Dopo le grandi abbuffate con i dolcetti di Carnevale (chiacchiere, frittelle e favette) in Italia e non solo, arriva il momento di sobrietà e moderatezza a tavola: la Quaresima. Nella liturgia cattolica è il periodo di penitenza e astinenza di quaranta giorni, dalla fine del Carnevale alla Pasqua, che ha inizio il Mercoledì delle Ceneri e termina con il Giovedì Santo. Tale ricorrenza, prevede un periodo di rinunce e penitenza, secondo i precetti della religione cattolica, soprattutto il venerdì, giorno di astinenza per eccellenza dal consumo delle carni. Le rinunce, però, non si limitano solo al consumo di carne, ma va estesa a tutti quei cibi “grassi” e “ricchi”.
Quaresima: la storia
Secondo la tradizione cristiana, il Mercoledì delle Ceneri rappresenta l’inizio dei quaranta giorni che Gesù passò in meditazione nel deserto senza cadere in tentazione, dopo il suo battesimo nel Giordano. Per i cattolici, quindi, la Quaresima rappresenta un cammino di preparazione alla celebrazione della Pasqua, il culmine delle festività cristiane. In questi quaranta giorni sono previste una serie di regole o osservanze di carattere religioso come il digiuno ecclesiastico e altre forme di penitenza, la preghiera più intensa e la pratica della carità. Ad esempio, il Mercoledì delle Ceneri si deve osservare carnem levare, con il solo consumo di un pasto completo, senza cibi ricercati, in tutto il giorno. Il digiuno deve essere osservato da chi ha più di 18 anni e dalle persone in salute ma non è un obbligo, mentre chi ha più di 14 anni deve rispettare l’astinenza senza privazioni di cibo. Sono precetti che andrebbero osservati anche il Venerdì Santo mentre nei venerdì di Quaresima i fedeli sono invitati all’estensione dalle carni e al mangiare di magro (evitare gli eccessi) per arrivare alla resurrezione di Gesù dopo un cammino di purificazione e meditazione.
Questo perché si ritiene che Gesù sia morto in un venerdì, per cui in tale giorno i fedeli devono osservare penitenza e mortificazione astenendosi da cibi ricchi, come la carne e derivati (strutto e lardo). Al contrario è possibile mangiare pesce, purché sia un tipo “povero”, poco costoso e non ricercato, oppure si può optare per piatti vegetariani o vegani. La regola dell’astinenza dalle carni non vieta di consumare uova e latticini, diversamente dal passato.
In Quaresima mangiare di magro non era una scelta ma un dovere a cui non ci si poteva sottrarre. Durante il regno di Carlo Magno, chi mangiava carne di venerdì veniva punito con la pena di morte. Per evitare queste punizioni “estreme”, la vendita venne poi vietata, così da lasciare spazio solo a verdure e pesci poveri. La lista degli alimenti proibiti comprendeva ovviamente la carne e i grassi animali ma non erano concessi neppure i latticini e i tuorli delle uova. La cucina del periodo quaresimale era basata principalmente su pane, verdure, polenta, ortaggi, legumi e pesce (baccalà, calamari, orata, acciughe e via dicendo).
I piatti tipici della Quaresima: da nord a sud
La Quaresima non prevede più il digiuno totale bensì il consumo moderato di alimenti semplici proprio a sottolineare la penitenza e la rinuncia per unire le proprie sofferenze a quelle di Gesù morto sulla croce. Ma semplice non vuol dire poco saporito, vi sono moltissime preparazioni che garantiscono un gusto eccellente nonostante i pochi ingredienti. E la cucina italiana è ricca di piatti tradizionali quaresimali.
Ad esempio, le lasagne gran magro della cucina piemontese utilizzano al posto del ragù di carne un sugo a base di acciughe, burro, olio, parmigiano e pepe; la pasta con la colatura di alici, tipica campana, risale alla cultura greco-romana e la pasta con le sarde della tradizione siciliana, arricchita da finocchieto selvatico, zafferano, uvetta e pinoli. Un altro piatto tradizionale da provare è la buridda ligure, letteralmente “miscuglio di pesce”.
I protagonisti indiscussi della cucina quaresimale sono il baccalà e lo stoccafisso, a cominciare dal baccalà alla vicentina (dove in realtà si usa lo stoccafisso) e dal baccalà alla cappuccina friulano caratterizzato dall’aggiunta di cannella, zucchero e un po’ di cioccolato; in Liguria si preferisce lo stoccafisso in zimino cotto con le bietole, mentre spingendoci sud incontriamo il baccalà mollicato dell’Abruzzo che viene dapprima lessato e poi finito di cuocere in forno, o il baccalà in guazzetto o in agrodolce della tradizione romana o ancora il tipico baccalà alla napoletana, infarinato, fritto e finito di cuocere messo a cuocere nel forno con pomodoro fresco, capperi, olive, pinoli ed uvetta.
La cucina napoletana propone lo scammaro, un condimento senza uova e arricchito da olive, capperi, pinoli e uvetta. Il nome stesso del piatto è legato alla Quaresima e significa mangiar grasso. Si può usare per condire la pasta oppure per fare la famosa frittata di scammaro. Sempre a Napoli il Giovedì Santo – l’ultima cena di Gesù – si mangia zuppa di cozze.
il cappon magro originario della Liguria chiamato nel ‘500 “biscotto farcito”. Il nome può trarre in inganno, perché non c’è il cappone, ma una base di pane secco abbrustolito sul quale si sovrappongono strati di verdure e pesci di vario tipo, intervallati da strati di salsa genovese. Una preparazione piuttosto laboriosa.
Anche se in questi quaranta giorni vige un regime rigido e moderato non vuol dire che non ci si possa abbandonare a qualche sano e gustoso dolcetto. I più famosi sono i biscotti quaresimali, poveri di grasso (privi di qualsiasi ingrediente di origine animale) che sono originari di varie regioni, ognuna delle quali ha apportato varianti alla ricetta. In quella napoletana sono aromatizzati con cannella, vaniglia, noce moscata e un’aggiunta di cedro candito, mentre la versione genovese prevede pasta di mandorle, albumi e acqua di fiori di arancio, e in quella toscana i biscotti sono preparati con chiare d’uovo e cacao in polvere. E infine, ci sono quelli liguri, fatti con pasta di mandorle, zucchero, acqua di fiori d’arancio, albume d’uovo, farina, semi di finocchio, guarniti con zucchero fondant al gusto di maraschino, pistacchio, limone o caffè.
Dalla Toscana arriva anche un’altra ricetta dolce di questo periodo, ossia il pane di ramerino, realizzato con uvetta e olio aromatizzato al rosmarino. Ma il dolce quaresimale per eccellenza è il maritozzo romano, in versione “sobria” una pagnottella cotta al forno fatta di pasta reale e miele, pinoli, canditi, trattati con olio di oliva, ovviamente primo dalla panna montata.