A ottobre, il dollaro si è apprezzato, spingendo i relativi indici ai massimi da quattro anni a questa parte. Mercati azionari euforici e un dollaro forte hanno spinto l’oro verso il basso, in scia alla debolezza delle altre commodity e al collasso del prezzo del petrolio. Il supporto tecnico di 1.180 dollari non ha retto e l’oro ha chiuso il mese con una perdita del 2,87% a quota 1.1173,48 dollari.
In aggiunta, numerose società minerarie hanno riportato dati deludenti nel terzo trimestre. Va comunque sottolineato che questo rallentamento fa seguito a diversi trimestri positivi e non rappresenta un ritorno ai giorni bui caratterizzati da eccessive promesse ma scarsi ritorni. La drammatica sottoperformance dei titoli auriferi a settembre e ottobre va oltre qualsiasi cambiamento intervenuto nei fondamentali e anche oltre il normale beta che questi titoli hanno storicamente registrato rispetto all’oro. Buona parte dell’ondata di vendite sembra indiscriminata.
Quindi, quali conclusioni possiamo trarre? Dopo aver toccato il picco di 1.921 dollari a fine 2011, il prezzo dell’oro ha corretto nel 2012. Questa correzione si è trasformata in un ciclo al ribasso nel 2013 la cui ampiezza e durata sono andati oltre qualsiasi previsione. Tutto ciò ci riporta a due precedenti. L’oro e i titoli auriferi registrarono una caduta simile nelle fasi negative di mercato del 1996 e nel 2000.
Il sentiment negativo nei confronti di questo settore era simile e la vendita di oro da parte delle banche centrali ricorda le vendite sui prodotti quotati che stiamo vedendo in questa fase. Il contesto di mercato, poi, è simile al crollo del 2008 dove ogni volta che si credeva di aver toccato il fondo interveniva una nuova ondata di vendite a spingere ulteriormente verso il basso. Sembra che la preoccupazione abbia toccato livelli paragonabili ai minimi di questi precedenti.
Forse ci attende un’altra ondata di vendite e forse avremo un’altra fine d’anno all’insegna della pressione dovuta al tax-loss. Ma se guardiamo alle difficoltà che il mercato dell’oro ha affrontato nell’ultimo biennio, potremmo anche essere alla resa dei conti e vicini al fondo. Alla luce di tutto ciò, l’elemento di traino più potente per l’oro si ha quando la fiducia negli Usa è sotto pressione. Il mercato al ribasso dell’oro di fine anni ’90 è finito con lo scoppio della bolla internet.
La fiducia è calata e il dollaro ha intrapreso un trend al ribasso di lungo periodo. Il contesto negativo del 2008 ha invertito in scia allo scoppio della crisi del credito. Una volta attenuato il panic selling, il dollaro e l’oro sono cresciuti insieme, diventando porti sicuri, sebbene il dollaro abbia interrotto la sua corsa mentre l’oro ha proseguito.
Attualmente la fiducia negli Usa è alta. Non vi sono segnali di minacce, l’economia sta gradualmente migliorando e per la Fed si prevede una normalizzazione della politica monetaria senza scossoni. Per tutta questa serie di motivi, riteniamo con buona probabilità che l’oro continuerà a soffrire fino a quando non interverrà qualche elemento ad agitare i sonni degli investitori Usa.