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Put, spin off, aria d’Opa: autunno elettrico per Edison

Il vertice, forse decisivo, tra Henry Proglio, pdg di Edf, e il ministro delle Attività Produttive Paolo Romani, si terrà tra 48 ore a Milano. Forse. Perché, rivela il Corriere della Sera, l’appuntamento sembra non trovare spazio nell’agenzia del ministro in altre faccende affaccendato. Anche così si rischia di far slittare l’ennesima data limite, stavolta prevista per il 31 ottobre, per il divorzio tra la cordata italiana ed il colosso francese, ormai sicuro di issare la sua bandiera sul palazzo Edison di Foro Buonaparte. Ma ormai la trattativa con Proglio è solo un elemento, seppur importante, del riassetto del sistema dell’energia che fa capo alle utility italiane del centro nord. I grandi movimenti sono già iniziati.

Si parte, come è ovvio, dall’accordo con Edf. I soci italiani sembrano intenzionati a “sparare” una richiesta di 1,5 euro per la put a tre anni garantita da Edf. Sembra una cifra alta, vista la quotazione attuale (0,95 euro), ma il valore strategico della partecipazione è indiscutibile.

La questione è rilevante perché la put servirà a calcolare il prezzo dell’eventuale Opa che Edf con ogni probabilità dovrà garantire al mercato (Parmalat docet). A spingere per un prezzo elevato sono, in questa cornice, soprattutto le banche creditrici della Tassara di Romain Zaleski che detiene il 10,025% della società elettrica: di questi tempi non è facile per i creditori trovare occasioni per liquidare l’esposizione del finanziere.

Dal punto di vista politico, Romani insisterà perché Edf paghi parte dell’esborso in “natura”, ovvero cedendo ai partner italiani i centri di produzione di energie rinnovabili (in massima parte idroelettrica).

La questione si lega al riassetto allo studio dell’organizzazione di A2A. Circola uno studio elaborato dai partners bresciani della multiutility che prevede lo spin off del settore ambientale dal business della generazione elettrica. Dovrebbero nascere due società autonome, la prima a gestione bresciana, visto anche il know how accumulato in questi anni nel teleriscaldamento e nella gestione rifiuti, la seconda in mano ai milanesi. In uno stadio successivo le due società potrebbero essere collocate sul mercato.

Il progetto, di cui parla anche il “Sole 24 Ore Lombardia”, servirà però soprattutto a separare la gestione dei due rami d’azienda rimuovendo le continue occasioni di contrasto tra bresciani e milanesi, soprattutto dopo l’arrivo a palazzo Marino di un assessore forte come Bruno Tabacci. L’iniziativa, comunque, è bresciana. Il presidente Giuliano Zuccoli non vede di buon occhio il progetto. Cosa più che comprensibile: solo un paio di settimane fa sembrava credibile la prospettiva del lodo Zuccoli, ovvero l’acquisto dell’intera Edipower e la costruzione di un polo italiano dell’energia di grandi dimensioni. Ora, si profila un’Edison dimezzata, nel tentativo di rivedere la governance inchiodata sul duale che nel caso di A2A non ha funzionato.

Il gran lavorio in casa A2A, +1,32% in Borsa, avviene mentre sta uscendo di nuovo dai cassetti il sogno della multiutility del Nord caro al pdg che annusa aria di cambiamento anche in Lombardia. Il progetto prevede di mettere assieme A2A, Iren ed Hera dando vita ad un polo con 11 miliardi di fatturato e 23mila dipendenti di cui Milano potrebbe contare su qualcosa meno del 30%, Torino e Brescia attorno al 10%, l’Emilia sul 20%: ovvero un solido polmone finanziario pubblico in mano alle amminsitrazioni del centro Nord. Chissà se per l’occasione diminuiranno i numeri dei posti nei cda o, secondo vecchio costume, si coglierà l’occasione per moltiplicare carcihe, consulenze e rimborsi.

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