Commentando il voto sardo, l’ex premier Romano Prodi è stato abilissimo nel parlare a suocera perché nuora intendesse. L’ex premier ha cominciato evidenziando gli errori di Giorgia Meloni che, con il suo decisionismo a senso unico, ha finito per dividere la coalizione di centrodestra e umiliare i suoi alleati, ma è parso subito chiaro a tutti che Prodi intendesse rivolgersi anche e soprattutto alla sinistra. “Più si unisce, più si vince” è il metodo che Prodi ha applicato in due campagne elettorali, nella primavera del 1996 e in quella del 2006, nelle quali ha disarcionato il suo avversario storico, Silvio Berlusconi. Ma è un metodo, ha voluto far capire il Professore, che vale anche adesso e che la sinistra farebbe bene a fare suo senza farsi abbagliare dalla vittoria sarda, certamente galvanizzante ma nata in condizioni del tutto particolari e cioè dagli errori della Meloni che ha clamorosamente sbagliato il candidato. Prodi deve aver colto la tentazione di autosufficienza che, a dispetto dei numeri, serpeggia nella sinistra del Pd e nei Cinque Stelle, convinti che basti la loro alleanza per vincere. Salvo che in casi speciali, non è così e non lo è certamente sul piano nazionale dove la somma dei voti che i sondaggi attribuiscono a Pd e al M5S è lontanissima dal 51%. Perché allora non far tesoro della massima a cui si ispirava negli anni Sessanta il vecchio leader socialista Pietro Nenni per cui “chi non è contro di me è con me”? Una massima che altro non era che “il marciare divisi e colpire uniti” del socialdemocratico Giuseppe Saragat. Tradotto: perché esorcizzare le forze del centro che vanno da +Europa, ad Azione e a Italia Viva? “Senza umiliare nessuno”. Lo ha detto anche il Presidente e capo dei riformisti del Pd, Stefano Bonaccini, che senza troppi giri di parole ha ricordato soprattutto ai Cinque Stelle che “al Nord l’alleanza giallorossa non basta” e che, al contrario, “più si sta insieme, più si allarga il campo e più è facile sconfiggere le destre”. Elly Schlein e Giuseppe Conte capiranno che i numeri, oltre che la logica politica, impongono un’apertura all’area liberaldemocratica di centro? Dalla risposta dipenderà la percentuale di probabilità di costruire per davvero l’alternativa al Governo Meloni per la prossima legislatura.