Preannunciano dura battaglia in tutte le sedi un gruppo di produttori di Prosecco di Asolo a difesa del loro prodotto tradizionale oramai famoso in tutto il mondo. Il gruppo di puristi a difesa della tradizione è sceso armi in pugno in campo contro la votazione dell’assemblea del Consorzio Asolo Montello, che il 30 giugno scorso ha votato la proposta d’introduzione della tipologia “Asolo Prosecco Rosè” nel disciplinare della Docg Asolo.
In una lettera inviata al ministro Patuanelli, ai sottosegretari Centinaio, al Presidente della Regione Zaia, all’assessore regionale all’agricoltura Caner, ai presidenti di Confragricoltura e Coldiretti, denunciano la loro “netta contrarietà nei confronti di un’operazione che è stata votata in senso contrario dai 2/3 dei soci partecipanti all’assemblea. Tale operazione, infatti, non predilige l’identità e la qualità delle vigne, né aggiunge valore a quella che è ormai diventata una delle principali denominazioni spumantistiche d’Italia, ma rischia piuttosto di tradursi in un’iniziativa meramente commerciale che appiattisce la Docg Asolo ai grandi numeri della Doc, ingenerando una notevole confusione anche e soprattutto nel consumatore, vanificando tutti gli sforzi profusi sino a oggi per far comprendere la differenza tra Docg e Doc”.
Secondo i firmatari della lettera “questa discutibile iniziativa” non tiene in alcun conto della storicità della denominazione, “grazie alla quale ci è stata riconosciuta la menzione di Prosecco Docg Superiore e che davvero ci permette di esibire con orgoglio un valore che è il fiore all’occhiello delle nostre aziende e delle nostre vigne”.
Tra l’altro per il gruppo di contestatori il progetto “Asolo Prosecco Rosè Docg” non sarebbe neanche “lontanamente rappresentativo del nostro territorio, considerata la scarsità di vigne di pinot nero”, con la conseguenza che in uno scenario di mercato che è sempre più consapevole e attento all’autenticità, questa nuova categoria minerebbe “la credibilità stessa di ciò che abbiamo faticosamente costruito e andrebbe a tradire in un certo qual modo il patto di fiducia che ci lega ai nostri consumatori, che da sempre accogliamo e accompagniamo per mano alla scoperta del nostro territorio, che è ricco e unico, con tutte le sue specificità che ne costituiscono un valore essenziale e inestimabile”.
Tornando alla votazione del 30 giugno scorso, i sottoscrittori dell’appello ritengono del tutto incongruo che a prevalere sia stato “il peso ponderale di votanti (per il quale si è tenuto conto del numero di bottiglie prodotte), a scapito della valutazione dell’effettiva rappresentatività numerica dei soci” lamentando che la predilezione dei volumi e dei numeri a scapito della qualità e dell’eccellenza, “possa rivelarsi una scelta scarsamente strategica, nel medio e nel lungo periodo”, contestano inoltre la modalità in cui è stato trattato l’importante argomento “senza una discussione preventiva e senza che siano state convocate delle riunioni tra le associazioni di categoria e produttori” e denunciano infine che “questa ipotesi comporta la necessità dell’impianto di nuovi vigneti con un forte impatto sul territorio e sul paesaggio, nonché sul tessuto sociale”.