e riviste. Ha tradotto autori contemporanei di lingua inglese, tra cui Il romanzo Donne di Charles Bukowski e alcune poesie dell’autore statunitense. Tra le sue opere citiamo: Tutto è male (2000); Invasione (2002); Testo pubblicato senza il permesso dell’autore (2005); 3%. Poesie (2007); Non va bene (2012). Partecipa attivamente al movimento di opposizione a Putin. Aderisce al gruppo socialista Avanti e ha fondato la Stampa Libera Marxista, che pubblica autori come Ernest Mandel, Pier Paolo Pasolini, Herbert Marcuse, Terry Eagleton e pensatori russi contemporanei.