Il giorno dopo la firma dell’accordo sulla produttività, accordo non sottoscritto dalla CGIL, si intensifica il pressing per riportare il sindacato di Corso d’Italia alla sottoscrizione del patto. La decisione di Susanna Camusso ha deluso in particolare le aspettative del Governo e del Colle, dopo il recente raggiungimento di un’intesa tra fronte sindacale e Confindustria, intesa poi rinnegata dalla CGIL in seguito alla subentrata spaccatura tra rappresentanze datoriali che aveva rallentato il processo di ratifica.
Il Presidente della Repubblica, intercettato dai giornalisti a Parigi presso l’ambasciata italiana, ha espresso stamattina la propria soddisfazione sulla portata generale del patto, auspicando però un ravvedimento di Susanna Camusso “perchè è importante che non manchi il contributo della CGIL”, rimarcando inoltre che “il Governo ha tenuto a chiarire che non si è abbassata nessuna saracinesca”.
La moral suasion di Napolitano si è accodata a una serie di appelli provenienti non solo dal Governo, ma anche delle associazioni datoriali, che temono una applicazione “a macchia di leopardo” dell’accordo, come riferito da Licia Mattioli, presidente degli industriali di Torino, a margine di un incontro con Assolombarda.
Giuseppe Mussari (presidente Abi) invece, punta l’indice sulla valenza strutturale dell’intesa, allineandosi con le perplessità espresse dalla Cisl in merito alla continuità delle risorse messe a disposizione dal Governo (2,15 miliardi di euro nel triennio 2013-2015).
“La scommessa ha senso solo se le risorse sono certe”, ha commentato Mussari in un intervento a Radio1, precisando di nutrire “rispetto per la CGIL e le sue osservazioni”, chiosando che, però, “si arriva a un momento in cui bisogna per forza fare la sintesi, e se solo una forza sociale, per quanto importante, non la ritiene sufficiente, ritengo che il giudizio sul lavoro fatto sia un giudizio positivo”.
Meno diplomatiche le reazioni del Governo: “siamo molto dispiaciuti per la mancata firma della CGIL, si tratta di motivazioni che oggettivamente non tengono”, ha piccatamente commentato il ministro allo Sviluppo, Corrado Passera, sottolineando come “l’unità sindacale è un valore, soprattutto nei momenti di crisi, ma non deve essere tale da porre giudizi di veto non giustificati”. Passera ha poi negato l’esistenza di un asse politico Passera-Bonanni, puntualizzando che, al contrario, la valorizzazione dei contratti di secondo livello è finalizzata solamente a “prendere i soldi e metterli in tasca ai lavoratori”.
Anche il ministro del welfare, Elsa Fornero, nega che lo spostamento al livello aziendale-territoriale riduca il potere d’acquisto dei lavoratori, sottolineando che, al contrario, l’incremento della produttività è “l’unica base per aumentare i salari, noi dobbiamo fare in modo che questo accada e che la CGIL se ne convinca”.