Sergio Mattarella, giudice costituzionale di nomina parlamentare, uomo della migliore tradizione cattolico-democratica, sarà oggi eletto al quarto scrutinio come dodicesimo presidente della Repubblica. Può contare su un consistente pacchetto di voti (Pd, Sel, Scelta civica ex grillini e altre formazioni centriste), che tutti ritengono non soltanto a prova di franchi tiratori, ma anche in progressiva crescita. Ieri, a tarda sera, dopo un appello (per la verità abbastanza generico e rivolto a tutte le forze politiche di maggioranza e di opposizione) di Matteo Renzi, anche il Nuovo Centro-destra con Area Popolare di Angelino Alfano ha annunciato il proprio sì alla candidatura messa in campo dal segretario del Pd.
A questo punto c’è anche chi ipotizza che alla fine anche Berlusconi potrebbe tentare il colpo a sorpresa annunciando all’ultimo momento il voto favorevole di una Forza Italia sempre più divisa con i fittiani che reclamano l’azzeramento dell’intero gruppo dirigente. Ma più che un botto la decisione dell’ultimo momento di Berlusconi sarebbe lo scoppio ritardato di un petardo bagnato.
Già, perché il tutto è arrivato o arriva fuori tempo massimo, cioè quando Mattarella già poteva contare su una buona maggioranza, anche al netto dei voti di Alfano e di Berlusconi. Certo, il via libera all’ultimo momento del principale alleato di governo di Renzi evita almeno il paradosso di un ministro dell’Interno in carica che non vota (e a un certo punto si era ipotizzata anche la non partecipazione al voto) il capo dello Stato. Da vedere se un ribaltamento all’ultimo momento delle posizioni di Forza Italia salverebbero o meno quel poco che è rimasto del troppo enfatizzato patto del Nazareno. Il quale però per completare le riforme istituzionali potrebbe ancora tornare utile.
Renzi esce vincitore da questa battaglia condotta con determinazione craxiana (il Craxi che portò Pertini al Quirnale), riuscendo a contenere il più possibile la portata del patto. Del resto il segretario del Pd aveva ripetuto in continuazione che l’intesa con Berlusconi riguardava soltanto le riforme elettorale ed istituzionale. Difficile quindi oggi per l’ex cavaliere e per i suoi fedelissimi gridare al tradimento per una mancata applicazione ad un campo (il Quirinale) che uno dei contraenti ha sempre pubblicamente dichiarato estraneo.
Certo Renzi fino all’ultimo ha cercato l’intesa per il presidente della Repubblica con tutti, quindi anche con il centro-destra. Ma il punto di partenza dichiarato era il Pd: l’identificazione di un candidato di alto profilo che ricompattasse il Pd. E qui con il nome di Mattarella il segretario ha subito convinto la minoranza del suo partito: l’incontro decisivo con Bersani è durato solo un quarto d’ora. Il tempo di due sì.
La soluzione Mattarella è soprattutto equilibrata: un cattolico con la schiena dritta è stato più volte detto, evocando le sue dimissioni da ministro del governo Andreotti nel 1990 in polemica con la legge Mammì ritenuta dalla sinistra dc troppo generosa nei confronti delle televisioni di Berlusconi. Molti hanno detto che il prescelto ricorda molto Oscar Luigi Scalfaro. Io credo che invece la sua figura vada collocata tra quegli uomini di cultura della sinistra cattolica, molti dei quali di scuola morotea, tra i quali ricorderei Elia, Ruffilli, Andreatta e magari Scoppola.
Non so fino a che punto si possa dire di alto profilo, ma si tratta certamente un uomo sobrio e talvolta schivo, che non frequenta i talk show. Certo che Mattarella è un politico che dove ha fatto, ha fatto bene. A lui si deve la riforma elettorale, forse più amata dai bipolaristi italiani: il Mattarellum. Da ministro della Difesa ha riformato la leva, non più obbligatoria. E’ stato vicepresidente del Consiglio. Insomma un curriculum di tutto rispetto. E, quanto ad esperienza internazionale, è stato ministro della Difesa durante la guerra in Kossovo.
La sua elezione certamente creerà (soprattutto per gli errori di altri) qualche fibrillazione nel quadro politico. Il Governo comunque dovrebbe tenere: c’è un Pd più coeso e Alfano ha fatto alla fine di tutto per evitare un possibile precipitare dei rapporti con Renzi. La legge elettorale è in dirittura d’arrivo alla Camera dove il governo non ha grossi problemi di numeri, e così bene o male l’Italicum arriverà in porto, sopravvivendo anche ai malumori e alle minacce di Berlusconi.
Qualche problema in più ci potrebbe essere per la legge costituzionale sul Senato, che ha bisogno della doppia lettura e della maggioranza qualificata. Resta il fatto che proprio Alfano e Berlusconi dovrebbero essere i meno tentati da elezioni ravvicinate. Insomma: il governo Renzi dovrebbe farcela ad andare avanti sulla via delle riforme. Economia ed Europa permettendo. Ma quella è un’altra storia.