In Toscana, come nel resto del Paese, il settore culturale attraversa una fase di difficoltà e incertezza, nella quale si intravedono segni e potenzialità di ripresa, ma anche ostacoli ad un pieno sviluppo del settore stesso.
Questo il quadro, con luci e ombre, che affiora dal Rapporto Annuale Federculture la cui edizione più recente – Cultura l’alternativa alla crisi per una nuova idea di progresso, 2014 – è stato presentato alla Fortezza da Basso nell’ambito del Salone dell’Arte e del Restauro in un dibattito al quale sono intervenuti il Vicesindaco di Firenze Cristina Giachi, Roberto Grossi, Presidente Federculture, l’Assessore alla Cultura della Regione Toscana Sara Nocentini, Giovanna Barni, Presidente Coopculture e Luciano Modica, Presidente Accademia Belle Arti di Firenze.
A partire dai contenuti del volume è stato illustrato anche un approfondimento sulle principali tendenze del settore culturale in Toscana, confrontate con i dati nazionali, dai quali emerge come nella regione che ha 1 museo ogni 42 km2 e ogni 6.800 abitanti (la media nazionale è invece di 1 ogni 13.000 abitanti), visitati ogni anno da circa 23 milioni di persone, il 22% del totale nazionale, la crisi si fa comunque sentire.
Seppure le famiglie toscane spendono il 7,6% del loro budget annuale in cultura, più di quanto avvenga a livello nazionale e frequentano musei e mostre il 29% dei residenti contro il 26% della media Italia, le variazioni dell’ultimo anno (2013) nella fruizione culturale sono di segno negativo in diversi settori, dal teatro -15,6%, al cinema -9,3%, alla lettura -6,3%. Uniche eccezioni i concerti di musica classica +10,5%, e quelli di musica leggera +3%.
Il 2013, del resto, è stato un anno per la cultura in larga parte negativo, come dicono anche i dati nazionali, nel quale la spesa delle famiglie italiane per la cultura è diminuita del 3% ed è scesa la partecipazione in tutte le attività culturali. Un andamento influenzato certamente dalla crisi generale dei consumi, ma attribuibile pure al crollo degli investimenti nel settore culturale e alla conseguente assenza di politiche pubbliche di sviluppo. Basta ricordare che complessivamente l’intervento pubblico nella cultura (Stato e amministrazioni locali) negli ultimi dieci anni è diminuito di oltre 1,6 miliardi, accompagnato da una parallela contrazione degli investimenti dei privati (sponsorizzazioni, erogazioni liberali, investimenti delle fondazioni bancarie) nel settore culturale che dall’inizio della crisi, 2008, ad oggi sono calati di circa 350 milioni di euro, il 40% in meno.
In questo contesto rappresenta un’eccezione la città di Firenze la cui amministrazione nel 2013 in particolare ha incrementato esponenzialmente le risorse destinate alla cultura, passate da 42 a 100 milioni di euro, pari al 12,4% del proprio bilancio complessivo. Un impegno controcorrente rispetto a quanto stanno facendo negli ultimi anni molti Comuni costretti a tagliare gli investimenti, grazie al quale Firenze tra i principali capoluoghi è la città con la più alta spesa in cultura per abitante: 277 euro. Gli effetti sembrano riverberarsi sia sul turismo – la città di Firenze ha superato nel 2013 gli 8,2 milioni di pernottamenti con una crescita sia degli arrivi (+3,7% pari a +120 mila unità) sia delle presenze (+3,7% pari a circa 296 mila pernottamenti) –, sia sui musei civici fiorentini che solo nell’ultimo anno 2012/2013 hanno visto incrementare il numero degli ingressi del 66%, da 737mila a oltre 1,2 milioni.
Un chiaro esempio quello di Firenze di quanto la cultura sia una risorsa fondamentale per la ripresa e che oltre a rappresentare il vero tessuto connettivo dell’Italia, deve essere fattore costitutivo anche del nostro futuro, di un nuovo progetto di Paese. Affinché ciò avvenga, servono politiche incisive a partire dalla riscoperta del valore della cultura come bene comune nel quale sia al centro il cittadino, destinatario finale di ogni intervento.
«E’ oggi necessario modificare l’approccio alle politiche culturali – chiosa Roberto Grossi Presidente di Federculture – I musei, le biblioteche, i teatri sono, e tali devono essere considerati, un servizio pubblico, rivolto, quindi, a tutti i cittadini e alle famiglie. L’obiettivo primario di ogni intervento deve dunque essere l’ampliamento dell’accesso alla cultura e della partecipazione, anche con interventi fiscali a sostegno dei consumi, in particolare introducendo la detraibilità delle spese per attività culturali e formazione. Viviamo un tempo di transizione e incertezza, ma l’Italia ha potenzialità enormi e risorse sulle quali fare perno per rilanciarsi. Dobbiamo smettere di rincorrere le emergenze e ripartire da un’idea di Paese in cui la cultura torni ad essere una guida fondamentale del progresso. La cultura può offrire una visione dello sviluppo, dare risposte ai temi della qualità della vita nelle nostre città, alla fame di lavoro, alla riaffermazione della bellezza nella realtà di ogni giorno.»
Allegati: Dati Toscana_Rapporto Federculture 2014.doc