Sta per iniziare una stagione complessa per il mondo delle telecomunicazioni. Al centro ci sono due temi importanti: il primo riguarda l’inizio delle procedure di gara per la riassegnazione delle frequenze intorno ai 700 Mhz, il secondo si riferisce al riassetto della nuova governance Rai a seguito dell’applicazione della Legge del 2015.
Sul primo punto, lo scorso 6 agosto è stato pubblicato il bando e il disciplinare di gara sulla base delle regole definite dalla Autorità per le garanzie nelle comunicazioni con la delibera di maggio. Luigi Di Maio, vicepresidente del Consiglio, ha commentato: “Inizia oggi una nuova tappa del percorso che porterà l’Italia a dotarsi di una tecnologia innovativa, la rete 5G, che non è semplicemente un’evoluzione del 4G, ma è una piattaforma che apre nuove opportunità di sviluppo per il nostro sistema economico”.
CONTO ALLA ROVESCIA PER LA GARA SUL 5G
Entro il prossimo 10 settembre gli operatori ammessi alla gara (Iliad, Telecom, Wind, Fastweb, Vodafone, Linkem e Open Fiber) sempreché non si pongano ostacoli a seguito del ricorso al Tar presentato a luglio da parte del Gruppo Cairo, presenteranno le buste con le offerte. A proposito del disciplinare di gara, si prevede una novità che susciterà non poche perplessità. Pure se si tratta di una procedura prevista dettagliatamente dalle direttive comunitarie recepite dal nostro ordinamento, per Iliad la gara è già vinta, in quanto unico concorrente straniero a godere della corsia privilegiata stabilita per i nuovi entranti.
Per questa partita la posta in gioco è molto alta, sia per il profilo economico, quanto per quello tecnologico. Il valore della gara, stimato per oltre 2,5 miliardi, è stato già inserito nella Legge di bilancio. Lo Stato si attende qualcosa di più ma, a quanto sembra, le aziende non intendono giocare a rialzo più di tanto. Ad esempio, da ambienti Tim, in attesa del prossimo Cda del 10 settembre, trapela la conferma alla partecipazione ma senza particolari velleità competitive: “saremo della partita, non ci faremo tagliare fuori dai concorrenti”. Non appare del tutto fantascientifica l’ipotesi che ci possa essere un accordo preventivo tra i concorrenti per “calmierare” le offerte anche se incapperebbe nella censura Antitrust. La torta è grande e ci potrebbe essere spazio per tutti.
L’oggetto principale della gara è il futuro del 5G, considerato la variabile fondamentale per lo sviluppo tecnologico del Paese. Si tratta di ampliare in modo considerevole la possibilità di collegare un numero infinito di dispositivi connessi alla rete per dare spazio ad innumerevoli applicazioni: dall’IOT all’Intelligenza artificiale, dai servizi di pubblica utilità all’intrattenimento multimediale e quindi ai nuovi modelli di fruizione dei servizi audiovisivi.
RAI IN STALLO DOPO IL NO A MARCELLO FOA
Quest’ultima nota ci porta al secondo tema di attualità: l’inizio della nuova stagione del Servizio pubblico radiotelevisivo all’indomani della prima applicazione della Legge del 2015, fortemente voluta dal precedente Governo guidato da Matteo Renzi. La nuova disposizione normativa ha riportato la Rai sotto un più marcato controllo governativo, espresso con la nomina della nuova figura dell’Amministratore Delegato indicato direttamente dal Ministero dell’Economia. Le Legge, inoltre, prevede che la nomina del Presidente del Cda debba essere proposta dal Consiglio di amministrazione e successivamente ratificata dalla Commissione Parlamentare di Vigilanza Rai con la maggioranza dei 2/3.
Lo scorso 18 luglio sono stati nominati dal Parlamento i nuovi consiglieri (due Camera e due Senato: Giampaolo Rossi, Igor De Biasio, Rita Borioni e Beatrice Coletti) mentre i dipendenti hanno eletto Riccardo Laganà come loro rappresentante nel nuovo CdA. Come noto, la Vigilanza, nella seduta del 1 agosto, ha bocciato la candidatura di Marcello Foa (l’altro consigliere espresso dal Governo) come Presidente perché, come ha dichiarato Maurizio Gasparri (FI) “è stato sbagliato il metodo”. Ora la situazione è in pieno stallo: Foa continua a presiedere il Cda come consigliere anziano ma non può procedere a compiere nessun atto rilevante, come gli ha espressamente intimato sempre la Vigilanza con una nota del 7 agosto. Inoltre, incombe lo spettro di quanto avvenuto in passato, quando il CdA ha provveduto a compiere atti senza copertura giuridica formale (vedi caso Meocci, per il quale sono stati chiesti risarcimenti economici).
La prossima settimana, con la riapertura delle Camere, si dovrà riprendere in mano la situazione ma, al momento, non sembrano esserci soluzioni a portata di mano. Anzitutto c’è un quadro politico incerto: sull’argomento Lega e M5S non sembrano avere idee convergenti. Il cerino che brucia è nelle mani di Matteo Salvini che vorrebbe tenere il punto su Foa. Difficile immaginare che la sua candidatura possa essere ripresentata. Delle due l’una: o Foa si dimette e la Lega presenta un nuovo consigliere (con l’accordo preventivo di Silvio Berlusconi, suo principale alleato di coalizione) o si trova il Presidente tra gli attuali componenti del CdA. Altre ipotesi non sembrano di facile applicazione, compresa quella dell’evocato fantasma del commissario. Si tratta infatti di una fattispecie applicabile in determinate condizioni normative che non è semplice ravvedere nella complessità e specificità della Rai.
L’autunno bussa alla porte di Viale Mazzini e richiede impegni non derogabili: anzitutto definire il nuovo Piano Industriale e quello editoriale, come previsto dal Contratto di Servizio recentemente approvato. È in gioco il suo futuro, ogni ritardo è colpevole.