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QUIRINALE – Larghe intese e franchi tiratori: la storia delle elezioni presidenziali

Il più amato, a posteriori, fu Sandro Pertini, diventato un’icona del novecento italiano con quel Mondiale del 1982. Anche se nel 1978 partiva da outsider, osteggiato dallo stesso Craxi, e ci vollero ben 16 scrutini per eleggerlo. Quelli invece votati al primo scrutinio furono solo tre: De Nicola, Cossiga e Ciampi. L’unico a fare il bis è stato Giorgio Napolitano, mentre le città natali più rappresentate sono appunto Napoli con tre Presidenti, e Sassari con due. Il partito con più presenze al Colle è la Dc con 5 presidenti (e altri tre eletti sotto un suo governo), e tutti i Capi dello Stato, tranne Gronchi che ce l’aveva in Lettere, avevano la laurea in Giurisprudenza.

L’Italia sceglie così il suo 12esimo Presidente della Repubblica (13esimo mandato): il primo fu il liberale Enrico De Nicola, presidente della Costituente, poi nell’ordine Luigi Einaudi e la lunga serie di democristiani da Giovanni Gronchi a Antonio Segni, a Giovanni Leone, Francesco Cossiga e Oscar Luigi Scalfaro, intervallati dal socialdemocratico Giuseppe Saragat e dal socialista Sandro Pertini. Infine l’indipendente Carlo Azeglio Ciampi e il presidente delle larghe intese Giorgio Napolitano, con un passato nel partito comunista ed eletto da Ds.

La storia delle elezioni del Capo dello Stato, che prima di questa tornata avevano totalizzato ben 106 scrutini in tutto, non è però priva di aneddoti e retroscena. Il primo “agguato” dei franchi tiratori avvenne alla seconda elezione, quella di Einaudi nel 1948. Alla vigilia il nome forte era quello del conte Carlo Sforza, antifascista doc e già ministro degli Esteri, laico ma appoggiato anche dalla Dc di De Gasperi: al primo scrutinio però i voti a favore si fermarono a 353, 130 in meno di quelli che sembravano garantiti. Fu così che, bruciato il candidato, al quarto scrutinio, il primo utile con la maggioranza semplice dell’assemblea congiunta di deputati, senatori e delegati regionali, uscì il nome del liberale Luigi Einaudi, primo Capo dello Stato in carica per sette anni.

L’elezione più travagliata fu invece sicuramente quella di Giovanni Leone, nel 1971: se infatti nel 1964 ci vollero 21 scrutini (di cui uno nel giorno di Natale…) per eleggere Saragat, sette anni dopo per conferire il mandato all’esponente Dc, già presidente del Consiglio, ce ne vollero ben 23. L’ultimo anno della sua discussa presidenza, il 1978, fu anche funestato dalla tragica vicenda del rapimento e dell’omicidio di Aldo Moro, che precedette di poco la fine dell’era Leone e l’inizio di quella di Pertini.

Sandro Pertini è stato, senza togliere nulla agli altri, probabilmente il presidente più amato: negli occhi di milioni di italiani sono ancora scolpiti gli indimenticabili momenti del Mondiale spagnolo e del mitico scopone in aereo con i campioni del mondo Zoff, Causio e Bearzot, così come la vicinanza alle famiglie vittime del terremoto dell’Irpinia nel 1980 e l’impegno contro la mafia negli anni degli attentati a La Torre e al generale Dalla Chiesa. Tutti momenti che consacrarono il socialista, con un passato da partigiano, come il presidente di tutti. Ma la sua elezione non fu affatto scontata, visto che il suo oppositore più vivace fu proprio il suo segretario di partito, Bettino Craxi, che per un attimo era quasi stato disposto a sacrificare la nomina di un presidente socialista pur di non vedere al Colle il collega che meno sopportava, per la sua indipendenza. Alla fine, dopo 16 scrutini, Pertini ottenne quella che ad oggi resta la maggioranza più ampia di sempre: 832 sì su un totale di 995 grandi elettori.

A sorpresa, e con la seconda maggioranza più forte di sempre (752 su 977, al primo scrutinio), avvenne anche la nomina di Francesco Cossiga sette anni dopo. La parabola dell’esponente Dc sardo è curiosa: nel 1962, quando al Quirinale salì Antonio Segni, il suo assistente personale era proprio il 34enne Cossiga, che tutto poteva immaginare tranne che diventare lui Capo dello Stato 23 anni dopo. La sua elezione fu un capolavoro di Dc e Pci, alleati per ostacolare lo strapotere socialista dell’epoca.

L’ultimo capolavoro, ovvero l’ultima elezione, ad oggi, al primo scrutinio, è stata quella di Carlo Azeglio Ciampi nel 1999: il nome dell’economista livornese, oggi 94enne (l’unico ancora in vita insieme a Napolitano), fu frutto di un accordo tra maggioranza e opposizione, ovvero tra l’allora premier D’Alema e il leader del centrodestra Berlusconi. Ciampi è stato il primo presidente eletto nella cosiddetta Seconda Repubblica, seguito poi dal doppio mandato di Giorgio Napolitano.

Se la prima nomina dell’allora esponente Ds fu per così dire “normale”, è stata la seconda a essere ricordata come una delle più confuse della storia, con il clamoroso pasticcio sul nome di Romano Prodi e la famosa “carica dei 101” franchi tiratori del Pd. Non da meno fu però il balletto del 1992, in piena Mani Pulite, interrotto solo dall’attentato a Giovanni Falcone che fece di Oscar Luigi Scalfaro, dopo ben 16 estenuanti scrutini, il presidente definito “dell’emergenza”.

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