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Powell: l’inflazione Usa non è domata e la politica monetaria restrittiva della Fed continuerà per diverso tempo

Federal Reserve

Per frenare la corsa dell’inflazione servirà tempo. E non sarà indolore. Questo il succo di quanto affermato dal presidente della Fed, Jerome Powell, nel corso del suo atteso intervento al meeting di Jackson Hole. E come da aspettative, la platea presente in Wyoming per la prima volta dopo due anni di stop dovuti al Covid si è trovata davanti il “Powell falco”.

Il numero uno della banca centrale americana ha ammesso con franchezza che la lotta all’inflazione causerà probabilmente “qualche dolore” per l’economia ma non “riportare la stabilità dei prezzi sarebbe ancora più doloroso”. Per questo motivo, la politica monetaria della Federal Reserve dovrà essere restrittiva “per diverso tempo”.

Powell a Jackson Hole: “Politica restrittiva per diverso tempo”

 “L’obiettivo principale del Federal Open Market Committee (FOMC) in questo momento è riportare l’inflazione al target del 2%. La stabilità dei prezzi è responsabilità della Federal Reserve e funge da fondamento della nostra economia. Senza stabilità dei prezzi l’economia non funziona per tutti”, ha spiegato Powell, che poi ha avvertito i mercati: per riportare i prezzi sotto controllo occorrerà “mantenere una politica restrittiva per diverso tempo. La storia ci insegna ad avere cautela contro un allentamento prematuro della politica monetaria”, ha affermato il presidente della Fed.

L’economia americana “sta chiaramente rallentando rispetto ai tassi di crescita elevati del 2021”, ma il “mercato del lavoro è particolarmente forte”, ha detto.

Powell ha commentato anche i dati pubblicati oggi sui prezzi al consumo. A luglio l’inflazione Pce è calata dello 0,1% rispetto al mese precedente ed è cresciuta del 6,3% rispetto a un anno prima, contro attese per un +1% e un +6,8%, dopo il +6,8% del mese precedente. La componente “core” del dato, depurata dagli elementi volatili, è cresciuta dello 0,1% rispetto al mese precedente, contro stime per un +0,2%, e del 4,6% rispetto a un anno prima, contro attese per un +4,7%.

Secondo il numero uno della Federal Reserve il rallentamento della corsa dell’inflazione a luglio è una buona notizia ma un “singolo mese di miglioramento” non è sufficiente per la Fed.

Per quanto riguarda la percentuale di aumento dei tassi d’interesse nella riunione del Fomc in programma il 20-21 settembre, Powell ha ribadito che la Fed deciderà dopo un’attenta valutazione “dell’insieme dei dati macro che arriveranno e dell’evolversi delle prospettive”, senza però sbilanciarsi sull’ammontare del rialzo (50 o 75 punti base). Poi ha specificato che “a un certo punto con la linea monetaria che s’inasprirà ulteriormente è probabile si arrivi a un rallentamento del ritmo dei rialzi” dei tassi.

Ricordiamo che nelle ultime due riunioni la banca centrale americana ha alzato i tassi d’interesse di 75 punti base, portandoli al 2,25-2,50%. 

Powell: “La Fed userà tutti gli strumenti a sua disposizione contro l’inflazione”

Useremo vigorosamente tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione per domare l’inflazione”, ha ribadito Powell a Jackson Hole. La Federal Reserve “deve continuare ad aumentare i tassi di interesse e mantenerli a un livello più alto fino a quando non sarà sicura che l’inflazione sia sotto controllo”, un processo che “rischia di indebolire il mercato del lavoro e causare un certo dolore alle famiglie e alle imprese”. 

Gli sforzi per ridurre l’inflazione, ha ribadito si tradurranno probabilmente in “qualche dolore” per l’economia ma non “riportare la stabilità dei prezzi sarebbe ancora più doloroso”. 

La reazione delle Borse

L’atteggiamento da “falco” di Jerome Powell ha causato l’immediata reazione delle Borse che, dopo una giornata incerta, nel corso del suo intervento a Jackson Hole hanno virato in territorio fortemente negativo. In Europa la peggiore è Piazza Affari (-2,1%), seguita da Madrid (-1,76%) e Francoforte (-1,74%). Perdono l’1,5 per cento Parigi e Londra. Pesante anche Wall Street con il Dow Jones e lo S&P 500 che cedono rispettivamente l’1,3 e l’1,6%. Va giù del 2% il Nasdaq.

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