Dalla Troika alla crescita solida, dalla crisi più nera a Paese simbolo di riforme, robustezza e stabilità. Il tutto in soli due anni. La favola del Portogallo continua ad attirare l’interesse internazionale e non c’è campo in cui Lisbona non venga citata come esempio positivo in un panorama politico-economico caratterizzato da tinte opache.
L’ultimo dato che ha sorpreso gli investitori riguarda la disoccupazione, scesa nel mese di novembre all’8,2% contro il quasi 18% raggiunto nel 2013. Il risultato reso noto l’8 gennaio è il migliore dal febbraio del 2005.
E ancora: dal 2014 al 2017 l’economia portoghese è salita del 7% a fronte del 3,4% conquistato dall’Italia, l’export di beni e servizi è cresciuto in volume del 24%, gli investimenti hanno registrato un +19%. Ottimo risultato anche per il debito pubblico, calato nel 2017 al 126,4% del PIL (dal 130% del 2016) e previsto ulteriormente in discesa nel 2018 al 124,1%.
Ma ad impressionare maggiormente gli economisti è stata la performance dei titoli di Stato lusitani: lo scorso 15 dicembre lo spread tra i Btp italiani e l’analogo decennale portoghese si è azzerato. Ad oggi, il rapporto di forza si è addirittura invertito. Il differenziale tra i bond nostrani e i bund tedeschi si assesta a 155 punti base con un rendimento dell’1,97%, mentre quello tra i titoli di Lisbona e quelli di Berlino viaggia a quota 143 punti base con un rendimento annuo pari a 1,87%. Una galoppata impressionante se si tiene conto che, nel marzo del 2017 (e dunque appena dieci mesi fa), chi avesse acquistato un titolo di Stato portoghese si sarebbe assicurato un rendimento annuo del 4,14%.
A fronte di questi dati, la ripresa del Portogallo viene considerata un piccolo miracolo economico operato dal premier socialista Antonio Costa, arrivato al potere alla fine del 2015, e dal suo governo di sinistra, visto come un vero e proprio unicum nel panorama europeo.
Un ruolo importantissimo nella crescita di Lisbona lo ha giocato anche Mario Centeno, ministro dell’economia lusitano e, dal prossimo 13 gennaio, presidente dell’Eurogruppo, l’organo che riunisce i 19 ministri dell’economia della zona euro, al posto dell’olandese Jeroen Dijsselboem. Un compito fondamentale quello di Centeno che dopo gli strabilianti risultati raggiunti dal Portogallo è ora chiamato ad imprimere un’inversione di rotta alla politica economica dell’Eurozona dopo anni di politiche filotedesche.
Ma a complicare la vita del nuovo numero uno dell’Eurogruppo potrebbe esserci un aspetto che comincia ad irritare più di un Paese Ue e a creare non poco imbarazzo ai vertici lusitani. Il neo presidente potrebbe infatti ritrovarsi a dover spiegare il motivo per il quale il Portogallo ha deciso negli ultimi anni di diventare il paradiso fiscale dei pensionati, una terra caratterizzata da prezzi contenuti e soprattutto da tasse inesistenti.
Da qualche tempo Lisbona è diventata la meta preferita dei pensionati. In base ai calcoli, sono oltre 50mila le persone partite da vari Paesi europei, tra cui l’Italia, attirate dall’alta qualità della vita, dai prezzi bassi e soprattutto dalla possibilità di poter incassare al lordo la loro pensione. In base a quanto previsto dalla legge, in Portogallo, chi diventa residente “non abituale” non deve pagare tasse sulla pensione per i primi 10 anni. E non si parla di una rimodulazione o di un bonus, ma di una vera e propria politica di free tax.
Una realtà che ha fatto diventare Lisbona una sorta di terra promessa per gli over 65, ma che comincia a far arrabbiare gli stessi portoghesi (che al contrario degli stranieri sono costretti a versare le imposte) e soprattutto gli altri Stati membri, che da tempo stringono accordi per contrastare i paradisi fiscali e l’evasione delle tasse. Tanto più se a spingere sul “prelievo zero” è un governo socialista, considerato l’ultimo baluardo europeo di una sinistra sempre più in crisi.
A questo punto dunque, sorge spontanea una domanda: cos’è diventato il Portogallo post-crisi, un paradiso fiscale o l’esempio di socialismo autonomo e vincente?
Finalmente un articolo onesto su Portogallo e pensionati. Io sono fra quelli. e la risposta a mio avviso è la seconda: esempio di socialismo autonomo vincente e non demagogico. Il Portogallo applica norme che tutti i paesi europei hanno condiviso (trattati contro la doppia imposizione sulla base di un modello OCSE). La domanda vera però è un’altra: perché non lo fa l’Italia? Che come bellezze naturali e artistiche è 10/20 volte il Portogallo? Con quel’1% in più di PIL che derivano dalle pensioni che vengono messe in circolo il Portogallo fa opere pubbliche e crea posti di lavoro. Certo i prezzi delle case stanno salendo e molti abitanti di Lisbona si devono trasferire fuori…ma i pendolari hanno treni e servizi di trasporto pubblici che noi (a Roma) ci sogniamo.