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Portogallo: Moody’s lo promuove di due gradini e porta il rating in serie A

Pixabay

Il Portogallo ha ricevuto a sorpresa in un colpo solo l’upgrade del suo rating di due gradini, dal livello di Baa2 (che era un gradino sopra il rating italiano), permettendo al paese di salire nella classe A3. Una mossa piuttosto forte se si pensa che Lisbona è attualmente nel bel mezzo di un problema politico non da poco, con il suo primo ministro Antonio Costa che ha dovuto dimettersi dopo che la Procura ha aperto un fascicolo che contiene le indagini sulla corruzione in cui sarebbe coinvolto lui e anche l’altro Antonio Costa del governo portoghese, il ministro dello sviluppo economico, secondo le intercettazioni svolte. A causa di ciò, il presidente Marcelo Rebelo de Sousa ha dovuto indire elezioni anticipate che si svolgeranno il prossimo marzo.

Ma questa situazione di instabilità politica non ha intaccato l’eccezionale promozione dell’agenzia Usa la quale al riguardo si è limitata a dire che “finora è dimostrato che le istituzioni portoghesi consentono al paese di affrontare la questione in modo efficace” aggiungendo che semmai “questi sviluppi politici potrebbero rallentare i progressi negli investimenti e nelle riforme legate al Pnrr Portogallo”.

Il provvedimento sul Portogallo è arrivato nel weekend, insieme alla decisione sull’Italia, anch’essa migliorativa, ma in tono minore. Moody’s si è limitata a confermare il rating dell’Italia a Baa3, il gradino più basso dell’investment grade, ma ha alzato la sua valutazione sulle prospettive da negative a stabili.

Che cosa differisce il Portogallo dall’Italia?

Se si leggono i rapporti che Moody’s ha elaborato per spiegare le sue valutazioni su Italia e Portogallo, la differenza maggiore che salta all’occhio sta nell’elevato debito italiano, oltre che nella scarsa crescita.
Riguardo il Portogallo l’agenzia ha valutato positivamente “una serie di riforme economiche e fiscali, la riduzione dell’indebitamento del settore privato e il continuo rafforzamento del sistema bancario” come fattori che sostengono il debito nel breve termine”. Di questi fattori l’Italia possiede già un basso livello dell’indebitamento privato e un forte sistema bancario, ma è sulle riforme economiche e fiscali che evidentemente non viene ritenuta all’altezza di una valutazione migliore. Infatti Moody’s ha precisato riguardo l’Italia che già aveva “anticipato alcune difficoltà nell’attuazione del Pnrr. Ma i ritardi all’esborso della terza rata dei fondi Ue e le significative revisioni proposte rivelano debolezze maggiori” di quanto previsto.

Il Portogallo risale la china dai tempi della Troika

Nel 2011 il Portogallo, uno dei paesi cosiddetti Pigs (insieme a Italia, Grecia e Spagna), nel bel mezzo della crisi europea degli spread, viene costretto dalla Troika (Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale) ad accettare, a fronte di tagli, un pacchetto di salvataggio da 78 miliardi di euro, il terzo bailout più grande della storia se misurato in percentuale del Pil.

Un prestito necessario: in quel momento il Pil portoghese era in caduta libera, la disoccupazione, in particolare quella giovanile, galoppava e così anche il deficit pubblico, che arriva fino al 10 per cento. La situazione era così grave che si calcola che mezzo milione di persone, per lo più giovani, hanno lasciano il paese nei tre anni successivi, la più grande emigrazione di massa degli ultimi 50 anni di storia del Portogallo.

Il tema del debito a confronto in Italia e Portogallo

Ora la situazione del Portogallo è decisamente cambiata e Moody’s osserva che “lo shock pandemico ha interrotto solo temporaneamente la riduzione del peso del debito. Una crescita robusta e bilanci sostanzialmente in pareggio fanno sì che il peso del debito continui a diminuire a uno dei ritmi più rapidi tra le economie avanzate, anche se da livelli elevati”. Invece riguardo l’Italia l’agenzia Usa dice che “i livelli di debito resteranno elevati. Ridurre il deficit nei prossimi anni sarà essenziale per la futura traiettoria del debito dato il differenziale fra le crescita nominale e i tassi di interesse tornerà negativo nel 2025, richiedendo all’Italia un surplus primario per stabilizzare il debito”.

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Categories: Politica