La protesta contro il fisco italiano ha raggiunto il parco buoi di Hong Kong. Dall’ex colonia britannica, infatti, arrivano le proteste degli investitori domestici tenuti lontano dall’offerta dei titoli di Prada dai problemi della doppia tassazione su capital gain e dividendo. “Avevamo prenotato – spiega al Financial Times un portavoce della Phillips securities, specializzata nelle sottoscrizioni di Ipo da rivendere al retail – titoli per 10 milioni di dollari di Hong Kong in previsione di una forte richiesta: in realtà, a tutto mercoledì, ne abbiamo rivenduto solo un quarto”. Eppure, solo un mese fa le azioni della “Milan Station”, catena di negozi di borse e pelletteria di lusso, aveva registrato prenotazioni per 123 milioni, duemila volte l’offerta.
Il mistero, che non dovrebbe pesare sulle sorti dell’Ipo riservata al 90 per cento ad investitori istituzionali, si spiega con l’assenza di un trattato sulla doppia imposizione fiscale tra Hong Kong e l’Italia. Il privato dell’isola che acquista un titolo Prada, perciò, a differenza dei grandi investitori si vedrà tagliare la cedola del dividendo del 27% e incorrerà in un 12,5% a titolo di capital gain. Almeno in teoria, perché lo Stock Exchange dell’isola non sembra avere la minima intenzione di assolvere il ruolo di collettore delle tasse per conto di Giulio Tremonti ed Attilio Befera.
Ma il dossier resta in sospeso: le trattative tra l’Italia ed Hong Kong in materia di doppia tassazione durano da anni, ma non sembrano in prossimità del traguardo. Un (piccolo) nodo in più per la griffe del lusso, intenzionata a raccogliere almeno 2,6 miliardi di dollari dall’Ipo del 16 per cento del capitale, ad una valutazione pari a 27 volte l’utile 2011. Una meta ambiziosa in un mercato negativo: nelle ultime dieci sedute, l’indice Hang Seng ha chiuso al ribasso nove volte. E il debutto sul listino, domani, di Samsonite dovrebbe avvenire ad un prezzo inferiore a quello di collocamento, viste le ultime quotazioni sul “grey market”.