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Prodi: “Europa, fai tesoro del metodo CERN”

Secondo l’ex Premier, l’Ue deve puntare su due volani per lo sviluppo: “Una vigorosa politica di ricerca e un grande progetto delle politiche di welfare messe in difficoltà dalla crisi economica”. Il modello è il Cern, il grande laboratorio partecipato da oltre 30 Paesi

Prodi: “Europa, fai tesoro del metodo CERN”

L’Europa ha un’occasione per ritrovare se stessa, puntando su un welfare per lo sviluppo economico che passi attraverso una politica industriale comune e faccia leva sulla ricerca. Il modello cui ispirarsi è il CERN di Ginevra, il più grande laboratorio al mondo di fisica delle particelle, leader nel suo campo, nato nel 1954 dall’accordo di 12 stati membri e allargato nel tempo ad altri 22 più alcuni osservatori, compresi stati extraeuropei. 

A poche ore dai risultati elettorali per il rinnovo del Parlamento europeo, Romano Prodi torna ai temi che gli sono cari da una vita e, superata la grande paura di una vittoria sovranista a Bruxelles, indica all’Unione una strada per rilanciare un progetto economico (ma in fondo anche ideale) e per cercare di tenere il passo con Stati Uniti e Cina. 

L’occasione è il Premio giovani Innovatori, edizione italiana del Premio globale della rivista del MIT (Boston) Technology Review Italia in collaborazione con la Bologna Business School dell’Università di Bologna. Una due giorni di confronto e testimonianze alla quale hanno partecipato, fra gli altri, Roberto Battiston, già presidente dell’Agenzia spaziale italiana e David Rotman, editore di MIT Technology Review.

“Persino la Germania – dice Prodi – che fa investimenti in ricerca per vari miliardi, in particolare sull’intelligenza artificiale, non può reggere il confronto globale da sola, perché la distanza con gli americani o i cinesi è troppo grande. Noi italiani possiamo ispirarci ai tedeschi che, in modo esemplare, portano avanti insieme la ricerca di base con gli istituti Max Planck e la ricerca applicata a servizio della produzione con la catena dei Fraunhofer. Credo che questa strategia farebbe bene a tutti ma la realtà ci dice che il sistema europeo dovrebbe agire in modo coordinato e tenendo conto delle specificità dei singoli paesi e della vocazione industriale di ognuno”.

Certo, oggi l’Europa non può paragonarsi agli Stati Uniti, sia per l’entità delle risorse, sia per il rapporto fra istituzioni e imprese, sia per lo sviluppo di alcuni settori di punta che trovano negli Usa un vantaggio abissale nei nostri confronti. “Però possiamo a nostra volta utilizzare denari pubblici per grandi progetti di innovazione a valenza continentale tenendo conto e, di conseguenza, valorizzando le specificità nazionali”. Gli Usa hanno spinto l’acceleratore su intelligenza artificiale, scienze della vita e su tanti altri campi di assoluta avanguardia ma stanno anche soffrendo per una continua diminuzione dei fondi pubblici. La superiorità americana in molti campi è fuori discussione bisogna puntare allora su settori innovativi nei quali la competizione europea è ancora possibile. Con un’appropriata strategia e mezzi adeguati, i rapporti di forza possono cambiare.

“Chi, solo pochi anni fa, poteva pensare che la cinese Huawei potesse gareggiare con i colossi americani proprio nel settore in cui essi dominano il mondo? Con la battaglia per il 5G è cominciata la sfida per la supremazia tecnologica, una sfida molto più dura della guerra commerciale. Su quest’ultima infatti le due super potenze – osserva Prodi – potranno trovare un compromesso, perché i legami commerciali e produttivi fra i due giganti sono troppo intrecciati per arrivare a una rottura totale. Nella guerra per la supremazia tecnologica, che per definizione influisce direttamente sulla supremazia militare, è molto più difficile trovare i necessari compromessi”.

L’Europa d’altra parte non può stare a guardare e deve mettere benzina nel motore, spingendo con particolare attenzione sulle innovazioni legate alla sua vocazione manifatturiera. “Oggi – aggiunge il professore – vedo due grandi volani per lo sviluppo europeo: una vigorosa politica di ricerca e un grande progetto delle politiche di welfare messe in difficoltà dalla crisi economica. Da questi due pilastri passa il futuro dell’Europa: la ricerca garantisce l’avvenire dei nostri figli e da un nuovo welfare passa il necessario senso di solidarietà fra l’Europa e i suoi cittadini. È chiaro che ispirarsi al CERN non vuole dire imitarne le sue caratteristiche, che sono uniche e inimitabili, ma capire che qualcosa funziona perché ci siamo dentro tutti, con una visione d’insieme capace di aggregare energie che vengono dalle più diverse direzioni, come hanno fatto gli Stati Uniti negli scorsi decenni”.

E di occasioni l’Europa ne ha già perse abbastanza. “Si pensi a Galileo, un sistema di posizionamento e navigazione satellitare civile con il quale siamo partiti, in Europa primi al mondo: avviato più di quindici anni fa ma non ancora terminato perché, di fronte alle riserve di alcuni Stati europei, è mancata una forte politica”. Se l’Unione fa la forza a livello europeo ancora più urgente dovrebbe essere il coordinamento a livello nazionale. Un filo rosso dovrebbe finalmente legare le università, i centri di ricerca, le nostre multinazionali tascabili e quel poco che resta della grande impresa italiana. “Su questo punto sta diventando attivo il sistema di governo europeo che ha dato vita al ‘PlanS’ il cui obiettivo è la massima apertura possibile alla circolazione delle conoscenze scientifiche e che speriamo sia da tutti messo in atto. Naturalmente – conclude Prodi – nulla potrà essere realizzato senza il coraggio di mobilitare le risorse necessarie. Con l’attuale abbondanza di risorse finanziarie disponibili l’obiettivo non è certo irraggiungibile da parte di un sistema economico di dimensioni superiore a quello americano come è ancora oggi l’Unione Europea. Esiste già un progetto realistico e articolato, preparato dalle strutture finanziarie pubbliche dei 28 membri dell’Unione Europea per un finanziamento di oltre 100 miliardi di euro all’anno per rilanciare il welfare. Non è difficile costruire un progetto simile per il rilancio della ricerca. Naturalmente se non lo si vuole fare non si troveranno mai le risorse finanziarie per realizzarlo”. 

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