Il discorso della produttività è assai complesso e le parti sociali, senza attendere i solerti ammiratori della dea competenza, si sono già da tempo messe in cammino con non poche contraddizioni e non pochi contrasti al loro interno. Mi riferisco per esempio al contratto dei chimici che, da questo punto di vista, costituisce un punto di riferimento. I modi per aumentare la produttività del lavoro e non la Total Factory Productivity come invece spesso si sottende ingenerando gran confusione, si può ottenere nei tre modi descrittici dagli economisti classici e mai superati da nessun altro economista matematico e nomotetico.
Il primo modo è l’aumento delle ore lavorate. Ma questo implica un aumento del capitale varabile e quindi della massa salariale con conseguente caduta del tasso di profitto se non vi è nel contempo un ampliamento della solvivibilità della domanda delle merci in tal modo prodotte. Il secondo modo è l’aumento del numero delle unità lavorative con incremento vieppiù rilevante della massa salriale e pericolo per la caduta del saggio di profitto se non viepiù si amplia la base della solvibilità della domanda e quindi della valorizzazione della circolazione tanto delle merci quanto del capitale. La terza modalità è l’aumento degli investimenti con conseguente aumento del saggio di profitto a fronte di ana caduta del monte salario per dcaduta dell’ occupazione.
Naturalmente questi modi devono confrontarsi con la storicità dell’accumulazione e della circolazione anche delle merci-persone sui mercati del lavoro con le conseguenti possibili limitazioni che a questa circolazione possono opporre i monopoli politici creati dai lavoratori e dalle associazioni imprenditoriali grazie al loro associarsi e alle dinamiche dei contratti tra parti che da ciò derivano. Ebbene, perché il legame tra produttività per investimento e anche per flessibilizzazione del rapporto e della prestazione di lavoro e quindi con aumento della massa salariale compensata dalla riduzione della medesima che deriverebbe dalla minor occupazione per incremento degli investimenti sia la regola occorre ripender il ciclo degli investimenti rivoluzionando il sistema bancario e promovendo tagli investimenti anche per via pubblica in supplenza dell’assenza della mano privata.
Questa è la via che in tutto il mondo anglosassone va affermandosi – e quindi nel mondo più civilizzato a common law e non a regime giuridico romano germanico e a sudditanza ideologica parentale estesa. Naturalmente per far ciò è necessario il consenso del monopolista potenziale più debole ossia delle organizzazioni dei lavoratori. In Italia ciò è quasi sempre impossibile per l’ostracismo ideologico che a questi modelli oppone la CGIL a cui i solerti commentatori accademici risparmiano troppo spesso i rimproveri che invece ahimé si merita. Inoltre, è pretestuoso e quasi schernitorio parlare di produttività del lavoro per investimenti quando sulle imprese per le politiche fondamentalistiche dell’austerità grava una tassazione che tra breve renderà impossibile contrattare alcunché.
Infine il ricorso alla contrattazione nazionale richiamato è possibile e auspicabile solo nella sub-specie federazione di categoria, soprattutto in settori fortemente polarizzati tra grandi imprese e polverizzazione aziendale peristaltica come per esempio il settore alimentare. E ancora occorre forse finirla con l’ipocrisia dilagante di invocare un nuovo welfare universalistico a fronte della vergona del welfare italico fondato sul capo famiglia e sulla grande azienda cantando al solfa del debito pubblico che rende impossibile la riforma.
Bisogna negoziare in Europa la riforma non degli investimenti ma della BCE sul modello FED per finanziare un nuovo progetto occupazionale e insieme un welfare universalistico sul modello blaileriano che renda così possibile i sogni di coloro che vogliono la moglie ubriaca e la botte piena, ossia l’austerità deflazionista che sta conducendo le imprese alla morte e i conti pubblici in ordine, come se lo stato fosse un’impresa che può fallire, mentre lo stato al fallimento sempre sfugge con un po’ di inflazione un po’ di deficit e soprattuo un po’ di libero pensiero dei professionisti dell economia come triste tecnica. Ma forse nelle stette vie dei resorts neoclassici questo non è possibile.
*** GLI ULTIMI INTERVENTI DI FIRSTonline sulla produttività: Marcello Messori (30 settembre), Beniamino Lapadula (1 ottobre), Alessandro Laterza (3 ottobre)