Terzo giorno, terza votazione, terza fumata nera. Dallo scrutinio terminato intorno alle 15.30 cominciano però ad arrivare alcune indicazioni interessanti che si mescolano con le prese di posizione dei leader di partito che fuori da Montecitorio continuano a “trattare”. Al centro dell’attenzione non c’è più solo l’elezione del Presidente della Repubblica, ma anche la tenuta del Governo, che potrebbe scricchiolare nel caso in cui uno dei partiti di maggioranza decidesse di “strappare”, provando ad eleggere un candidato sgradito agli altri.
Quirinale: la terza votazione
Alla fine del terzo scrutinio si contano 412 schede bianche, 260 in meno rispetto a quelle registrate dopo la prima votazione. Segno che qualcosa comincia a muoversi in vista della quarta votazione, quando per eleggere il prossimo Presidente della Repubblica basterà la maggioranza semplice (505 voti al posto di 673) e si comincerà a fare sul serio.
Oggi, dalle urne della Camera sono venute fuori due indicazioni interessanti: la prima sono i 126 voti ottenuti da Sergio Mattarella. Nonostante il Presidente uscente abbia ribadito per mesi e in molte sedi diverse la sua indisponibilità a un secondo mandato, arrivando persino a mostrare le foto del suo “trasloco” dando un messaggio inequivocabile della sua volontà, molti rappresentanti sembrano non avere ancora intenzione di rassegnarsi all’addio. Tra essi, secondo molti osservatori politici, potrebbero esserci diversi rappresentanti del Movimento 5 Stelle, che hanno deciso di inserire il nome di Mattarella nell’urna, sottraendosi agli “ordini” del leader Giuseppe Conte, che aveva confermato anche per oggi la scheda bianca, insieme a Pd, Leu, Lega e Forza Italia.
La seconda indicazione interessante arriva dal numero di voti ottenuti da Guido Crosetto, odierno candidato di bandiera di Fratelli d’Italia, che Giorgia Meloni ha deciso di mettere sul piatto per “smuovere le acque” e porre fine allo stallo di questi giorni. Fdi può contare su 63 Grandi elettori, il co-fondatore del partito ha ottenuti 115 voti, quasi il doppio, raccogliendo probabilmente le preferenze di esponenti appartenenti agli altri due partiti di centrodestra. Un tesoretto che potrebbe rafforzare la posizione di Meloni in seno alla coalizione.
Casellati e le dure parole di Letta e Renzi
Bruciati in pochi minuti i 3 nomi proposti 24 ore fa dal centrodestra, oggi, per molte ore, si sono rincorse voci relative a quella che è stata definita “la tentazione di Salvini”. Secondo queste indiscrezioni, il leader della Lega sarebbe stato allettato dall’idea di “strappare”, cercando di eleggere al Quirinale l’attuale presidente della Camera, Elisabetta Casellati, con i voti del centrodestra e di alcuni esponenti di Italia Viva e Movimento 5 Stelle. Voci che hanno irritato, e non poco, Matteo Renzi ed Enrico Letta che oggi si sono incontrati per “concordare i prossimi passi”.
Il leader di IV, accusato di essere al centro di una sorta di scambio (i voti per Casellati in cambio della poltrona di Presidente del Senato) ha smentito categoricamente la notizia, parlando di “ipotesi che non esiste” e spiegando cosa potrebbe accadere nel caso in cui il centrodestra tentasse “il blitz”. Secondo lui, il centrosinistra farebbe la stessa mossa mettendo sul tavolo un suo nome. “Ma non si può eleggere un Presidente della Repubblica a gomitate”, ha aggiunto Renzi.
Durissimo invece il commento di Enrico Letta, che su Twitter non ha messo sul tavolo la stessa tenuta del Governo.
Un messaggio chiaro lanciato al centrodestra (Salvini in primis), ma forse anche Giuseppe Conte, le cui mosse – dal No a Draghi alle presunte trattative dirette con Salvini – avrebbero indispettito Enrico Letta.
Lo schema Draghi-Casini
Uno a Palazzo Chigi, l’altro al Quirinale. Potrebbe essere lo schema “Draghi-Casini” a mettere d’accordo i partiti di maggioranza, spingendoli a convergere sullo stesso candidato. Il punto è capire chi andrà dove.
Dopo le prese di posizione di Matteo Salvini e Giuseppe Conte, secondo cui l’attuale Premier dovrebbe restare dov’è per gestire le difficili partite che aspettano il Governo, l’ipotesi più probabile sembra essere quella di portare Pier Ferdinando Casini al Quirinale e lasciare Draghi a Palazzo Chigi. Un’opzione che potrebbe ottenere i 505 voti necessari per la fumata bianca data la carriera trasversale di Casini, per molti anni al centrodestra, ma dall’ultima legislatura passato al centrosinistra.
Pare invece più difficile riuscire a trovare la quadra sul trasloco dell’attuale presidente del Consiglio verso il Colle. Nel caso in cui Pd e Iv, i due partiti che sponsorizzano di più l’elezione di Draghi al Quirinale, riuscissero a convincere gli alleati di Governo, potrebbe essere proprio Casini a raccogliere il testimone dell’ex numero uno della Bce a Palazzo Chigi.
Dati i numeri ottenuti oggi inoltre, non si può escludere un Mattarella bis, ipotesi che potrebbe tornare in campo soprattutto in caso di stallo prolungato.
Le prossime mosse
In questo contesto si intensificano i contatti e le trattative tra i partiti. Secondo Matteo Salvini “La soluzione può essere vicina“. Previsti per stasera numerosi incontri, mentre è convocata alle 21 un’assemblea dei grandi elettori Pd.
L’appuntamento è per domani, giovedì 27 gennaio, sempre alle 11 per la quarta votazione, la prima a maggioranza semplice. Potrebbe essere il giorno in cui, finalmente, i partiti scopriranno le loro carte.