Ma davvero la festa del Primo Maggio si è ridotta a una stanca ricorrenza rituale, ormai privata del suo contenuto? “Chiamalo Primo Maggio” – ironizza l’aperura di un grande quotidiano italiano – “Altro che Festa del Lavoro. Un giovane su tre non ha un posto. In 10 anni raddoppiati i disoccupati…” e via lamentando.
Eppure questo giorno noi continueremo a chiamarlo “Primo Maggio Festa del Lavoro”, considerandolo non come vacua ricorrenza rituale, bensì come momento solenne di condivisa e generale presa di coscienza del problema centrale delle nostre società, e conseguentemente di mobilitazione per promuovere politiche efficaci e lungimiranti.
Come è noto, il Primo Maggio fu istituito per onorare la memoria dei martiri di Haymarket Square (Chicago, maggio 1886), vittime di un criminale intervento della polizia contro una manifestazione a sostegno della rivendicazione della giornata lavorativa di otto ore.
Il Primo Maggio, dunque, trae un significato duraturo dai contenuti rivendicativi che ne sono all’origine e che non hanno perduto di attualità. Anzi… Il tema del tempo di lavoro, della sua riduzione ma insieme della sua gestione in funzione dei tempi di vita e delle opportunità offerte dalle innovazioni tecnologiche, è un tradizionale cavallo di battaglia del sindacalismo mondiale, e anche un contrassegno identitario della Fim-Cisl.
Problema attuale più che mai, ma da declinare in forme e attraverso strategie rivendicative del tutto nuove. Non più il tradizionale “taglio” quantitativo delle ore, che pure fu una rivendicazione del sindacalismo europeo negli anni 80 (le 35 ore! in Italia oggetto di una grande campagna della Fim-Cisl “Lavorare meno, vivere meglio”), ma un governo più intelligente e duttile del tempo di lavoro, consentito proprio da quei cambiamenti tecnologici nei quali tanti apocalittici vedono solo malefici distruttori del lavoro umano, senza riuscire a coglierne le importanti opportunità, soprattutto in termini di libertà dell’orario.
L’avvento dello smart working, della possibilità di lavorare anche lontano dall’azienda e senza la costrizione di cadenze temporali rigide, consentito dalle nuove tecnologie e da conseguenti innovazioni nell’organizzazione del lavoro, può produrre al contempo una riduzione delle ore lavorate e un aumento della produttività. Proprio questo aumento di produttività, non il taglio per legge delle ore lavorate, può generare le condizioni per nuove assunzioni e quindi per una risalita dalla disoccupazione.
Dunque, riconnettendola con spirito innovativo alle sue origini, la Festa del Primo Maggio riacquista autentica attualità. Ma c’è anche un altro modo per arricchirla di senso. Ad esempio quello praticato dalla Fim-Cisl da quattro anni: l’organizzazione di un prologo al Primo Maggio, che ebbe la sua première quattro anni fa a Casal di Principe, nella terra di don Beppe Diana. Questo prologo per un “Nuovo Primo Maggio” che premia le buone pratiche e la sostenibilità, una iniziativa di cittadinanza attiva inventata da NeXt e supportata dalla Fim Cisl, che tra l’altro ha inserito nel proprio statuto il voto col portafoglio come strumento di lotta sindacale, perché pensiamo che premiare le aziende che rappresentano buone pratiche ha più efficacia dell’esaltazione di tutto ciò che va male.
Quest’anno il “prologo al Primo Maggio” si è svolto il 29 aprile a Lonato del Garda (Brescia) presso la Feralpi Siderurgica, premiata per la sostenibilità ambientale e sociale coinvolgente anche la filiera dei fornitori incentrata sulle imprese del territorio. L’azienda, inoltre, promuove progetti di reinserimento di detenuti con la Casa Circondariale di Verziano e il Carcere di Opera: dalla reclusione all’inclusione.
Dunque, almeno la Fim-Cisl ha solide ragioni per continuare a celebrare il Primo Maggio come Festa del Lavoro. Ma con l’occhio aperto sulle nuove dimensioni del lavoro. t 1;\lsd