Il partito del “Prima gli italiani”, del “Bruxelles non può darci lezioni” e del “Nessuno ci metterà i piedi in testa” non è una novità dei nostri giorni. Al contrario, è solo l’ultima espressione di una tradizione (non priva d’intolleranza) che ha radici antichissime, addirittura millenarie. Ma quali sono le caratteristiche di questa tradizione? Lo abbiamo chiesto a Riccardo Chiaberge, già responsabile delle pagine culturali del Corriere della Sera e del supplemento domenicale di cultura del Sole 24 Ore, e attuale direttore del “Libro dell’anno” edito da Treccani.
Nella videointervista, Chiaberge riconduce l’aggressività di una certa comunicazione politica contemporanea a un archetipo: “Quello della lotta Noi-contro-Loro, che si nutre dell’esaltazione di una Verità presentata come assoluta e in netto contrasto con le altre possibili interpretazioni del mondo”. Partendo da questa prospettiva, è facile arrivare a concepire tutti i rapporti nei termini di una dialettica fondamentale: “Un popolo contro gli altri; una nazione contro le altre”.
A questa tradizione fondamentale si possono ricondurre le ideologie da cui sono nate “tutte le guerre di religione – continua Chiaberge – ma anche i roghi degli eretici e perfino i due conflitti mondiali con i loro totalitarismi”.
Di segno opposto è invece la tradizione “del pensiero liberale, fondata sul pluralismo e sulla tolleranza”, valori che non vanno mai confusi con il relativismo: “Si tratta di ammettere in partenza la propria fallibilità, rifiutando al contempo le ricette precostituite di chi pensa di avere la verità in tasca – sottolinea ancora Chiaberge – Una scorciatoia che invece piace molto ai sovranisti e ai populisti”.
Nel video, l’intervistato si sofferma anche su una famosa frase del filosofo liberale Isaiah Berlin:
Il rivoluzionario crede che per realizzare il mondo ideale si debbano rompere molte uova, altrimenti non si può fare l’omelette. E così di uova se ne rompono, ma l’omelette non arriva mai in tavola.
Infine, Chiaberge parla di come potrebbe essere il Libro del 2019 che Treccani pubblicherà a fine anno e rivela che la sua attenzione si concentra soprattutto su due notizie: “Una spero di poterla inserire nel libro. L’altra, invece, non vorrei mai”.
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