La notizia del giorno, nella difficile corsa al Quirinale, è la candidatura di Romano Prodi da parte del Pd, che, a partire dal quarto scrutinio, voterà per il Professore. Una candidatura che, almeno sulla carta, ricompatta il Partito democratico (renziani e giovani turchi inclusi) e ricuce lo strappo con Vendola, ma che ha scatenato la reazione furibonda del Pdl.
Un cambio di nome che è anche un cambio di metodo, e una chiusura all’ipotesi di larghe intese. La scelta condivisa di Franco Marini si è conclusa con una debacle, che ha portato alla scelta del candidato più indigesto per Silvio Berlusconi. Chiara, e assai polemica, la posizione assunta dal centrodestra. Dopo le dichiarazioni irritate dei vari esponenti, è infatti arrivata la decisione, che per ora coinvolge Pdl e Lega Nord, ma alla quale potrebbe far seguito quella di altri gruppi della coalizione: non partecipare alla quarta votazione, quella nella quale basta la maggioranza assoluta dei componenti (504 voti).
Pdl e Lega dunque diserteranno il voto, per evitare eventuali franchi tiratori e per mettere spalle al muro il Pd, che ora dovrà necessariamente fare da solo visto che Scelta Civica di Monti si è già espressa per la Cancellieri e Grillo è irremovibile su Rodotà. Dal Movimento 5 Stelle stanno anche provando a ingolosire Bersani: “Se il Pd vota Rodotà, si aprono praterie per il governo…”.