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Prezzi supermercati: l’Antitrust indaga sugli aumenti

FIRSTonline

Tra le poche attività ad aver tratto profitto dalla pandemia di coronavirus ci sono sicuramente i supermercati. Di per sé, nulla da dire: nelle nuove condizioni, con ristoranti e bar chiusi, è normale che milioni di persone chiuse in casa concentrino la domanda sulla grande distribuzione (in molti hanno iniziato a fare la spesa online). Il dubbio però qualcuno possa avere approfittato della situazione, speculando in modo indebito sui prezzi di beni alimentari, detergenti, disinfettanti e guanti.

Per vederci chiaro sull’andamento dei prezzi e stabilire se e in quale misura gli eventuali aumenti possano essere collegati ad aumenti di costi effettivi o a rincari speculativi, l’Antitrust – con la Direzione generale per la tutela del consumatore guidata da Giovanni Calabrò – ha avviato un’indagine preistruttoria inviando richieste di informazioni a diverse catene di supermercati. La lista comprende Carrefour Italia, MD, Lidl, Eurospin, F.lli Arena, ma anche alcune cooperative Conad (Conad Sicilia, Conad Nord-Ovest, Pac 2000, Conad Adriatico e Margherita Distribuzione) e Coop (Unicoop Firenze, Unicoop Tirreno, Coop Centro Italia, Coop Liguria, Novacoop, Coop Alleanza 3.0, Tatò Paride), oltre a diversi centri distribuzione aderenti a Sisa, Sigma e Crai.

L’Autorità intende acquisire “dati sull’andamento dei prezzi di vendita al dettaglio e dei prezzi di acquisto all’ingrosso di generi alimentari di prima necessità, detergenti, disinfettanti e guanti – si legge nel comunicato – al fine di individuare eventuali fenomeni di sfruttamento dell’emergenza sanitaria a base dell’aumento di tali prezzi”.

Nel dettaglio, il mirino dell’Antitrust è puntato in tutto su circa 3.800 punti vendita, concentrati soprattutto al Centro e al Sud. Se prendiamo in considerazione solo le province interessate dal provvedimento, i supermercati sospettati di aver alzato indebitamente i prezzi sono l’85% del totale censito da Nielsen.

Secondo le analisi preliminari dell’Antitrust sui dati Istat, a marzo i prezzi di alcuni prodotti alimentari sono aumentati in modo anomalo in alcune province. I maggiori rincari si sono registrati in aree che non rientravano in “zone rosse” o in zone interessate da particolari limitazioni alla mobilità. Anche per questo l’Autorità “ha ritenuto di non poter escludere che tali maggiori aumenti siano dovuti anche a fenomeni speculativi”, si legge ancora nella nota.

Infatti, conclude l’Antitrust, “non tutti gli aumenti appaiono riconducibili a motivazioni di ordine strutturale, come il maggior peso degli acquisti nei negozi di vicinato, la minore concorrenza tra punti vendita a causa delle limitazioni alla mobilità dei consumatori, le tensioni a livello di offerta causate dal forte aumento della domanda di alcuni beni durante il lockdown e dalle limitazioni alla produzione e ai trasporti indotte dalle misure di contenimento dell’epidemia”.

La preistruttoria avviata sulla grande distribuzione non è la sola indagine sulla commercializzazione di prodotti in periodo da coronavirus. L’Autorità garante della concorrenza ha infatti messo sotto osservazione anche molti siti internet dove circolavano vere e proprie truffe online con vendite di prodotti presentati come in grado di contrastare il Coronavirus o, per esempio, con l’offerta di mascherine non conformi ai requisiti stabiliti sia dalle leggi italiane che europee.

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