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Powell non apre sui tassi e avverte: “Italia fattore di rischio” e la Borsa scivola

Il Presidente della Fed non muove i tassi e ritiene che la crisi politica italiana rappresenti un ulteriore elemento di incertezza: le Borse arretrano subito, anche per effetto dei nuovi dazi cinesi.

Powell non apre sui tassi e avverte: “Italia fattore di rischio” e la Borsa scivola

I dazi della Cina da una parte e le parole ambigue di Jerome Powell dall’altra, unitamente agli attacchi sempre più feroci di Donald Trump al presidente della Fed, hanno portato oggi alle stelle il tasso di volatilità sui mercati. Alla fine i listini europei chiudono contrastati e Wall Street, dopo un’apertura negativa e un passaggio in verde, galoppa al ribasso. Il petrolio crolla, l’oro va in orbita, il dollaro s’indebolisce.  

Per Piazza Affari il bilancio finale è in maglia nera: -1,65%, 20.474 punti. A mandare a picco il listino è una sorta di “re nudo” da parte del presidente della Fed al simposio dei banchieri centrali di Jackson Hole: “La dissoluzione del governo italiano”, dice, rappresenta uno dei fattori di rischio per l’economia globale. Per il ministro dell’economia Giovanni Tria invece l’Italia, pur in una situazione di stagnazione, sta mostrando resilienza e qualsiasi governo nascerà dopo la fine dell’esecutivo Lega-Cinque Stelle potrà muoversi con calma.

In questo contesto l’obbligazionario resta poco mosso con lo spread in leggera crescita a 197 punti base (+0,28%) e il rendimento del decennale Italiano stabile a 1,31%. Dopo una seduta positiva, perdono smalto e si fermano in rosso anche Francoforte -1,15%; Parigi -1,14%; Madrid -0,78%; Londra -0,38%; Zurigo -0,82%. 

E dire che doveva essere una giornata tranquilla, almeno fino al momento clou, alle 16 ora italiana, quando Powell avrebbe parlato al meeting. A rompere l’orbita serena dei pianeti finanziari ci pensa invece nel primo pomeriggio la Cina, annunciando dazi per 75 miliardi di dollari sulle importazioni di una serie di beni made in Usa, dai semi di soia alle automobili e al petrolio.

La notizia fa sbandare una prima volta i mercati europei e induce Wall Street a partire con il piede sbagliato. Poi è il turno del presidente della banca centrale americana. Sembra che tutto vada di nuovo per il meglio, perché Powell, nonostante l’economia Usa sia forte, promette che la Fed agirà “in modo appropriato a sostegno dell’espansione” a fronte dei significativi rischi legati alla guerra commerciale e alle “ulteriori prove di un rallentamento globale, soprattutto in Germania e Cina. Eventi geopolitici hanno dominato le news, inclusa la possibilità di una hard Brexit, le crescenti tensioni a Hong Kong e la dissoluzione del governo italiano”.

Fin qui dunque “tutto bene”, se così si può dire, e in Borsa si comincia quasi a brindare. Poi irrompe l’insoddisfazione di Trump, che sfoga tutta la sua rabbia: “Come al solito la Fed non ha fatto nulla!”. E ancora: “La mia sola domanda è, chi è il nostro più grande nemico, Jay Powell o il presidente Xi?”. È come l’apertura di una diga che dà il via alle vendite.

Il dollaro va giù e l’euro recupera posizioni, muovendosi in area 1,136. La moneta unica risulta tonica anche contro la sterlina, dopo le perdite di ieri, con il cambio in zona 0,908. Il petrolio tipo Brent arretra del 2,1% e scende a 58,65 dollari al barile; il Wti perde il 3,25% e piomba a 53,55 dollari al barile. L’oro ne approfitta e sale a 1537,25 dollari l’oncia, con un’impennata vicina al 2%.

Tornando in Piazza Affari la pattuglia delle blue chip in rialzo si assottiglia nel corso di questa seduta con il mal di mare a soli quattro titoli: Recordati +1,19%; Juventus +1,09%; Terna +0,11%; Banco Bpm -0,06%. Passano in rosso le altre banche, a partire da Unicredit -3,1%.

Il titolo che soffre di più la ripresa delle tensioni commerciali con la Cina è Stm, -4,47%. Le vendite colpiscono Cnh -3,37%; Finecobank -2,98%;  Diasorin -2,94%; Pirelli -2,91%; Poste -2,73%; Fca -2,17%; Azimut -2,3%; Prysmian -2,19%. Atlantia -1,86% si interroga sul futuro delle concessioni con un governo ancora partecipato dai 5 stelle.

Fuori dal listino principale Trevi, +2,26%, sale dopo che la manovra di rafforzamento è stata varata dal consiglio d’amministrazione del gruppo di ingegneria di Cesena specializzato in grandi opere del sottosuolo per bilanciare i debiti da 700 milioni.

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