Quota 100 è ormai agli sgoccioli. La misura voluta dalla Lega ai tempi della maggioranza gialloverde era provvisoria e aveva una durata di tre anni, che scadranno alla fine del 2021. Cosa verrà dopo? Fin qui, l’unica certezza è che il governo Draghi non intende rinnovare lo scivolo concepito dal Carroccio, che permette di andare in pensione con almeno 62 anni di età e 38 di contributi (ma anche con una forte penalizzazione per chi sceglie di lasciare il lavoro con il massimo anticipo, che comporta 5 anni di versamenti contributivi in meno). Ci sarà quindi bisogno di una riforma delle pensioni 2021 (da inserire probabilmente nella prossima legge di bilancio) per trovare un’alternativa a Quota 100 e ammorbidire la legge Fornero sul fronte della flessibilità in uscita. Le alternative sul tavolo sono diverse: più o meno costose per le casse dello Stato, più o meno convenienti per gli aspiranti pensionati.
QUOTA 41
Ormai da tempo, Lega e sindacati spingono per la cosiddetta Quota 41, ovvero la possibilità di andare in pensione a prescindere dall’età anagrafica se si hanno almeno 41 anni di contributi. Nel suo ultimo rapporto annuale, l’Inps ha spiegato che questa strada è “la più costosa”, perché arriva a impegnare più di 4,3 miliardi il primo anno e oltre 9,2 miliardi il decimo. Questa caratteristica rende improbabile l’adozione di Quota 41, perché che il ministero dell’Economia – attento a non far irritare la Commissione europea, particolarmente attenta sul capitolo previdenza – non sembra disposto a far passare interventi troppo pesanti per i conti pubblici.
QUOTA 100 CONTRIBUTIVA
La seconda ipotesi si può definire come una revisione sostanziale di Quota 100. Il valore da raggiungere rimane a tre cifre, ma i requisiti minimi cambiano: 64 anni di età e 36 di contributi. La novità più importante è però un’altra: questo canale d’uscita sarebbe accessibile al prezzo di un taglio della pensione, che verrebbe ricalcolata per intero con il metodo contributivo.
Si parla anche della possibilità di abbassare il requisito minimo a 20 anni di versamenti, mantenendo quello anagrafico a 64 e il calcolo col metodo contributivo al 100%. In questo caso è chiaro che l’importo dell’assegno sarebbe piuttosto basso, per questo si pensa di stabilire come soglia minima un valore pari a 2,8 volte l’assegno sociale.
Secondo le previsioni dell’Inps, questo intervento costerebbe 1,2 miliardi il primo anno, per arrivare al picco di 4,7 miliardi il settimo anno.
ANTICIPO A 63 ANNI DELLA SOLA QUOTA CONTRIBUTIVA
La terza proposta per superare Quota 100 arriva dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, e prevede un anticipo della pensione pari alla sola quota contributiva dell’assegno. Servirebbero almeno 63 anni di età e 20 di contributi e l’importo minimo sarebbe pari a 1,2 volte l’assegno sociale. Il resto della pensione verrebbe corrisposto a partire dal 67esimo anno di età.
L’Inps ritiene che questa ipotesi sarebbe la più vantaggiosa per lo Stato, perché costerebbe appena 443 milioni il primo anno, per arrivare a poco più di due miliardi il decimo.
LAVORI USURANTI E APE SOCIALE
L’ultima opzione piace ai tecnici del Tesoro e si articola su due livelli: proroga dell’Ape sociale (magari in versione potenziata) e allargamento di alcune platee per le quali è già previsto un canale d’uscita agevolato, ossia i lavoratori impegnati in attività gravose o usuranti e i cosiddetti “fragili”. In questo caso, i costi per le casse pubbliche andrebbero da 400 a 800 milioni l’anno.