Quanto pesa l’inefficienza della politica sulla crisi italiana? Di quanto si sono impoverite le famiglie negli ultimi 10 anni? Quali prospettive ci sono per lo scenario internazionale sull”orlo della recessione? Si riproporrà in Europa la situazione che si è presentata negli Stati Uniti nel 2008? A queste e altre domande ha risposto il Rapporto di Previsione presentato da Prometeia. Ecco un riassunto della studio che viene presentato sin dal 1974.
La crisi del debito pubblico italiano e le incertezze della nostra politica economica.
L’Italia è al centro dei rischi di crisi mondiale che l’Europa, fulcro dello stato attuale della lunga crisi finanziaria, potrebbe in astratto innescare. La percezione da parte dei mercati finanziari che il governo italiano, dopo le tornate elettorali di maggio e giugno, avesse intenzione di procedere a un rilancio dell’economia, passando in secondo ordine l’impegno di azzeramento del disavanzo pubblico, mentre era in corso la nuova fase di crisi del debito greco, ha innescato una ondata di vendite di azioni bancarie italiane il 23-24 giugno scorso. Successivamente, le incertezze nel disegnare la politica di bilancio per l’azzeramento del deficit in tempi ragionevolmente brevi ha spostato le vendite direttamente sui titoli del nostro debito pubblico, anche se non si presentavano problemi né di liquidità, né di solvibilità. A differenza della Grecia, la cui crisi non poteva essere evitata, la eccessiva concentrazione di alcuni membri del governo italiano sulle esigenze elettorali di breve termine ha lasciato spazio a riallocazioni di portafoglio negative per il nostro debito pubblico che potevano essere evitate. La ricostruzione della credibilità della politica economica italiana non solo sarà onerosa per famiglie, imprese e sistema bancario, sarà anche prolungata perché per quanto mirate, innovative e profonde saranno le “misure per lo sviluppo”, i loro effetti matureranno lentamente. Il costo del nostro debito salirà gradualmente dai 4.5 punti di Pil ai 5.3 punti percentuali, quasi 90 miliardi di euro nel 2014. Il passo già lento della nostra economia, inferiore a quello europeo da un decennio a questa parte, sarà ulteriormente ridotto dalle restrizioni fiscali, dai maggiori oneri per interessi che si diffonderanno anche al settore privato e dal ciclo negativo degli investimenti in costruzioni, per quanto riguarda la domanda interna; a ridurre il tasso di crescita contribuirà anche il rallentamento della crescita della domanda estera. Nel corso del 2012 il Pil italiano cadrà nella media dello 0.3 per cento. Questo risultato conseguirà da due trimestri di caduta del Pil a cavallo tra il 2011 e il 2012. La ripresa successiva sarà ancora una volta molto lenta, inferiore all’1 per cento.
Nel 2012 il reddito disponibile delle famiglie in termini reali sarà in caduta per il quinto anno di seguito.
Le misure di correzione del disavanzo incideranno prevalentemente sulla formazione di reddito disponibile delle famiglie, il quale sarà in caduta in termini reali anche nel corso del 2011 e 2012, dopo essersi ridotto già nei tre anni precedenti. Nel complesso dei cinque anni, al termine del 2012 il reddito disponibile delle famiglie si sarà ridotto in termini reali del 5.6 per cento, riportandosi al livello del 2000. Non inciderà solamente l’aumento della pressione fiscale, che salirà al 44 per cento e vi permarrà fino al 2014. Anche l’andamento dell’occupazione negli anni trascorsi ha avuto un ruolo rilevante nel ridurre la crescita del reddito disponibile. Nel prossimo triennio il contributo dell’occupazione avrà segni diversi: di nuovo in riduzione nel 2012, come già segnalato dagli aumenti delle richieste di Cig nel mese di settembre appena trascorso, e in leggera ripresa negli anni successivi. La possibilità di evitare cadute nel livello del commercio mondiale e quindi nelle nostre esportazioni, consentirà all’occupazione nell’industria in senso stretto di recuperare nel 2013 il sentiero di lenta ripresa che aveva già intrapreso nel corso del 2011.
Anche le imprese soffriranno per la crisi del debito pubblico.
Anche le imprese risentiranno delle difficoltà dei debiti sovrani europei. Dal punto di vista della domanda di consumi, la indeterminatezza del futuro, la perdita di valore di azioni e debito pubblico nei portafogli delle famiglie determineranno la caduta dei consumi nel corso del prossimo anno. Dal punto di vista degli investimenti, la incertezza sulle decisioni dei consumatori renderà più cauti i processi di investimento. Infine, dal punto di vista del finanziamento delle imprese, le difficoltà dei debiti sovrani si stanno già manifestando con l’aumento del costo della raccolta per le aziende di credito e con la riduzione del valore del debito pubblico italiano nei bilanci delle banche, condizioni entrambe che tendono ad aumentare il costo dei prestiti e la maggiore selettività nella loro concessione, vista, da una lato, la fine della moratoria sui crediti e, dall’altro, l’aumento delle sofferenze come eco del primo stadio della crisi.
Lo scenario internazionale.
Lo scenario internazionale subisce, nel Rapporto di Prometeia, una correzione al ribasso. I segnali anticipatori del rallentamento della crescita americana hanno trovato conferma nei dati più recenti. Come previsto, la Fed sta assumendo un atteggiamento permissivo che traduciamo in una stabilità prolungata del tasso di politica monetaria allo 0.25 per cento fino al 2014. La politica di bilancio sta tentando un’azione di sostegno fiscale all’attività produttiva, condizionata dalla possibilità di superare il veto del Congresso controllato dal partito repubblicano. Anche i paesi emergenti stanno subendo gli effetti previsti del rallentamento della crescita internazionale e delle politiche messe in atto per contenere gli effetti indotti dall’espansione monetaria nei paesi avanzati. Il rallentamento è più manifesto in Brasile, mentre il paese dei Bric meno toccato allo stato attuale è l’India. Per la Cina rimangono latenti le preoccupazioni per un eventuale brusco arresto della crescita cui non potrebbe corrispondere un sostegno fiscale analogo a quello del 2009. Tutto ciò si sta traducendo nel rallentamento della crescita del Pil mondiale dal 5.1 per cento del 2010 al 3.6 del 2011 e si tradurrà in un leggero ulteriore rallentamento al 3.4 nel 2012. La reazione del commercio mondiale già in atto sta producendo un rallentamento dal 15.4 al 6.9 per cento per portarsi al tasso del 4.8 per cento nel corso del 2012. Nel corso dei prossimi mesi la discesa del tasso di inflazione europeo è una previsione condivisa da molti che si accompagnerà all’emergere dei primi segni di forte rallentamento e in alcuni casi di recessione delle economie europee. Queste osservazioni, congiuntamente alla evoluzione della crisi dei debiti sovrani rendono molto probabile che entro la fine dell’anno la Bce riduca di 25 punti base il tasso di riferimento per procedere sul finire del trimestre successivo a un altro taglio dello stesso ammontare. In una condizione di non ulteriore drammatizzazione della crisi, la nostra previsione è che il tasso di riferimento permanga per i successivi due anni e mezzo all’1 per cento.
In sintesi.
Riassumendo, dopo la prima fase della crisi che ha trovato il proprio fulcro negli Stati Uniti, le insufficienze istituzionali europee e la cattiva gestione di tali insufficienze hanno aperto un nuovo fronte della crisi questa volta in Europa. Ancora una volta il “disastro” finanziario sembra imminente. In questo con testo, la previsione di Prometeia di una recessione ormai in atto nei paesi del mediterraneo che si tradurrà in una crescita zero dell’economia europea il prossimo anno combinata con un rallentamento prolungato della crescita americana ma non una recessione vera e propria e un rallentamento contenuto dei paesi emergenti, può apparire ottimistica. Qual è il fondamento di questo ottimismo? Perché Prometeia ritiene che non si ripeterà quanto accaduto nel 2008? Innanzitutto, manca la sorpresa bruciante del fallimento Lehman per il semplice fatto che è già avvenuto e l’eventuale default greco è annunciato da tempo ed è molto probabile che qualora avvenga sia ordinato, anche se ovviamente non privo di effetti negativi. In secondo luogo, diamo fiducia all’astuzia della storia: i molti medici al capezzale dell’Europa non possono continuare a sbagliare tutte le mosse. Le stanno provando tutte e alla fine rimarranno con le sole opzioni giuste nelle quali la valutazione dei costi di lasciare procedere la Grecia verso un default unilaterale, col rischio di spaccatura dell’euro, risulta decisamente più elevata del costo del suo salvataggio anche solo parziale, ma neutralizzato nei suoi potenziali effetti collaterali. Questo non è solo un auspicio di Prometeia, ma la previsione che la razionalità politica prima ancora che economica alla fine emerga. In tal modo si concederanno a Spagna e Italia due anni di tempo. Per ricapitalizzare il suo sistema bancario, nel caso della Spagna; per ricostituire la credibilità della classe politica e in subordine del debito pubblico, nel caso del nostro Paese. È vero, molti eventi potrebbero non assumere la piega giusta e creare un corto circuito tra Europa e Stati Uniti riportandoci alle condizioni del 2009, ma più disarmati. È un rischio che non riteniamo dominante, ma non da trascurare.