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Procida, un modello di business culturale da oltre 4 milioni

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Un successo costruito in un anno, quello terribile di una pandemia. Ce ne ricorderemo a lungo perché speriamo segni una rinascita, come ha detto il ministro Dario Franceschini. Oltre alle bellezze naturali, alla sostenibilità ambientale, alla storia che dal celebre romanzo “Graziella” di Alphonse de Lamartine del 1852 accompagna la notorietà di Procida, stavolta tutto si gioca sul business. La piccola isola del Golfo di Napoli, proclamata ieri Capitale della cultura italiana 2022, si è preparata a dovere. Si è inserita in un gioco tempo-spazio tra Parma Capitale 2020 e 2021 e Bergamo-Brescia per il 2023, con la forza dell’impresa economica culturale. Una specialità che l’isola ha cominciato a gustare di recente, quando ha scelto di partecipare alla gara.

Consapevoli, gli isolani – a cominciare da una guida amministrativa giovane e tenace – che era giunto il momento di vincere in più latitudini. Quindi, sostenere l’emozione della gara con un investimento superiore ai 4 milioni di euro e tanta sinergia. Nei giorni precedenti la proclamazione è stato calcolato che la vittoria avrebbe portato benefici per i prossimi 10 anni. Non solo all’isola, evidentemente, visto il coinvolgimento di enti, istituzioni, Confindustria, banche, al di qua del tratto di mare che separa Procida dalla terraferma.

La Campania ha tante virtù, compie sforzi per la salvaguardia del patrimonio artistico e delle sue bellezze, ma spesso nelle classifiche è in posizioni scomode. Sviluppo urbano, vivibilità, servizi, infrastrutture sono i capitoli delicati di una condizione che da anni si dice di voler superare. Una tenaglia, purtroppo, arrugginita. Ancora l’ultimo Piano per il Sud del Ministro Provenzano vede nella cultura una leva di riscatto. Non proprio una novità. Ed è per questo che ci sentiamo di dire che il successo della piccola isola va visto anche come una sfida alle lentezze dello Stato. Una comunità che fa rete e costruisce un successo senza il preventivo aiuto economico dello Stato, senza misteriosi sostegni e amicizie “a prescindere”.

Accreditata con la formula del turismo lento e sostenibile, non era pensabile che la macchina burocratica statale le pesasse addosso. Procida, al contrario, ha mostrato voglia di fare, ha costruito un sistema partecipativo complesso, assai più vasto del suo perimetro fisico. Li abbiamo visti al lavoro, quando oltre le schede tecniche per l’accoglienza e la cultura, hanno immaginato nuovi servizi di trasporto, sistemi di circolarità economica, spazi museali, digitalizzazione, luoghi di inclusione. Negli ultimi cinque anni sono stati investiti 32 milioni di euro in vari settori, di cui 3,4 dedicati alle sole attività sociali. Buoni livelli di spesa, indicativi di una ulteriore proiezione per tutto il 2021. Undici mesi in cui Procida non potrà essere lasciata sola.

Chi se ne prende cura? Tutti coloro che ne hanno elogiato l’impegno, mettendosi al servizio della causa da ieri gioco forza sono entrati in una immaginaria officina culturale. Non hanno scappatoie per velare un progetto che richiede celerità, progettualità, risorse, crediti e fiducia.

Lo slogan “La cultura non si Isola” diventa la sfida più difficile. Al pari di quelle che le precedenti Capitali della cultura hanno dovuto affrontare al cospetto di milioni di visitatori e concrete performances economiche. La programmazione di eventi per 330 giorni con 240 artisti, ossia tutto ciò che la Commissione ministeriale ha definito impressionante, rappresenterà il valore aggiunto di un piccolo pezzo di un Mediterraneo inquieto e ferito da lugubri tragedie.

Da ieri si fa sul serio, più di quanto non si sia fatto con l’elaborazione del dossier che ha prevalso su degnissime concorrenti: Ancona, Bari, Cerveteri, L’Aquila, Pieve di Soligo, Taranto, Trapani, Verbania, Volterra. Ha vinto un progetto bellissimo, “un’occasione straordinaria di proiezione della nostra Regione sul piano internazionale”, ha detto il governatore della Campania Vincenzo De Luca, mentre il sindaco Dino Ambrosino e i suoi concittadini si sentono nella storia. Tutto di valore in un Sud che non si dà per vinto.

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Categories: Cultura