Dopo il forte calo degli ultimi anni, il settore del private equity inizia quest’anno a mostrare qualche timido segnale di ripresa grazie alla normalizzazione dell’inflazione e alla prospettiva di tassi più bassi. In particolare, è il mercato tecnologico, ancora poco esplorato, che presenta in Italia ampi margini di crescita e opportunità di investimento.
Situazione ancora incerta dopo la contrazione di 2 anni
“La contrazione, durata due anni, del Private Equity globale sembra essersi finalmente stabilizzata nei primi mesi dell’anno” dice il Global Private Equity Report 2024 di Bain & Company. “Tuttavia, l’attività rimane contenuta rispetto agli standard storici, soprattutto in relazione ai 3.900 miliardi di dollari di liquidità non investita (di cui oltre 1.000 miliardi di capitale allocato nei fondi di buyout ma non ancora investito). In questo contesto, le prospettive di ripresa dell’industria rimangono incerte”.
I miglioramenti nel secondo trimestre
Le cifre, però, nascondono un miglioramento significativo nel secondo trimestre, con operazioni più grandi a sostenere il valore globale del settore (+7,9% trimestre su trimestre). Incremento ancora più pronunciato in Europa, dove le nuove operazioni hanno totalizzato 107 miliardi di euro nel periodo, in aumento del 27,3%. Per il 2024, stima Bain & Co., il valore delle sole operazioni di buyout è destinato a raggiungere i 521 miliardi di dollari, in rialzo del 18% rispetto al 2023, con una maggiore dimensione media delle operazioni. A livello globale il numero delle operazioni di buyout nella prima metà di quest’anno si è contratto del 4% rispetto al 2023 “spiega Roberto Fiorello, Senior Partner e responsabile italiano Private Equity di Bain & Company “facendo pensare che l’industria possa chiudere l’anno con un totale sostanzialmente stabile rispetto allo scorso anno”.
Un sintomo di ripresa nella convergenza tra mercati privati e quotati
La possibilità di essere di fronte a una svolta viene sottolineata anche da Matteo Ramenghi, Chief Investment Officer di UBS WM in Italia individuandone i sintomi nella convergenza tra le valutazioni sui mercati privati e quelli quotati. L’aspettativa di calo dell’inflazione e di conseguenti tagli dei tassi si è già fatta sentire sulle borse, mentre l’industria del private equity reagisce più lentamente principalmente a causa delle valutazioni dei patrimoni (net asset value, NAV). “Le modalità di valutazione degli investimenti portano a comportamenti diversi: la borsa riflette ciò che potrebbe accadere tra qualche mese, mentre il NAV di un fondo di private equity si muove più lentamente riflettendo il recente passato” spiega Ramenghi. Tuttavia, gli ultimi dati suggeriscono che il numero di operazioni sia in accelerazione nel 2024, indicando una possibile svolta. “Il primo segnale è proprio la crescente convergenza tra le valutazioni sui mercati privati e quelli quotati. Nel campo del private equity, le valutazioni si stanno stabilizzando con multipli inferiori di quasi il 10% rispetto ai picchi del 2022 (EV/EBITDA di circa 11x). Dal punto di vista degli investitori, il private equity può aumentare la diversificazione e potenziare i rendimenti attesi”.
Per Deloitte/Aifi il 90% degli operatori vede un miglioramento
Secondo Deloitte Pe Confidence Index in Italia la fiducia nel secondo semestre 2024 continua a crescere, raggiungendo il valore più alto dal 2022 (112 punti). Secondo la survey sul Private Equity Survey realizzata dalla stessa Deloitte insieme ad Aifi, il 90% degli operatori prevede un miglioramento o stabilizzazione del panorama economico. L’attività è ancora contenuta rispetto agli ultimi due anni, ma il periodo 2021-2022 rappresenta un benchmark ingiusto per livelli senza precedenti, tassi di interesse ai minimi storici e massicce misure di stimolo post Covid. Se confrontati con le medie più normali del periodo 2017-2020, i valori attuali sono simili. La situazione sta tornando alla normalità per valore, mentre il volume continua a diminuire anche per il costo del capitale ancora elevato per i fondi che devono comprare, dicono gli analisti.
Le opportunità nel settore tech italiano
“Il settore tecnologico, ancora poco esplorato, presenta in Italia ampi margini di crescita” dice Ignazio Castiglioni, co-fondatore e Ceo di Hat sgr. L’Italia non è considerata un Paese produttore di tecnologia, ma il grande cantiere della digitalizzazione nasconde molte opportunità. “I settori su cui puntare vanno dalla cybersecurity all’intelligenza artificiale, dal software al cloud, alla robotica e automazione” dice Castiglioni”. Mentre il pil italiano salirà dall’1% (recente stima Ue) all’1,2% da qui al 2026, il mercato digitale aumenterà mediamente del 4,6% anno su anno, un chiaro indicatore di una forte domanda sul mercato, che coinvolge anche le imprese non quotate, su cui verte l’attenzione del private equity, aggiunge
In particolare, la sicurezza informatica diventerà cruciale e sarà necessario investire in cybersecurity: sicurezza e big data cresceranno intorno al 14% annuo nei prossimi tre anni. La prossima fase vedrà un uso ampio e specializzato dell’intelligenza artificiale nei processi industriali, con grandi benefici. Per Anitec-Assinform, nel triennio 2023-2026 in Italia l’AI registrerà, da sola, un tasso di crescita annuo del 28,2%, il più alto dell’intero settore tecnologico. Da non dimenticare il segmento software (+ 5,8% annuo nel triennio) e il mondo software-as-a-service che, secondo il Politecnico di Milano, nel 2023, ha raggiunto un giro d’affari di 1,5 miliardi di euro (+19%). Per Anie, automazione e robotica confermano l’espansione (+15% nel 2023), con il continuo sviluppo dell’Industria 4.0, l’esigenza di aumentare l’efficienza nella produzione e avviare nuovi percorsi di business.