“Fuori dall’euro il nostro Paese sarebbe totalmente distrutto. La svalutazione ormai non funzionava più e ha reso la nostra industria sempre più povera. Sono convinto che nel lungo periodo si vedrà”. Romano Prodi spiega le ragioni per cui continua a credere ancora fermamente nell’euro. L’occasione è un incontro organizzato ieri da The Ruling Companies in Borsa Italiana dove Prodi ha tenuto un ampio discorso sulla politica mondiale e sull’economia. “Non sono pentito. Lo rifarei”, ha detto Prodi ammettendo però: “Pensavo sarebbe stato gestito con più solidarietà e meglio”. Già perché, si doveva continuare a lavorare per l’integrazione dell’Europa ma “Kohl era diverso dalla Merkel. Le condizioni di contesto erano diverse”.
UN’EUROPA A VELOCITÀ PLURIMA
MA ASSENTE DALLO SCACCHIERE POLITICO
Basta notare che dal linguaggio politico si è completamente persa la frase che Kohl ripeteva sempre: “Voglio una Germainia europea, non un’Europa germanica”. Oggi la Germania è un Paese sempre più difficile da decifrare: da un lato la business community è favorevole all’euro, dall’altro lo spirito pubblico sostanzialmente non lo è. Merkel è riuscita a impedire la nascita dei partititi populisti che invece nascono in Italia e Francia appropriandosi della loro piattaforma: prima alla Germania e poi se resta all’Europa.
“E questo – ha spiegato Prodi – incide anche sulla politica economica. Non mi attendo grandi cambiamenti, avremo un ondeggiamento, nessun dramma della fine dell’euro ma una difficile gestione dell’Europa. È probabile che avremo un’Europa a velocità plurima”.
Alla Germania d’altra parte Prodi non chiederebbe altro che fare quello che qualsiasi Paese farebbe in una situazione di enorme surplus (aumentare la domanda interna). Cosa che favorirebbe l’Italia. Al contrario oggi questo enorme surplus tiene alto il valore dell’euro, e questo crea problemi al nostro Paese. La Germainia sta benissimo nell’euro: i tedeschi sanno benissimo che se uscissero non venderebbero più auto. Ma il problema è più complesso ancora.
“Stiamo attenti – ha avvertito Prodi – che un singolo Paese non resiste di fronte alla globalizzazione. Non sono però convinto che i tedeschi la pensino così. Una parte pensa che potrebbero affrontare la globalizzazione anche da soli”. D’altra parte l’Europa è di fatto fuori dal giro: al momento non esiste come realtà decisionale sullo scacchiere politico internazionale. Prodi ha ricordato i grandi avvenimenti degli ultimi anni: dall’Iraq alla Libia. “Non ce ne è stato uno in cui l’Europa sia stata unita – ha rilevato – Un regno diviso non può dare frutti. Non abbiamo più leader che mettano l’Europa in primo piano, non abbiamo più un motore a due cilindri franco-tedesco, o meglio abbiamo un cilindro piccolissimo e uno grandissimo, ormai la politica europea viene decisa dalla Merkel che è assolutamente diversa da quella di Kohl”.
DA UN MONDO MONOPOLARE A UNO MULTIPOLARE
OBAMA HA L’ACQUA ALLA GOLA MA NON È FUORI GIOCO.
L’Europa è fuori gioco in una fase in cui gli importanti cambiamenti degli ultimi stanno ridisegnando gli equilibri geopolitici da mondo monopolare a mondo multipolare. Gli Stati Uniti sono ancora il paese leader ma non possono più governare il mondo da soli. “Non crediamo – ha detto Prodi – a chi dice che è finito l’impero Usa. Hanno ripreso a crescere in modo soddisfacente per un Paese maturo e in più hanno la fortuna dello shale gas che li rende sostanzialmente indipendenti dal Medio Oriente per la loro politica energetica”.
Certo, Obama ha attraversato un affaticamento politico che non aveva previsto, come ci ha argutamente ricordato una copertina dell’Economist di qualche settimana fa che raffigurava il presidente Usa che da uomo che “camminava sulle acque” si è ritrovato con “l’acqua alla gola”. “Gli Usa – ha rilevato Prodi – hanno problemi di medio termine come il continuo allargamento delle differenze tra ricchi e poveri con squilibri nella domanda e molti economisti si chiedono quanto questo sarà tollerabile nel futuro. Inoltre la polarizzazione politica interna che il Tea Party ha allargato nei tempi passati ha reso più difficile la soluzione dei problemi politici come abbiamo visto con il dibattito sul bilancio”.
CINA, GIOVANI COMPETITIVI DA FAR IMPRESSIONE
IL FERMENTO AFRICANO DI CUI L’ITALIA NON SI ACCORGE
Dall’altro lato del globo c’è la Cina che continuerà a correre per quanto sia un Paese che presenta notevoli sfide. Per Prodi un tasso di crescita al 7-8% continuerà ed è comunque impressionante per un Paese che è arrivato a un medio livello di ricchezza . “Lo spirito della nuova generazione cinese – ha detto – è talmente forte e proiettato al successo, talmente competitivo che fa impressione”.
La sfida è di uno sviluppo basato sui consumi interni. Hanno fatto riforme sulla terra, sulla politica del figlio unico, sulla proibizione delle torture. Ma nessun cambiamento sulla struttura del potere. “In Cina abbiamo l’opposto del Gattopardo: nulla deve cambiare perché tutto possa mutare nella società sottostante – ha raccontato Prodi – per quanto questo possa durare senza cambiamenti nella struttura democratica non so. Ma per ora funziona alla grande”.
Fino a oggi sono rimasti fuori da tutti i conflitti e tensioni, ma in futuro sarà sempre più difficile farlo per un paese che esporta persone, beni, capitali. La Russia, che con la Cina ha tenuto un rapporto complicato, definito da Prodi “buono ma prudente”, nel frattempo ha goduto di una forte crescita ma tutta fondata sull’energia e permane qui l’interrogativo su un Paese che dipende da una sola esportazione. In ogni caso tutto questo si riflette sullo scenario nel MedioOriente che è diventato ancora più complicato.
Ma l’Africa non è solo i Paesi esportatori di petrolio. C’è fermento anche in altri Paesi come l’Etiopia, che non ha nulla. “Del fermento africano – ha detto Prodi – l’Italia non si è accorta, mentre siamo estremamente attivi in Paesi come la Libia, l’Egitto dove siamo il primo o secondo esportatore. L’Africa si è svegliata perché ha avuto l’influenza della Cina con l’acquisto materie prime e gli interventi nei lavori pubblici”.
ITALIA, AAA GRANDI IMPRESE CERCANSI
Sull’Italia, infine Prodi invita alla cautela. “Non vedo la rigorosa ripresa di cui alcuni parlano ma una lieve ripresa – ha detto – Abbiamo perso l’8 per cento di Pil e dobbiamo andare ben oltre una crescita dello zero virgola, c’è necessità di una spinta ulteriore”.
Per Prodi le principali debolezze del Paese sono diverse da quelle su cui si concentrano e che ci imputano i nostri partner europei. In particolare, sul lavoro un tema importante è cambiare il modo in cui viene impiegato, guardando ad aspetti come la flessibilità interna, il tema degli orari, per fare degli esempi. Inoltre, per Prodi mancano le “grandi imprese che possano interpretare i mercati lontani con la forza ed il vigore necessari”. “C’è forse Finmeccanica – ha concluso – oppure Fiat anche se su questa ultima il problema non è se grande o piccola ma se è italiana o meno”.