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Premierato: il Senato dà il primo via libera alla riforma costituzionale. Ecco cosa cambia e quali sono le novità in 5 punti

Imagoeconomica

Primo via libera al premierato, la riforma costituzionale fortemente voluta dalla Premier Giorgia Meloni, nonché cavallo di battaglia di Fratelli d’Italia nel corso della campagna elettorale del 2022. 

L’aula del Senato ha dato via libera al provvedimento che consentirà l’elezione diretta del Presidente del Consiglio con 109 i voti a favore, 77 contrari e un astenuto.

Ma cosa cambia con il cosiddetto “premierato”? Quali saranno i poteri del presidente del Consiglio e quali quelli del capo dello Stato? Ecco tutto ciò che c’è da sapere.

L’elezione diretta del presidente del Consiglio e il limite dei due mandati

L’attuale Costituzione prevede che i cittadini eleggano i membri del Parlamento, ossia senatori e deputati, che poi a loro volta esprimono la loro preferenza per un governo e un presidente del Consiglio. Se la riforma verrà approvata in via definitiva cambierà tutto. Il premier non riceverà più l’incarico dal presidente della Repubblica sulla base del risultato delle elezioni e delle possibili maggioranze, ma verrà eletto direttamente dai cittadini. Insieme al presidente del Consiglio saranno eletti anche i membri del Parlamento.

Il mandato del premier durerà per cinque anni e per non più di due legislature consecutive che potranno diventare a tre se, complessivamente, il periodo in cui ha ricoperto l’incarico di premier non supera i sette anni e sei mesi.

Cosa succede in caso di crisi di governo?

In caso di crisi di governo, la riforma prevede tre differenti soluzioni. In caso di revoca della fiducia al premier, il presidente della Repubblica scioglie le camere e si torna al voto. 

Se invece il presidente del consiglio si dimette, “questi può proporre, entro sette giorni, lo scioglimento delle Camere al presidente della Repubblica, che lo dispone”. Il premier ha dunque la facoltà di chiedere e ottenere lo scioglimento anticipato se c’è una crisi politica. 

Infine, “Qualora non eserciti tale facoltà e nei casi di morte, impedimento permanente, decadenza, il Presidente della Repubblica può conferire, per una sola volta nel corso della legislatura, l’incarico di formare il governo al presidente del Consiglio dimissionario o a un altro parlamentare eletto in collegamento con il presidente del Consiglio». Il presidente del Consiglio può essere quindi sostituito solo una volta nella legislatura, e solo se sarà lui stesso a decidere di andarsene, a un parlamentare della sua stessa coalizione. Una modifica che mira ad evitare il ricorsi a governi tecnici o di larghe intese. 

I poteri del presidente della Repubblica

La riforma modifica anche i poteri del presidente della Repubblica che, dopo l’elezione, avrà il compito, che a questo punto diventerà solo formale, di conferire l’incarico al premier eletto dai cittadini e potrà revocare un ministro su richiesta del Governo. Il capo dello Stato avrà inoltre il compito di nominare i 5 giudici costituzionali e presiedere il Csm. 

A cambiare saranno anche le regole per l’elezione del presidente della Repubblica. Sarà necessario arrivare quorum dei due terzi dei grandi elettori nei primi sei scrutini. Oggi sono tre. 

Altra novità importante è l’annullamento del semestre bianco. Il presidente della Repubblica avrà la facoltà di sciogliere le camere in qualunque momento, anche nei sei mesi precedenti all’elezione del capo dello Stato. Una circostanza oggi non prevista dalla Costituzione.

Addio ai senatori a vita

La riforma modifica anche l’articolo 59 della Costituzione, dove sono previsti i senatori a vita nominati dal presidente della Repubblica. In base a quanto previsto, gli attuali resteranno in carica, ma in seguito la carica di senatore a vita sarà data solo ai presidenti emeriti della Repubblica.

Serve una legge elettorale

I molti cambiamenti previsti dalla riforma, elezione diretta del presidente del Consiglio in primis, richiederanno una legge elettorale coerente con le nuove regole. Non a caso viene stabilita l’entrata in vigore della riforma all’approvazione della legge elettorale attuativa.

Il ddl Casellati prevede infine che una legge ordinaria disciplini il sistema per l’elezione delle Camere e del presidente del Consiglio, “assegnando un premio su base nazionale che garantisca una maggioranza dei seggi in ciascuna delle Camere alle liste e ai candidati collegati al presidente del Consiglio, nel rispetto del principio di rappresentatività”.

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Categories: Politica