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Primo sì della Camera alla riforma del bicameralismo ma spaccatura nel Pd

Primo passo alla Camera della riforma del bicameralismo e del Titolo V ma scintille dentro il Pd. A tarda sera la Commissione Affari costituzionali di Montecitorio ha approvato ieri a maggioranza la riforma del bicameralismo e del Titolo V con la conseguente trasformazione del Senato che sbarcherà in aula a martedì.

Ma all’interno del Pd si sono verificate nuove lacerazioni con la minoranza che ha lasciato la Commissione che fanno immaginare un’Assemblea del partito ad alta tensione per oggi pomeriggio. Del resto, Pippo Civati della minoranza Pd ha detto ieri a Bologna che se Renzi non cambia strada il suo gruppo è pronto alla scissione.

Al di là degli sviluppi in casa Pd, palesemente condizionati dalla prossima elezione del nuovo Presidente della Repubblica per la quale la minoranza Pd non fa mistero di voler dare scacco al premier Matteo Renzi e di pensare alla candidatura di Pierluigi Bersani, il voto della Camera di ieri costituisce un risultato importante per il Governo, anche se il traguardo della definitiva approvazione della riforme istituzionali resta lontano.

La minoranza Pd (Bindi e Cuperlo in testa) non ha votato l’emendamento che ripristina i senatori di nomina presidenziale e nemmeno quello sul cosidetto voto bloccato ma soprattutto ha platealmente abbandonato i lavori quando i relatori della riforma e i rapresentanti del Governo hanno bocciato l’emendamento che prevedeva che la futura riforma elettorale (l’Italicum) dovesse essere sottoposta al giudizio preventivo della Corte Costituzionale con conseguente allontanamento della possibilità, se necessario, di tenere elezioni politiche anticipate.

Prima dei deputati della minoranza Pd avevano polemicamente abbondonato la Commissione sia la Lega che il Movimento 5 Stelle.

Oggi pomeriggio tutti gli occhi sull’Assemblea del Pd e sull’atteso discorso di Matteo Renzi che intende mettere la minoranza di fronte alle sue responsabilità e ai doveri di lealtà verso il partito.

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