La pandemia ha spinto i prezzi dei generi alimentari alle stelle, mai così alti negli ultimi sette anni, con i prodotti lattiero-caseari e gli oli vegetali a fare da traino. È quanto emerso dall’analisi della Coldiretti sulla base dell’Indice FAO dei prezzi dei prodotti alimentari, che rileva le variazioni mensili dei prezzi internazionali dei prodotti alimentari comunemente oggetto di scambi commerciali.
Secondo l’indagine, in dieci mesi si sono verificati aumenti consecutivi. L’indice FAO ha raggiunto un valore medio di 118,5 punti in marzo, per effetto di un incremento del 2,1% rispetto al mese precedente: il dato più alto registrato da giugno 2014. In particolare, l’aumento è stato guidato da forti guadagni nei sottoindici degli oli vegetali, della carne e dei latticini, mentre quelli dei cereali e dello zucchero si sono abbassati. Vediamo in dettaglio i risultati dell’indagine.
Secondo l’indice FAO i prezzi dei cereali hanno subito un calo del -1,7% rispetto a febbraio 2021, ponendo fine alla tendenza al rialzo degli ultimi otto mesi, ma ancora 26,5% sopra il suo livello di marzo 2020. Tra i cereali principali, i prezzi all’esportazione del grano sono diminuiti di più a marzo (con un calo del 2,4%), ma sono rimasti più alti del 19,5% rispetto allo stesso mese del 2020. Il calo mensile dei prezzi del grano riflette soprattutto le buone forniture generali e le prospettive di produzione favorevoli per i raccolti del 2021.
Anche i prezzi internazionali del mais e dell’orzo sono scesi a marzo, sebbene la crescita continua della domanda di importazioni dalla Cina abbia impedito un calo più significativo. Dopo tre mesi di crescita costante, i prezzi internazionali del riso sono scesi a marzo, poiché i raccolti freschi hanno iniziato a raggiungere il mercato e la domanda di esportazione di riso non giapponese è rimasta lenta, ad eccezione dell’India.
Nel mese di marzo l’Indice dei prezzi degli oli vegetali della FAO ha registrato una media di 159,2 punti, con un aumento dell’8% rispetto a febbraio e segnando il livello più alto da giugno 2011. La forza persistente dell’indice è stata guidata dai valori più alti degli oli di palma, soia e girasole. I prezzi internazionali dell’olio di palma hanno registrato un decimo aumento mensile consecutivo, dato che le preoccupazioni persistenti sui livelli delle scorte nei principali paesi esportatori hanno coinciso con una graduale ripresa della domanda globale di importazioni.
Nel frattempo, i prezzi dell’olio di soia sono aumentati bruscamente, in gran parte sostenuti dalle prospettive di una solida domanda, soprattutto dal settore del biodiesel. Per quanto riguarda i prezzi dell’olio di girasole, la prolungata riduzione delle scorte, soprattutto in Canada e nella regione del Mar Nero, ha continuato a dare un forte sostegno.
Invece, l’indice FAO dei prezzi dei prodotti lattiero-caseari ha registrato un aumento del 3,9% rispetto a febbraio, salendo per il decimo mese consecutivo e portando l’indice a quasi il 16% sopra il valore del mese corrispondente dello scorso anno.
A marzo, i prezzi internazionali del burro sono aumentati, sostenuti principalmente da un’offerta piuttosto limitata in Europa a causa di un inizio lento della stagione di produzione del latte e da un aumento della domanda interna in previsione di una ripresa del settore della ristorazione.
Anche i prezzi del latte in polvere registrano un segno più, sostenuti da un’impennata delle importazioni in Asia, soprattutto in Cina, a causa delle preoccupazioni su possibili problemi di approvvigionamento a breve termine in mezzo al calo stagionale della produzione di latte in Oceania e alla scarsa disponibilità di container in Europa e Nord America. Al contrario, i prezzi del formaggio sono scesi leggermente per il terzo mese consecutivo a causa della domanda limitata di forniture.
Un’analoga spinta rialzista è stata osservata anche per i prezzi della carne che da febbraio è salita del 2,3%, continuando la tendenza al rialzo per il sesto mese consecutivo, ma restando ancora leggermente (0,5%) al di sotto del valore di un anno fa.
Le quotazioni del pollame e della carne suina sono aumentate, grazie a un ritmo sostenuto di importazioni da parte dei paesi asiatici, soprattutto dalla Cina e all’impennata delle vendite interne in Europa in preparazione delle celebrazioni pasquali. I prezzi della carne bovina sono rimasti stabili vicino ai livelli di febbraio, poiché gli aumenti delle quotazioni per il Brasile e gli Stati Uniti d’America hanno compensato un calo dei prezzi delle esportazioni dall’Australia. Al contrario, i prezzi della carne ovina sono scesi a causa dell’aumento delle forniture dalla Nuova Zelanda, a causa del clima secco prevalente.
L’indice FAO dei prezzi dello zucchero ha registrato una riduzione del 4% rispetto a febbraio, segnando il primo calo dopo i forti aumenti registrati nei due mesi precedenti. Le quotazioni dello zucchero sono rimaste oltre il 30 % al di sopra dei livelli del periodo corrispondente dell’anno scorso, sostenute dalle preoccupazioni per le scarse forniture globali nel 2020-2021. Il recente calo mensile delle quotazioni internazionali dello zucchero è stato innescato dalle prospettive di grandi esportazioni dall’India, nonostante i persistenti vincoli logistici. La pressione al rialzo sui prezzi dovuta alla forte domanda di importazioni, in particolare dalla Cina, e gli aumenti delle quotazioni del petrolio greggio hanno impedito cali di prezzo più significativi nelle ultime settimane.
Ma da cosa dipendono questi aumenti? La pandemia ha comportato una riduzione degli scambi commerciali, accaparramenti, speculazioni e incertezza per gli effetti dei cambiamenti climatici, spingendo i singoli Stati a una vera corsa ai beni essenziali per garantire l’alimentazione delle popolazione.
La paura di non poter soddisfare i bisogni primari come il cibo ha convinto la stessa Unione Europea a lanciare una consultazione pubblica per raccogliere contributi dagli operatori, ma anche dalle autorità e dai cittadini per realizzare un piano finalizzato a conquistare l’autosufficienza alimentare.
L’emergenza Covid – ha rilevato la Coldiretti – sta innescando un nuovo cortocircuito sul fronte delle materie prime anche nel settore agricolo nazionale che ha già sperimentato i guasti della volatilità dei listini in un Paese come l’Italia che è fortemente deficitaria ed ha bisogno di un piano di potenziamento produttivo e di stoccaggio per le principali commodities, dal grano al mais fino all’atteso piano proteine nazionale per l’alimentazione degli animali in allevamento per recuperare competitività rispetto ai concorrenti stranieri.
A causa dei ritardi infrastrutturali in Italia gli effetti positivi delle quotazioni sui mercati internazionali si trasferiscono solo marginalmente, mentre i costi hanno un impatto molto più pesante, soprattutto per le imprese impegnate nell’allevamento.
La crisi sanitaria da Coronavirus, dal un lato ha fatto emergere una maggior consapevolezza sul valore strategico rappresentato dal cibo e dalle necessarie garanzie di qualità e sicurezza, dall’altro anche le fragilità presenti nel nostro Paese sulle quali occorre intervenire per difendere la sovranità alimentare, ridurre la dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento e creare nuovi posti di lavoro.
“Per cogliere una opportunità unica abbiamo elaborato e proposto per tempo progetti concreti immediatamente cantierabili per l’agroalimentare con una decisa svolta verso la rivoluzione verde, la transizione ecologica e il digitale in grado di offrire un milione di posti di lavoro green entro i prossimi 10 anni”, ha dichiarato Ettore Prandini, Presidente della Coldiretti.
“Digitalizzazione delle aree rurali, recupero terreni abbandonati, foreste urbane per mitigare l’inquinamento in città, invasi nelle aree interne per risparmiare l’acqua, chimica verde e bioenergie per contrastare i cambiamenti climatici ed interventi specifici nei settori deficitari dai cereali all’allevamento, dalla quarta gamma fino all’olio di oliva sono – ha sottolineato Prandini – alcuni dei progetti strategici elaborati dalla Coldiretti insieme a Filiera Italia per la crescita sostenibile a beneficio del sistema Paese. Bisogna ripartire dai nostri punti di forza e l’Italia è prima in Europa per qualità e sicurezza dell’alimentazione dove è possibile investire per dimezzare la dipendenza alimentare dall’estero”