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Quella sinistra scontenta di Monti

Non passa giorno senza che intellettuali o politici di sinistra dichiarino il proprio disagio di fronte al governo Monti, accusato di fare solo rigore – Dal libro di Rampini ai sogni di Vendola – Ma Bersani è più realista e si mostra consapevole del fatto che la sinistra non può essere solo uno stato d’animo ma deve avere proposte innovative convincenti

Quella sinistra scontenta di Monti

Non passa giorno ormai senza che intellettuali o politici di sinistra dichiarino il proprio disagio di fronte al Governo Monti accusato di fare solo rigore, di non pensare allo sviluppo, di non essere nemmeno equo nella distribuzione dei sacrifici. O peggio di essere schiavo dello spread, cioè della grande finanza internazionale, succube della Merkel che impone a tutta l’Europa la ricetta suicida del rigore di bilancio, oppure, sulle cose di più bassa cucina nostrana, di essere tenero con gli interessi nella Tv della famiglia Berlusconi. Ieri, ad esempio, è stato un coro di lamentele sia alla presentazione del libro di Federico Rampini “Alla mia Sinistra”, sia al convegno milanese dell’Associazione “Giustizia e Libertà”, dove è stato presentato un manifesto in cui è detto testualmente che il Governo tecnico può essere un veleno per l’intera società.

Rampini ha scritto un libro che si può inquadrare nel filone nostalgico: quanto era bello quando i giovani erano mossi da grandi ideali di giustizia e di rinnovamento, quando si scendeva in piazza sulla scia di generose illusioni di cambiare il modello di sviluppo! Ma quella spinta libertaria e progressita, non essendo basata su una solida cultura di governo reale della società e di tener conto dei grandi sommovimenti storici avvenuti in tante regioni del pianeta, è stata sconfitta dai conservatori che hanno eletto il liberismo come filosofia della libertà e del progresso. Ora che la crisi mondiale ha messo in dubbio tante virtù che venivano attribuite al mercato, ecco che dalla sinistra vengono rispolverate vecchie parole d’ordine e si cerca una via per poter offrire ai cittadini di tanti paesi occidentali impoveriti, ed ancor più impauriti, una strada per riprendere un cammino di progresso in sicurezza.

Uno sforzo generoso ed importante. Se si guarda all’Italia dove la fiducia nei confronti dei partiti è scesa ai minimi termini, la necessità delle forze politiche di rinnovarsi sia culturalmente che nelle modalità organizzative è sicuramente una priorità. Tuttavia l’analisi sulle cause dell’attuale crisi e le prime terapie che vengono proposte sono ancora largamente lacunose quando non del tutto fuorvianti. Rampini, ad esempio, sembra riecheggiare le affermazioni di Landini e della Fiom, quando sostiene che Monti ha premuto troppo il piede sul rigore fiscale, quando non ci sono progetti reali di sviluppo e quando non si pensa all’incremento dell’occupazione. Al contrario, secondo Rampini, occorrerebbe stimolare la domanda interna, perchè senza consumi le aziende non lavorano e quindi investono. Vendola, aggiunge con i suoi toni da predicatore che la politica che si sta facendo si configura come “macelleria sociale” ed indica una serie di obiettivi, più lavoro, più reddito, più uguaglianza, guardandosi bene però dal dire come si possono veramente raggiungere.

Tutto parte da un’analisi un po’ demagogica e populista secondo la quale all’origine della crisi c’è l’avidità dei banchieri ed i pasticci fatti dai mercati finanziari completamente deregolati. Curioso notare che una simile analisi viene fatta anche da destra, dove autorevoli esponenti del Pdl come Cicchitto e Tremonti, che pure sono in profondo disaccordo tra di loro, accusano il mercato finanziario di essere all’origine di tutti i nostri guai. Nulla si dice sulle responsabilità della politica che per anni ha allargato troppo la spesa pubblica stampando dollari come negli Usa o facendo debiti come in Italia. E forse l’origine vera della crisi va ricercata negli squilibri delle economie reali rispecchiati dalle bilance dei pagamenti, nelle politiche lassiste di Governi e Banche centrali e poi anche nelle disinvolte operazioni messe in essere dal sistema bancario che doveva far girare questa massa enorme di moneta circolante nel sistema.

Per quel che riguarda l’Italia, bisogna considerare che la manovra del “salva Italia” non sarebbe stata credibile se si fosse basata sul taglio delle spese invece che sulla certezza dell’aumento delle imposte, perchè, come ha dimostrato Paolo Savona, negli ultimi vent’anni, nonostante i ripetuti annunci di tagli, le spese pubbliche sono sempre cresciute a tassi superiori a quelli del reddito. Il primo problema era ed è per noi quello di ridurre lo spread non solo per evitare il default ma anche per far sì che la riduzione degli interessi consentisse di avere un po’ di risorse per fare qualche investimento in infrastrutture e/o ridurre il carico fiscale. Insomma, non è solo colpa della Germania se l’Italia è costretta a fare una politica di rigore dato che nessuno è più disposto a finanziare il nostro debito. La crescita verrà sia dal risanamento del bilancio pubblico tramite la riduzione dei tassi d’interesse, sia dalle riforme come le liberalizzazioni (ingiustamente oggetto di scherno da parte di Rampini) e il mercato del lavoro.

Quello che manca veramente sia nell’analisi di Rampini e Vendola sia nella politica di Monti è un efficace e rapido taglio della spesa pubblica e della sovrastruttura politica che l’amministra. E’ lì il vero problema dell’Italia: negli sprechi e comunque nella bassa efficienza della spesa pubblica, da dove deriva principalmente la nostra bassa competitività. Bisogna non eliminare ma razionalizzare il welfare e soprattutto togliere la gestione di tanti servizi al mondo politico che opera secondo criteri clientelari e di consenso e non di efficienza. Di questo non si parla. Anzi Vendola è arrivato a difendere in toto la “casta” dei politici dicendo che la vera casta sta “nelle banche e nelle grandi proprietà”.

Solo Bersani ha cercato di indicare un modo concreto e politicamente possibile per dare corpo alle speranze di costruire una società diversa, più giusta e più dimanica nella quale si possono avere ragionevoli sicurezze circa il futuro. La sinistra non può essere solo uno stato d’animo ma deve dimostrare una capacità di governare misurandosi con i problemi reali senza fughe in avanti o rigidità velleitarie. Ha ricordarto che il Governo Monti è nato per salvare il Paese che era stato portato sull’orlo del baratro e che quindi certe misure di emergenza non potevano non essere adottate. Ma se tra un anno la politica vuole tornare a governare il paese deve offrire un programma credibile ed alleanze solide su punti ben chiari coinvolgendo anche le forze moderate del centro. E su questo Vendola, nonostante il suo estremismo parolaio, si è detto disponibile a parlare anche con il Terzo Polo.

La sinistra alla ricerca di una sua nuova identità non può limitarsi a rispolverare spezzoni della sua vecchia ideologia lottando contro le ingiustizie del mercato ed affidando la ripartenza al ruolo dello Stato. In Italia è infatti proprio il settore pubblico il vero epicentro della crisi mentre il mercato, se opera secondo regole chiare, assicura un uso più efficiente delle risorse sia finanziarie che umane. La formula da sperimentare è quindi quella di un mercato ben funzionante nell’ambito di uno “Stato più forte non più grande”.

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