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Presidenti della Repubblica: tutti i Capi di Stato dal 1948 a oggi

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In 74 anni di storia l’Italia ha avuto 12 presidenti della Repubblica e a breve – il 24 gennaio – parlamentari e delegati regionali si riuniranno per eleggere il tredicesimo. Prima di scoprire chi salirà al Colle dopo Sergio Mattarella, volgiamo lo sguardo all’indietro e ripercorriamo (in sintesi) la strada che ci ha portati fin qui.

Dal primo presidente provvisorio, De Nicola, al grande economista Einaudi, dal primo democristiano Gronchi al primo socialdemocratico Saragat, passando per la malattia di Segni. E ancora Leone, forse il presidente più controverso, Pertini, di sicuro il più amato, e poi Cossiga “il Picconatore”, per arrivare infine ai nomi più recenti: Scalfaro, Ciampi, Napolitano (1 e 2). Ecco chi sono stati, fino a oggi, i presidenti della Repubblica italiana.

1) ENRICO DE NICOLA 1946-1948

Giurista liberale, Enrico De Nicola fu eletto capo provvisorio dello Stato il 28 giugno 1946 dall’Assemblea costituente, grazie all’accordo fra democristiani, socialisti e comunisti.

Il primo gennaio 1948 assunse il titolo di Presidente della Repubblica Italiana, mantenendolo fino al successivo 12 maggio.

Nella storia del nostro Paese, De Nicola è stata l’unica persona ad aver ricoperto quattro delle cinque maggiori cariche dello Stato, avendo ottenuto in carriera anche le presidenze del Senato, della Camera e della Corte costituzionale.

2) LUIGI EINAUDI 1948-1955

Economista, di estrazione liberale come il suo predecessore, Luigi Einaudi fu ministro del Bilancio nel quarto governo De Gasperi (1947-1948), il primo da cui furono estromesse le sinistre. In quei mesi realizzò una manovra economica durissima, che agì su tre livelli: inasprimento fiscale, svalutazione della lira e restrizione del credito. In questo modo furono raggiunti diversi obiettivi – calo dell’inflazione, recupero della stabilità monetaria, risanamento del bilancio statale – ma l’operazione ebbe forti costi sociali, soprattutto sul fronte della disoccupazione.  

Dopo l’anno passato al Tesoro, Einaudi fu eletto Presidente della Repubblica, carica che ricoprì nella prima fase del centrismo, quando i democristiani governarono con liberali, repubblicani e socialdemocratici. Furono gli anni della riforma agraria (per l’esproprio e il frazionamento di una parte delle grandi proprietà terriere), della Cassa per il Mezzogiorno, della legge Fanfani sul finanziamento delle case popolari e della riforma Vanoni, che introdusse l’obbligo della dichiarazione annuale dei redditi.

3) GIOVANNI GRONCHI 1955-1962

Già sottosegretario all’Industria nel governo Mussolini, Giovanni Gronchi fu ministro dell’Agricoltura, dell’Industria e del Commercio nei governi Bonomi II, Bonomi III e De Gasperi I, per poi diventare il primo democristiano a essere eletto Presidente della Repubblica. In quanto esponente della sinistra Dc, fu sostenuto da una parte del partito contro le indicazioni della segreteria e ottenne anche l’appoggio di socialisti e comunisti.

La presidenza Gronchi coincise quasi perfettamente con gli anni del miracolo economico italiano, fase culminante del processo di crescita iniziato dopo il 1950. Nello stesso settennato, però, ebbe luogo anche la crisi prodotta dal governo Tambroni, che – sostenuto dal Movimento Sociale Italiano – nel 1960 autorizzò i missini a tenere a Genova il loro congresso nazionale, innescando una serie di rivolte popolari che causarono una decina di morti. Tambroni si dimise dopo essere stato sconfessato dalla Dc, che formò un nuovo governo (Fanfani III) grazie all’astensione del Psi, inaugurando così la stagione del centrosinistra.

4) ANTONIO SEGNI 1962-1964

La presidenza Segni durò solamente due anni e mezzo e fu la seconda più breve nella storia della Repubblica dopo quella di De Nicola. Le dimissioni arrivarono il 6 dicembre del 1964 per ragioni di salute: quattro mesi prima, infatti, Segni era stato colpito da trombosi cerebrale durante una discussione concitata con Saragat e Moro. I contenuti del colloquio rimasero segreti.

Quell’estate si erano diffuse voci di un progetto di colpo di Stato (Piano Solo) promosso dal numero uno dell’Arma dei Carabinieri, il generale De Lorenzo, che era particolarmente vicino a Segni. Secondo Giorgio Galli e Indro Montanelli, tuttavia, il Capo dello Stato non puntava a mettere in atto un golpe, ma solo ad agitarne lo spauracchio a fini politici.

5) GIUSEPPE SARAGAT 1964-1971

Giuseppe Saragat fu il primo Presidente della Repubblica socialdemocratico e per la sua elezione furono determinanti i voti dei comunisti. Leader storico del Partito Socialista Democratico Italiano, prima di salire al Colle Saragat era stato presidente dell’Assemblea costituente, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri. Il suo settennato si inserì nella cornice del “centrosinistra organico” (Dc, Pri, Psdi e Psi), conobbe la contestazione giovanile del 1968 e l’autunno caldo del 1969, ma anche le grandi riforme del 1970: l’istituzione delle Regioni, il varo dello statuto dei lavoratori e il via libera alla legge sul divorzio, poi confermata dal referendum del 1974. 

Sempre nel 1970 si svolse il tentativo di colpo di Stato organizzato da Junio Valerio Borghese. Il piano – annullato dallo stesso Borghese mentre era in esecuzione, per motivi mai chiariti – prevedeva la cattura e il rapimento di Saragat, operazione da portare a termine sotto la cura di Licio Gelli, maestro venerabile della Loggia massonica P2.

6) GIOVANNI LEONE 1971-1978

Dopo aver guidato due governi monocolore e “balneari” a marca Dc (1963 e 1968), nel 1971 Giovanni Leone fu eletto al Quirinale da una maggioranza di centrodestra, al termine della procedura più lunga di sempre (23 scrutini in 15 giorni). La sua presidenza attraversò in larga parte una delle pagine più buie della storia repubblicana, quella degli anni di piombo, con gli attentati del 1974 (a Brescia, in Piazza della Loggia, e sul treno Italicus), la stagione della solidarietà nazionale, il sequestro e l’uccisione di Aldo Moro.

Accusato di comportamenti opachi sotto il profilo fiscale e di connivenze con gruppi affaristici (anche se il suo coinvolgimento nello scandalo Lockheed non fu mai provato), Leone si dimise nel giugno del 1978, a poco più di sei mesi dalla fine del mandato.

7) SANDRO PERTINI 1978-1985

Antifascista perseguitato dal Regime e figura di primo piano della Resistenza, a 82 anni l’ex partigiano Sandro Pertini fu eletto con i voti di tutto l’arco costituzionale. Incassò l’82,3% delle preferenze, un record ancora imbattuto, e divenne così il primo socialista a ricoprire la carica di presidente della Repubblica. Il suo mandato fu caratterizzato da un’impronta personale che gli procurò in poco tempo una vasta popolarità, tanto che in molti lo ricordano ancora come il “presidente più amato dagli italiani”.

Diversi i momenti del suo settennato che hanno lasciato traccia nella memoria collettiva: la commozione per la strage di Bologna del 2 agosto 1980, l’indignazione per i ritardi dei soccorsi dopo il terremoto in Irpinia del 23 novembre dello stesso anno, ma anche l’esultanza al Santiago Bernabeu nel 1982, quando l’Italia sconfisse la Germania Ovest nella finale dei Mondiali di calcio.

8) FRANCESCO COSSIGA 1985-1992

Il democristiano Francesco Cossiga fu eletto a larghissima maggioranza nel pieno dell’epoca del pentapartito (Dc, Pri, Pli, Psi e Psdi), diventando il Capo di Stato più giovane di sempre (58 anni).

Nel 1991 cambiò improvvisamente lo stile di comportamento seguito nei primi cinque anni del mandato e si rese protagonista di una serie di polemiche sia con i partiti (compresa la Dc) sia con altri organi dello Stato (soprattutto il Consiglio superiore della magistratura, accusato da Cossiga di arrogarsi poteri che non gli spettavano). La veemenza delle sue esternazioni gli valse il soprannome di “Picconatore”. In realtà non si riprese mai dallo shock del rapimento di Aldo Moro durante la sua gestione del Ministero dell’Interno.

Nel febbraio 1992 sciolse le Camere con lieve anticipo rispetto alla scadenza della legislatura. Si dimise il 28 aprile di quello stesso anno, due mesi prima della fine del settennato.

9) OSCAR LUIGI SCALFARO 1992-1999

Magistrato, parlamentare dagli anni dell’Assemblea costituente, Oscar Luigi Scalfaro fu chiamato a rappresentare la tradizione positiva di una classe politica gravemente screditata dallo scandalo Tangentopoli, scoppiato alcuni mesi prima. Non solo: mentre erano in corso le votazioni per il Quirinale, il Paese fu sconvolto dalla strage di Capaci, in cui perse la vita il magistrato Giovanni Falcone. Meno di due mesi dopo, la mafia uccise anche Paolo Borsellino.

Quello stesso anno Scalfaro affidò il governo a Giuliano Amato, che evitò la bancarotta dello Stato con una delle manovre più severe della storia repubblicana (quella del prelievo forzoso sui conti correnti). Oltre alla nascita della Seconda Repubblica e alla “discesa in campo” di Silvio Berlusconi, con il quale si scontrò ai tempi del primo governo dell’ex Cavaliere (1994-1995), Scalfaro vide anche l’ingresso dell’Italia nell’euro.

10) CARLO AZEGLIO CIAMPI 1999-2006

Il nome più legato alla moneta unica è però quello di Carlo Azeglio Ciampi, che – dopo essere stato governatore di Bankitalia dal 79 al 93 e presidente del Consiglio nel 93-94 – fu anche ministro del Tesoro nel primo governo Prodi. In quella veste firmò la manovra del 1997, che in un anno abbatté il deficit dal 7 al 2,7% del Pil, permettendo all’Italia di rispettare i parametri di Maastricht e di entrare così nel gruppo di testa dei Paesi aderenti all’euro.

Ciampi approdò al Quirinale su proposta di Walter Veltroni e la sua elezione avvenne al primo scrutinio. Da Capo dello Stato, si oppose all’idea che l’Italia potesse partecipare alla guerra in Iraq al di fuori di una cornice di cooperazione internazionale: una posizione diversa da quella del capo del governo, Silvio Berlusconi, favorevole a un’alleanza totale con gli Usa. In quegli anni, altri motivi di attrito fra il Colle e Palazzo Chigi furono la legge Gasparri sulle telecomunicazioni e la riforma dell’ordinamento giudiziario del ministro Castelli, entrambe rinviate da Ciampi alle Camere.

11) GIORGIO NAPOLITANO 2006-2013 E 2013-2015

Giorgio Napolitano è stato finora l’unico presidente della Repubblica a ottenere un secondo mandato, che però è durato meno di due anni. Esponente della corrente “migliorista” del Pci, nel 1978 fu il primo dirigente comunista italiano a ricevere un visto per andare negli Stati Uniti. Ha ricoperto gli incarichi di presidente della Camera durante la crisi del 1992 e di ministro dell’Interno nel primo governo Prodi, quando promosse una legge per la regolamentazione dei flussi migratori.

Da Capo dello Stato ha affrontato prima la crisi finanziaria globale del 2008-2009, poi quella del debito sovrano europeo iniziata nel 2010. Nell’aprile del 2013, alla Camera, Napolitano rimproverò con voce rotta dall’emozione i parlamentari e i delegati regionali che non erano stati in grado di scegliere il suo successore.

12) SERGIO MATTARELLA 2015-2022

Fratello di Piersanti, presidente della Regione siciliana ucciso dalla mafia nel 1980, Sergio Mattarella ha ricoperto più volte la carica di ministro e, tra il 2011 e il 2015, quella di giudice della Corte costituzionale.

È stato il relatore della riforma elettorale che, recependo l’esito del referendum del 1993, introdusse il maggioritario per il 75% dei seggi. La legge, ribattezzata Mattarellum dal politologo Giovanni Sartori, fu impiegata per le elezioni politiche del 1994, del 1996 e del 2001.

Da Presidente della Repubblica ha nominato una senatrice a vita: Liliana Segre, superstite di Aushwitz e testimone della Shoah.

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