Gli assegni di previdenza pubblica saranno sempre più bassi e sempre più lontani ed è per questo che occorre pensare per tempo a una pensione integrativa: è questo l’obiettivo dei fondi pensione, ormai utilizzati da un lavoratore su tre in Italia (circa più di 8 milioni su 22,5 milioni di occupati complessivi). A spiegarne i vantaggi e la convenienza, anche per chi fa fatica ad arrivare a fine mese, è Andrea Lesca, Responsabile Relazioni Reti e Welfare Aziendale di Intesa Sanpaolo Vita, la divisione assicurativa che vanta un bacino di 450mila clienti, di cui circa 250mila iscritti al nuovo fondo “Il Mio Domani”.
Quali sono concretamente i vantaggi di un fondo pensione?
“Ne individuerei soprattutto tre. Innanzitutto, consentono di affrontare consapevolmente e nella maniera più proficua possibile il tema della previdenza integrativa, che va accompagnata a quella pubblica ormai sempre meno sostanziosa, soprattutto per la generazione dei Millennials. Poi ci sono i vantaggi economici. Quelli fiscali sono triplici: il contributo che si sceglie di versare periodicamente (che è assolutamente flessibile, può essere fisso o proporzionale al reddito ed è anche modificabile dopo l’adesione) viene detassato fino a 5.164,57 euro l’anno; i rendimenti saranno tassati al 20% e non al 26% come altre forme di risparmio gestito (ad esempio i fondi comuni di investimento); infine il capitale accumulato, esclusi i rendimenti finanziari già tassati in fase di accumulazione ma compreso il TFR se versato, è tassato da un massimo del 15% a un minimo del 9%, se l’adesione alla previdenza complementare raggiunge i 35 anni, anziché a un minimo del 23%. Inoltre, c’è la possibilità di avere anche un contributo da parte del datore di lavoro, se lavoratori dipendenti e in caso di adesione a un fondo collettivo, regolamentato dai contratti collettivi nazionali”.
Ma se un lavoratore fa fatica a far quadrare i conti nella vita quotidiana, sarà in grado di pensare in maniera così impegnativa al domani?
“In realtà i fondi pensione sono strumenti assolutamente flessibili. L’adesione è libera, la somma da versare flessibile (tranne se va rispettato un accordo aziendale) ed è possibile versare anche somme una tantum, oltre che recedere in qualsiasi momento, chiedendo riscatti e anticipazioni anche se solo in situazioni specifiche. In ogni caso, per fare un esempio, aderire a un fondo aziendale costa in media l’1% o poco più della retribuzione annuale, cioè prendendo un reddito da 20.000 euro costa 200 euro l’anno: una cifra non indifferente ma sostenibile anche dalle fasce più basse, e che consente di ricevere poi un contributo previdenziale da parte dell’azienda. Chi non ha modo di versare periodicamente dei soldi può anche accontentarsi di questo accordo, oppure di versare il TFR, che è una cosa che consigliamo”.
Perché versare il TFR è così importante?
“Il versamento del TFR permette al lavoratore di far crescere più rapidamente la propria posizione pensionistica, senza però ridurre la propria capacita di spesa, perché il reddito non viene toccato. E allo stesso tempo la cifra messa da parte è alta, corrisponde in media a poco meno del 7% della retribuzione annua lorda.
Quale è la differenza tra fondi pensione e PIR?
“Sono strumenti di risparmio diversi. Il PIR è un investimento con una durata di bloccato per 5 anni, richiede una somma minima e contempla un significativo vantaggio fiscale in quanto il PIR è esonerato dal pagamento del capital gain. E’ inoltre destinato a un mercato specifico, quello delle Pmi italiane, e pensato apposta per sostenerle. Il fondo pensione si colloca investe invece su mercati più grandi, soprattutto anche internazionali. Ma Infatti il fondo pensione può, ad esempio, comprare dei PIR diversificando ulteriormente i propri investimenti e beneficiando così di ulteriori agevolazioni fiscali a favore dei propri clienti”.
Come cambia la disciplina dei fondi pensioni con la Legge di Bilancio 2018? Aumenterà o diminuirà il loro appeal?
“Se ne sta parlando in questi giorni, attendiamo il responso. Gli aspetti più importanti che dovrebbero cambiare, rendendo i fondi pensione più flessibili e dunque più appetibili, sono due. Primo, la possibilità di riscattare la pensione integrativa anche 10 anni prima dell’età pensionabile (adesso sono al massimo 5), in caso di un periodo abbastanza lungo di disoccupazione, attualmente fissato in quattro due anni. Poi la possibilità di conferire anche il 50% del TFR al fondo pensione: attualmente o si versa tutto, o non si versa per niente”.
Quali sono le principali caratteristiche del prodotto “Il Mio Domani” di Intesa Sanpaolo Vita?
“Innanzitutto il costo, di livello medio basso. Siamo intorno all’1,5-1,6% di commissioni (in un periodo di 10 anni), in una forbice di mercato tra lo 0,5 e il 3,5%, comprensive anche delle spese di iscrizione che viaggiano tra i 30 e i 50 euro l’anno. Poi la gestione particolarmente attiva, volta sempre a raggiungere un profitto in maniera dinamica. Infine, ma non meno importante, la consulenza e la continua assistenza al cliente come elementi centrali della nostra offerta. Attualmente abbiamo circa 250mila clienti, che versano in media 150 euro al mese in caso di fondo individuale, e anche il doppio in caso di fondo collettivo e/o di versamento del TFR”.